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Perseo, avvocato assolto dall'accusa di voto di scambio. Ma il pm chiede 9 anni per estorsione
La giuria decide il «non doversi procedere» per Giovanni Scaramuzzino per l’accusa di voto di scambio. Ma per un’altra vicenda scaturita dall’inchiesta antimafia il legale rischia la condanna. Sollec…
Pubblicato il: 04/10/2019 – 11:50
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CATANZARO Da un lato una sentenza di assoluzione dall’accusa di voto di scambio, dall’altra una richiesta di condanna a nove anni di reclusione. Da una parte la Corte di Appello di Catanzaro che dichiara il non doversi procedere nei confronti dell’avvocato Giovanni Scaramuzzino per l’accusa di voto di scambio relativa ad una vicenda riportata dalla Dda di Catanzaro nell’indagine “Perseo” contro la cosca Giampà di Lamezia Terme. Secondo l’accusa, proprio nello studio del legale sarebbe avvenuto un incontro in occasione delle elezioni regionali, tra Piero Aiello (candidato per il Pdl), Giuseppe Giampà e Saverio Cappello, per ottenere voti. Il procuratore generale aveva chiesto la conferma della condanna di primo grado ma la Corte ha dichiarato «il non doversi procedere nei confronti di Giovanni Scaramuzzino, perché già giudicato in ordine al medesimo fatto con sentenza del tribunale di Lamezia terme del 16.12.15 irrevocabile dal 24.3.18».
LA RICHIESTA DI CONDANNA Incassata l’assoluzione per la vicenda del voto di scambio, per il legale lametino resta in piedi un altro procedimento. E nel corso dell’ultima udienza, il pubblico ministero Elio Romano ha concluso la sua requisitoria e ha chiesto al collegio la condanna di Franco Trovato, Luigi Trovato e Antonio Voci a 10 anni di reclusione 10mila di multa. Nove anni e 8mila euro di multa sono stati chiesti per l’avvocato Giovani Scaramuzzino mentre per il collaboratore di giustizia Battista Cosentino il pm ha invocato un anni di reclusione, con riconosciute le attenuanti generiche.
L’inchiesta giudiziaria è maturata nell’ambito dell’operazione “Perseo” contro la cosca lametina Giampà. Le indagini sono state condotte dal Nucleo mobile della guardia di finanza di Lamezia Terme e coordinate dal sostituto procuratore Elio Romano.
L’AGGRESSIONE L’origine delle attività investigative si trova in alcune dichiarazioni rese dal collaboratore Giuseppe Giampà. In particolare, tra le centinaia di vicende criminose sulle quali aveva riferito, il pentito faceva cenno anche ad un’aggressione fisica posta in essere da Alessandro Trovato a danno di un artigiano, per futili motivi. In quella circostanza, secondo il racconto del collaboratore, i fratelli Franco e Gino Trovato, per impedire che la vittima sporgesse denuncia, chiesero l’intervento del boss Giuseppe Giampà. Il caso ha voluto che nel periodo in cui si verificarono gli eventi oggetto dell’inchiesta, i finanzieri del nucleo mobile stessero intercettando i telefoni di Antonio Voci e Giuseppe Catroppa (attuale collaboratore di giustizia), personaggi ai quali Giuseppe Giampà si era rivolto, a fronte della richiesta ricevuta dai Trovato, per intercedere presso la vittima affinché la stessa non denunciasse il fatto alle autorità. Quindi, dallo spunto delle dichiarazioni rese da Giuseppe Giampà, confermate successivamente anche da altri collaboratori, i finanzieri del Nucleo mobile hanno ricostruito l’intera vicenda anche grazie alle informazioni rese dalla stessa vittima, la quale dopo l’iniziale reticenza dovuta alla paura, non ha potuto fare a meno di raccontare i fatti per come realmente accaduti facendo emergere la sua costrizione ad aderire alle richieste dei presunti estorsori, nonostante le violenze subìte.
IL FINTO INCIDENTE Dalle attività investigative è emerso che la vittima dell’aggressione dopo essere stata accoltellata, sfregiata e presa a martellate fino a svenire, si è trovata a dover dire in ospedale di essere stata vittima di incidente stradale affiancato da un legale che altri per lui avevano già incaricato per le pratiche. Il legale sarebbe, secondo la Procura, l’avvocato Giovanni Scaramuzzino. La vittima dell’aggressione ha riferito ai finanzieri – è la linea dell’accusa – che una volta ristabilitosi aveva manifestato l’intenzione di revocare la nomina di Scaramuzzino, ma la sera ricevette la “visita” dei Trovato, che lo “convinsero” con modalità ritenute “mafiose” dagli inquirenti, a non cambiare legale. Nel corso del processo il brigadiere Vito Margiotta, comandante del nucleo mobile, ha ricostruito in aula la vicenda e le movimentazioni finanziarie poste a base dell’accusa di estorsione nei confronti degli imputati evidenziando come dall’estratto del conto corrente di Scaramuzzino, risulta che questi, il 19 maggio 2011, avrebbe ricevuto un bonifico dalla Duomo-unione assicurazioni, per 33.500,00 euro quale risarcimento per lo pseudo-sinistrato e di tale somma, 4.200,00 euro erano relativi a compensi legali. Dallo stesso estratto conto emergeva, stando alle indagini, che Scaramuzzino, una volta ricevuto il bonifico, avrebbe effettuato delle seguenti operazioni: aveva richiesto alla sua banca l’emissione di un assegno circolare a nome della vittima dell’aggressione dell’importo di 16.750,00 euro dopodiché avrebbe emesso e negoziato per cassa due assegni a sua firma tratti dallo stesso conto corrente, entrambi dell’importo di 8.375,00 euro e prelevava contestualmente le equivalenti somme in denaro contante. Secondo le conclusioni degli investigatori, quindi, l’avvocato avrebbe reso al malcapitato solo la somma di 16.750 euro invece di quella che era realmente a lui destinata (29.300 euro) e le restanti somme sarebbero quelle destinate poi ai fratelli Trovato. Secondo il pm, infatti, quelle somme prelevate in contanti da Scaramuzzino sarebbero state consegnate ai Trovato, sui conti correnti dei quali, a distanza di alcuni giorni, si trova traccia di versamenti per notevoli importi non giustificati. Per portare a termine i delitti, i Trovato avrebbero chiesto la partecipazione di altri due soggetti che sono risultati parti in causa nel sinistro simulato, dei quali uno ha confessato mentre, l’altro, Francesco Cosentino, interrogato sui fatti si è avvalso della facoltà di non rispondere. Nel corso del processo sono stati anche ascoltati i collaboratori Angelo Torcasio, Giuseppe Giampà, Battista Cosentino, Giuseppe Catroppa e Piraina. Nel frattempo, gli autori materiali dell’aggressione, Alessandro Trovato e Francesco Gigliotti, avendo aderito al rito abbreviato sono già stati giudicati dal tribunale di Catanzaro: il primo è stato condannato per le lesioni cagionate all’artigiano, con l’esclusione dell’aggravante mafiosa, mentre Gigliotti è stato assolto. Il processo è stato rinviato al 12 novembre per la discussione dei difensori.
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