«Le mafie sono un fenomeno con cui bisogna fare i conti. Ma non possono diventare un alibi, quando si tratta di intervenire per fronteggiare una crisi che sembra rievocare quella della Grande Depressione, come osserva il Fondo Monetario Internazionale». Dalla prima pagina del Corriere della Sera, Nicola Gratteri e Antonio Nicaso spiegano – sulla scia delle polemiche nate dopo un editoriale del quotidiano tedesco “Die Welt” che invitava l’Europa a frenare l’iniezione di liquidità verso l’Italia perché non finisse preda delle mafie – che «non decidere aiuta le mafie». E che gli Stati devono agire per rispondere alla crisi economica e attivarsi per controllare i terreni in cui potrebbe attecchire la malerba mafiosa.
Non è una novità che la criminalità organizzata punti i fondi stanziati per “ricostruire”. «Dopo il terremoto del 1908 – scrivono il procuratore di Catanzaro e il docente –, le leggi sulla ricostruzione di Reggio Calabria e Messina hanno finito per incattivire gli scontri “intorno alla distribuzione e all’uso del denaro pubblico” vivacizzati da una nuova presenza: quella degli ‘ndranghetisti che avevano fatto i soldi negli Stati Uniti e che, approfittando dei ritardi e delle incertezze dei provvedimenti governativi, si erano messi a prestare soldi a usura». Nel loro commento, Gratteri e Nicaso sottolineano che «c’è molta ipocrisia nell’atteggiamento di Paesi come la Germania o l’Olanda che temono il saccheggio delle risorse comunitarie da parte delle mafie ma non hanno mai fatto abbastanza per frenarne gli investimenti nei loro territori. Dalla caduta del muro di Berlino in poi, le mafie in molti Paesi d’Europa non sono state viste come minaccia, ma come opportunità. Oggi, più che mai, i soldi del narcotraffico sono diventati ossigeno dell’economia legale. Come è successo al tempo della crisi del subprime in cui molte banche sono riuscite a far fronte ai problemi di liquidità finanziaria grazie ai soldi del narcotraffico, come ha denunciato coraggiosamente l’allora direttore dell’ufficio delle Nazioni Unite per la lotta contro droga e crimine, Antonio Costa».
Le mafie «cercheranno sicuramente di mettere le mani sulle risorse comunitarie, come faranno d’altronde i faccendieri e i criminali di mezza Europa. Ci sarà anche chi cercherà di «condizionare» gli elenchi dei cittadini bisognosi che i sindaci sono chiamati a compilare; cercheranno di sfruttare i ritardi della burocrazia che regola il settore bancario, ma anche quello della pubblica amministrazione».
Per questo «il tempo delle parole è finito. È tempo di agire, fare sistema, mettendo assieme tutte quelle forze che hanno a cuore il benessere del Paese. Se continueremo a cedere il passo a quella lunga e pericolosa convivenza tra faccendieri e mafiosi, tra corrotti e corruttori, faremo fatica a riprenderci».
LA LETTERA DI LAMORGESE AI PREFETTI La questione del possibile aumento delle ingerenze mafiose nel periodo di crisi legato al Coronavirus è stata evidenziata anche in una lettera del ministro dell’interno Luciana Lamorgese ai prefetti. Il ministro fa notare che i pericoli nascono nelle «realtà caratterizzate da un minor sviluppo e da già elevati livelli di disoccupazione, in cui un possibile aggravamento della situazione economica rischia di comportare il ricorso a forme di “sostegno” da parte delle organizzazioni criminali, che in tal modo mirano anche ad accrescere il consenso nei loro confronti». In alcune aree disagiate del Meridione sarebbe già emerso che la criminalità organizzata stia fornendo, al posto dello Stato, spesa gratis alle famiglie in difficoltà. Per prevenire la penetrazione mafiosa «dovrà essere (…) sviluppata un’ampia azione di intelligence sul territorio (…) con l’obiettivo di assicurare che la ripresa delle attività avvenga secondo imprescindibili coordinate di legalità».
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