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L'inchiesta sul «secondo sacco di Reggio» è destinata ad allargarsi
Bombardieri commenta l’operazione sulla Multiservizi: «C’è stato un drenaggio scientifico e spudorato di denaro del Comune». Dominijanni: «Era tutto programmato da prima». E spunta l’intercettazione…
Pubblicato il: 03/10/2019 – 15:29
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di Alessia Candito
REGGIO CALABRIA Si sarebbero arricchiti (e parecchio) alle spalle del Comune, negli anni in cui gestivano la Multiservizi. La stessa società che, proprio grazie al socio privato di cui loro erano espressione, era in mano ai clan. Per Michelangelo Tibaldi, il figlio Michele, Pino Rechichi e i figli Antonino e Giovanni, Pietro Cozzupoli e Lauro Mamone, arrestati oggi dalla Guardia di finanza per bancarotta fraudolenta (qui nomi e dettagli), i guai potrebbero essere solo all’inizio. Ed anche per l’ex sindaco ed ex governatore Giuseppe Scopelliti. Attualmente in carcere per il falso in bilancio con cui è stato nascosto il buco nei conti del Comune, è indagato per bancarotta perché firmatario del patto parasociale che ha regalato agli imprenditori arrestati oggi la gestione della società mista.
GUAI DI OGGI E DI DOMANI Ma per lui, come per gli imprenditori e manager finiti oggi ai domiciliari, le accuse potrebbero essere presto altre e ben più gravi. «Quest’inchiesta – ha detto chiaramente il procuratore capo Giovanni Bombardieri – è solo una tessera di un’indagine più complessa, che deve essere raccordata con quanto già emerso sull’infiltrazione della criminalità organizzata della Multiservizi».
IL SECONDO SACCO DI REGGIO Partita dalla procedura fallimentare della municipalizzata, l’indagine ha svelato passo per passo come sia stata spolpata. «Dopo il decreto Reggio, questo è il secondo “sacco” che la città ha subito. C’è stato un drenaggio scientifico e spudorato di denaro del Comune». E tanto. Secondo i calcoli degli investigatori della Finanza, gli imprenditori e manager arrestati oggi avrebbero intascato quasi 11 milioni di euro, spartiti più o meno equamente fra i componenti di una cricca che si è nascosta dietro società diverse ma è sempre rimasta uguale a se stessa.
CANNIBALIZZAZIONE SCIENTIFICA E SPREGIUDICATA Dietro la Gst – socio di minoranza privato della Multiservizi, che la controllava grazie al «patto scellerato» firmato da Scopelliti – si è avvicendata una galassia di società che ha sempre nascosto gli stessi beneficiari. E quelle società hanno sempre lavorato con i medesimi metodi. Consulenze per servizi inesistenti, progetti non necessari, incarichi (mai svolti) regalati dalle società dei padri a quelle dei figli o viceversa, debiti per decine di migliaia di euro mai riscossi. Questi non sono che alcuni degli esempi di “mala gestio” di quegli anni. «Quello che colpisce è la spregiudicatezza e il senso di impunità con cui si muovevano – commenta Bombardieri –. In un caso, sono stati versati 240mila euro per il preliminare di vendita di un immobile di Cozzupoli. In seguito non è stato acquistato ma non è mai stato chiesto indietro l’anticipo».
UN SISTEMA DISEGNATO A TAVOLINO Un sistema rodato e studiato con largo anticipo. «Era stato tutto programmato in maniera scientifica ben prima che venisse firmato il contratto fra l’amministrazione e il socio privato», dice il procuratore Dominijanni. Ed è proprio questa la parte dell’indagine non ancora pienamente sviluppata e che potrebbe portare ad ulteriori e più gravi guai di quelli in cui già si trovano gli imprenditori arrestati oggi.
SPARTIZIONE DELLE MISTE PIETRA ANGOLARE DEGLI EQUILIBRI FRA CLAN Già si sa – e lo confermano le sentenze Archi-Astrea – che c’era la ‘ndrangheta dei Tegano dietro la Multiservizi. Allo stesso modo si sa – è emerso in indagini come Meta e Mammasantissima – che le municipalizzate sono state la pietra angolare degli equilibri della ‘ndrangheta nuova e la loro spartizione è stata «attuata attraverso la penetrazione nel tessuto politico locale (che ha in primo luogo creato le condizioni di esistenza delle predette società a partecipazione prevalentemente pubblica) e – si legge nella sentenza del primo grado abbreviato del processo Gotha – successivamente, realizzata per mezzo dell’indebita azione di gestione delle cosiddette aziende municipalizzate da parte di singoli esponenti politici locali, per scopi apparentemente elettorali, ma in realtà utili a soddisfare gli interessi criminali delle cosche di cui, spesso, il singolo esponente politico era espressione». Quello che manca è la ricostruzione del ruolo degli imprenditori arrestati oggi in queste fasi.
INDIZI PER L’INCHIESTA CHE VERRÀ Ma un indizio già c’è e sono proprio gli investigatori a far notare che non è per nulla un caso che Paolo Romeo, attualmente imputato come elemento di vertice della direzione strategica della ‘ndrangheta reggina, due anni prima che l’affare Multiservizi venisse chiuso, si dicesse certo dell’elezione a sindaco di Scopelliti grazie all’appoggio di imprenditori come Cozzupoli «che deve incassare delle somme» e Rechichi «che sta partecipando a queste gare per l’esternalizzazione».
INDAGINE CON INEVITABILE FUSO ORARIO Approfondimenti che troveranno spazio dentro e fuori dai processi in corso, fa capire il procuratore che tuttavia non può che sottolineare come gli spunti necessari siano arrivati inevitabilmente con ritardo. «Questa è un’indagine che sconta tempi che non dovrebbe scontare – afferma Bombardieri – La richiesta è rimasta per anni inevasa (il fascicolo è del 2015, ndr) non certo per cattiva volontà dei giudici, ma per le mancanze strutturali in cui il Tribunale di Reggio Calabria è costretto a lavorare».
REGGIO CHIAMA, MA ROMA NON RISPONDE Un problema – avverte – che in futuro è destinato ad aggravarsi se è vero che altri quattro giudici saranno trasferiti a breve senza che nessuno arrivi a sostituirli. «In questo momento – denuncia il procuratore – abbiamo 650 imputati per delitti di criminalità organizzata che devono essere giudicati in tempi rapidi perché chi è colpevole dove essere condannato e non può stare in giro e chi è innocente ha il diritto di essere assolto. Ma pur facendo udienza ogni giorno, questo con le forze che abbiamo non è possibile in tempi rapidi». Un problema che rischia di pregiudicare anche le indagini di altre Procure, costrette a fermarsi in attesa che anche i giudici reggini trovino il tempo di valutare gli elementi di propria competenza su indagini comuni. «È arrivato il momento che Reggio abbia la dotazione organica necessaria per affrontare la realtà criminale che si trova di fronte» tuona Bombardieri. Un appello che ormai da tempo risuona dagli uffici giudiziari calabresi, ma che Roma continua a non ascoltare. (a.candito@corrierecal.it)
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