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Coronavirus, «come si affronta lo stress tra "segregazione" e paure»

I disagi per le famiglie e i bambini. La noia e il rischio di cadere in abitudini insalubri. La psicoterapeuta Giuditta Lombardo racconta difficoltà e consigli per cercare di vivere al meglio i cam…

Pubblicato il: 04/04/2020 – 7:31
Coronavirus, «come si affronta lo stress tra "segregazione" e paure»

di Giorgio Curcio
LAMEZIA TERME Circa un mese di “segregazione”, chiusi nelle nostre abitazioni così come previsto dal Dpcm del Governo Conte per cercare quanto più possibile di contenere la diffusione del Covid-19. Salvo le rare occasioni “offerte” dalla necessità di recarsi ad esempio al supermercato, dal medico o a lavoro, le mura di casa con il passare dei giorni si sono trasformate in un unico spazio vitale, circoscritto e ben definito, dove continuare a consumare le nostre esistenze da soli o in famiglia. Prima dell’arrivo della tanto attesa “fase due”, in questi giorni abbiamo fatto i conti con un cambiamento sostanziale delle nostre vite e che avrà, inevitabilmente, delle ripercussioni anche sul nostro futuro.

Giuditta Lombardo psicologaLA PSICOLOGIA A spiegare al Corriere della Calabria quanto e in che termini questo cambiamento stia incidendo nella nostra psiche, è la dottoressa Giuditta Lombardo, psicologa, psicoterapeuta e terapista EMDR legata cioè al trattamento di disturbi causati da eventi stressanti o traumatici come il disturbo da stress post-traumatico. Grazie alla psicologa Giuditta Lombardo, dunque, abbiamo provato a spiegare cosa realmente sta accadendo, quali siano le precauzioni da adottare e quali siano i consigli migliori da seguire per cercare di vivere al meglio questa fase della nostra esistenza.

LE ABITUDINI «Innanzitutto – spiega l’esperta – è bene precisare che ogni cambiamento nelle nostre vite può rappresentare un momento di crisi. Qualsiasi tipo di modifica alle nostre abitudini può infatti portare ad uno squilibrio, a maggior ragione in questi giorni, con l’isolamento forzato a causa della pandemia da coronavirus. Inizialmente molte persone avevano gradito questa “chiusura”, era stata accolta con un sorriso anche perché in molti immaginavo finalmente di poter rimanere a casa, di poter rilassarsi e dedicarsi alle proprie cose. Ma nel tempo è aumentata la consapevolezza rispetto ad un cambiamento traumatico perché costretti anche a subire le insicurezze e la paura dell’ignoto: ogni individuo, infatti, ha bisogno di sicurezze».

GLI EFFETTI «Dopo tante settimane di isolamento – continua la psicologa – iniziano a vedersi i primi disagi per la salute, non tanto per la volontà di uscire quanto queste persone all’interno della loro quotidianità si sentano sconfortate. E gli effetti sono tantissimi e di incidono maggiormente su quei soggetti chiusi nelle proprie abitazioni e che sono già fragili e che hanno un quadro psico-patologico difficile e hanno dunque bisogni diversi. Nelle altre persone l’isolamento ha significato un dramma il tutto perché di fatto siamo animali sociali, abbiamo bisogno di vedere altre persone, di confrontarci e parlare. E quelli attuali sono dei comportamenti innaturali che potrei definire “dell’evitamento”. Molti già hanno iniziato ad “evitare” l’altro anche quando per esigenze lo incontriamo sul posto di lavoro o al supermercato. Si tratta di un comportamento che resterà nel tempo perché è “appreso”. Abbiamo rotto il comportamento “funzionale” per inserire quello attuale, abbiamo dovuto farlo nostro. Di fatto una vera ristrutturazione dei comportamenti». «Tutto influisce inevitabilmente sull’umore che è calato molto, siamo tutti più tristi e abbiamo tutti più paura, anche prima che questa “grande bomba” come è la pandemia, anche prima che i contagi riguardassero il nostro territorio. Pensiamo al futuro e quello che succederà ma è la paura che ci consente di avere dei comportamenti funzionali, di rimanere forti e sicuri per rispondere a questa emergenza. Parliamo infatti di “psicologia dell’emergenza”: nel momento in cui è arrivata la notizia si è creato un clima di allerta e di crisi che ha generato a sua volta una scelta, una decisione».

