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Caos Pronto soccorso, l'idea di Pedà: psicologi in corsia e “codice rosa”

Il consigliere regionale chiede una seduta della commissione Sanità per l’introduzione della figura professionale e il ripristino delle procedure sulla violenza di genere

Pubblicato il: 22/08/2019 – 12:06
Caos Pronto soccorso, l'idea di Pedà: psicologi in corsia e “codice rosa”

REGGIO CALABRIA Pronto Soccorso nel caos con aggressioni e medici a rischio “burnout”, la ricetta del consigliere regionale Pedà, secondo le nuove linee guida della Conferenza Stato-Regioni: inserire la figura professionale degli psicologi anche tra le corsie dell’emergenza-urgenza e introdurre il “codice rosa” per le vittime di violenza di genere. «Aspetto umano delle figure sanitarie spesso trascurato, con medici e infermieri trattati come macchine. E, invece, il fattore umano è quello che poi fa la differenza: l’eccesso di stress e di responsabilità causa principale di errori anche fatali».
Il consigliere regionale Giuseppe Pedà, componente della III commissione Sanità, ha chiesto al presidente di tale organismo, Michele Mirabello la convocazione di una seduta con l’inserimento all’ordine del giorno di un punto incentrato sull’introduzione della figura professionale dello psicologo nelle corsie dei Pronto Soccorso calabresi, secondo le linee guida approvate dalla Conferenza Stato-Regioni, e sul ripristino del “codice rosa” per i casi di violenza di genere. L’esponente politico, in considerazione dell’importanza degli argomenti trattati, ha auspicato sia prevista anche la partecipazione del commissario ad acta, generale Saverio Cotticelli; del Dirigente generale del dipartimento Tutela della Salute, Antonio Belcastro nonché dei rappresentanti dell’Osservatorio regionale sulla violenza di genere e dell’Ordine regionale degli Psicologi. Pedà evidenzia l’importanza dell’intervento psicologico in Pronto Soccorso, “porto urbano” dell’emergenza-urgenza dove approdano pazienti e loro parenti che sperimentano situazioni di stress, generato da angosce, paure, forti stati d’ansia, sofferenza, panico, rabbia e frustrazione, che si pone in un duplice obiettivo: da una parte soddisfare i bisogni psicologici di pazienti e familiari che vi si rivolgono, secondo un’ottica psico-sociale, dall’altra alleviare il carico di lavoro di medici e operatori sanitari nei casi di pazienti e familiari con bisogni e vissuti psicologici difficili da gestire.
«Il limite più significativo riscontrato in Pronto Soccorso -spiega- è quello di non avere a disposizione una stanza predisposta a sportello psicologico; così come importante sarebbe la presenza dello psicologo nell’area Triage, nelle sale ambulatoriali e d’emergenza, nei corridoi, spesso affollati, nella sala d’attesa di parenti e amici o in uno spazio adibito come sala colloqui per la comunicazione di notizie cliniche  tra medici e familiari. Naturalmente, rispettando lo spazio di ogni altro operatore che vi lavori, non essere d’intralcio, ma ponendosi in una posizione di servizio e aiuto per alleviare il carico di lavoro».
Pedà ricorda che gli operatori sanitari delle strutture di Pronto Soccorso sono tra i più esposti ad atti di violenza nel corso della loro attività lavorativa e mette in evidenza le preoccupanti dimensioni del fenomeno, che rimane comunque tendenzialmente sottostimato a causa della scarsa propensione a denunciare gli episodi di aggressione.
«Appare chiaro -rimarca- l’importanza di una figura che sia di sostegno agli utenti dedicando loro uno sportello di ascolto ma anche al personale sanitario, per prevenire la cosiddetta “sindrome di burn-out” o “dell’esaurimento da lavoro” che colpisce in modo particolare le figure che si occupano della relazione d’aiuto. Stando sempre a contatto con il dolore degli altri, senza avere un riciclo, dei momenti di stacco, la possibilità di potersi sfogare, la possibilità di poter migliorare la gestione interna dei processi sanitari, si arriva a un punto in cui si crea un esaurimento psicofisico. L’eccesso di stress e di responsabilità può causare anche la compromissione delle performance cognitive dei camici bianchi che sono sempre più spesso soggetti a cali di attenzione e concentrazione e, per questo, protagonisti e, al tempo stesso, vittime di errori. La sindrome da “burn-out” – aggiunge Pedà – mette dunque a rischio buona parte della qualità delle cure mediche; aumentano i casi di disagio psicofisico tra i dottori, gli infermieri e il personale medico specializzato: il forte stress lavoro-correlato li induce in diversi casi a ricorrere anche a droghe ed alcool. Ma l’indice va puntato contro il precariato, l’età dei medici avanzata, il blocco del turn over: tutti fattori che contribuiscono a determinare caos e confusione negli ospedali. Ecco perché diventa improcrastinabile attuare al più presto politiche di contrasto volte ad affrontare e prevenire l’aumento di questo nuovo problema socio-sanitario”. In secondo luogo, per Pedà l’inserimento dello psicologo nei Pronto Soccorso appare di fondamentale importanza al fine di avere una figura di riferimento che possa fare da filtro tra personale medico e familiari dei pazienti, ad esempio, nella comunicazione di diagnosi infauste immaginando un’equipe di psicologi strutturata con dei turni che sia di supporto ai medici dal punto di vista comunicativo o dell’ascolto e della mediazione nei confronti degli utenti, soprattutto in quei Pronto Soccorso maggiormente affollati. Inoltre, sarebbe bene prevedere, solo per il personale sanitario, anche dei gruppi mensili in cui gli stessi medici possano confrontarsi tra loro, perché molto spesso accade che ci sia un’alta conflittualità tra colleghi che non viene smaltita e questo non fa altro che inasprire i rapporti, tra medici e infermieri, tra infermieri e Oss.
«In genere, -sottolinea- si tende a pensare siano altre le priorità, mentre l’aspetto umano delle figure sanitarie il più delle volte viene trascurato con medici, infermieri, OSS trattati come se fossero delle macchine. E, invece, il fattore umano è quello che poi fa la differenza. Infatti, più sei frustrato, più rischi di sbagliare nel posto di lavoro».
Oltre a questo aspetto, il consigliere regionale ritiene opportuno ripristinare il cosiddetto “codice rosa”, ovvero un percorso di accesso al Pronto Soccorso riservato a tutte le vittime di violenza, in particolare donne, bambini e persone discriminate, secondo un modello già appreso e concretizzatosi con un progetto a scadenza su iniziativa dell’Ordine degli psicologi della Calabria: «Potrebbe prevedere -afferma- l’inserimento all’interno dei Pronto Soccorso della reperibilità degli psicologi, nel caso in cui vi fosse il sospetto che sia stata perpetrata violenza di genere. Ciò consentirebbe di favorire il riconoscimento precoce dei casi di violenza assicurando efficaci percorsi dedicati fornendo una risposta efficace già dall’arrivo della vittima al Pronto Soccorso».

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