I DISAGI «I disagi – spiega Giuditta Lombardo – che si possono riscontrare sono diversi. Pensiamo ad una famiglia, alla difficoltà di gestire dei bambini che, oltre la paura, non possono più socializzare. E’ importante poi non raccontare bugie agli adolescenti, certo, ma anche ai bambini già di 7 o 8 anni e descrivere bene la situazione, raccontare quello succede con le parole giuste. Ci sono e ci saranno dei disagi e dei malesseri ma l’obiettivo è puntare al benessere psicologico, sociale, e sanitario. Tra i problemi che stiamo riscontrando ci sono  anche quelli legati all’umore, il disturbo del sonno, la difficoltà ad addormentarsi e portare a termine un sonno ristoratore. E poi ci sono quelli legati all’alimentazione. Le persone, chiuse in casa, si stanno dedicando di più ad un’alimentazione non equilibrata. Perché? La causa è la noia che spinge le persone a svolgere attività piacevoli, come cucinare, che è peraltro anche un’attività fruibile facilmente, che ci porta alla socialità con le altre persone e che ci unisce ad esempio nella preparazione di pizze, pasta o torte o prodotti fatti in casa. Ma non è salutare ad esempio neanche “stuzzicare” spesso, è chiaro sintomo di ansia crescente che non si riesce a gestire. Un altro fattore di rischio è legato poi all’abuso di alcol e alle dipendenze in generale come sigarette e tecnologia. Di fatto si tratta di un deciso passo indietro rispetto al lavoro che abbiamo fatto finora».

LA SECONDA FASE «E’ importante – dice ancora – in questo periodo di pandemia e segregazione forzata curarsi, anche perché bisogna prepararsi all’altra fase ovvero il ritorno alla normalità che sarà certamente peggiore rispetto al periodo d’isolamento attuale perché cercheremo di “recuperare” tutto quello che secondo noi ci stiamo perdendo adesso. Ma, quello attuale, non è affatto tempo perso. Abbiamo al contrario la possibilità di investire sul nostro tempo, possiamo ragionare, dedicarci alla cura delle famiglie, a quella sanitaria e psicologica e in modo graduale dovremo riprenderci la vita».

LA COMPRENSIONE «Si chiama pandemia, un termine chiaro ed è importante rendersi conto che colpisce e riguarda tutti, capire che esiste un disagio globale e in questo momento potremmo non rendercene conto. Non siamo “un po’ tristi”, abbiamo disagi per la pandemia. Probabilmente se notiamo certi sintomi come difficoltà a dormire, ad alimentarci in modo corretto, se riscontriamo il ritorno di vecchie abitudini e dipendenze o se abbiamo pensieri negativi che tornano più spesso alla mente e forti litigi in famiglia, dobbiamo prestare maggiore attenzione perché si tratta di elementi che possono radicarsi all’interno di noi e modificare la nostra ristrutturazione. In questa emergenza tutto viene amplificato perciò attenzione alle discussioni in famiglia e ai litigi e cercare quanto più possibile di avere una visione totale, guardare la propria vita e la propria quotidianità da un altro punto di vista. Un consiglio è di dedicarsi alle attività nello stesso modo di prima.  E’ molto importante continuare a seguire una certa routine e non abbandonarsi, ad esempio, a sonni lunghi che inciderebbero a livello neurobiologico e psicologico. Il nostro corpo, è bene ricordarlo, continua tuttora a funzionare nonostante la pandemia».

LO PSICOLOGO «La figura dello psicologo è più importante che mai. Effettivamente ora si parla tantissimo di emergenza ma lo psicologo, va ricordato, c’è adesso e c’è sempre stato. L’emergenza non finisce in questi mesi di isolamento ma chi farà un percorso di psicologia potrà avviare un percorso di vita ma non per curare una patologia ma in un’ottica di aumento della qualità della vita e del benessere delle persone». (redazione@corrierecal.it)

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