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Varone evita l'interdittiva. Ma per i giudici «ha agito per favorire la nomina di Forciniti»

Nell’inchiesta Passepartout, il neo capo della Protezione civile (e dg della Presidenza) è accusato di abuso d’ufficio: avrebbe prorogato i termini per la presentazione delle domande nella selezion…

Pubblicato il: 15/04/2020 – 16:47
Varone evita l'interdittiva. Ma per i giudici «ha agito per favorire la nomina di Forciniti»

di Alessia Truzzolillo
CATANZARO «Forzature», «violazione dei termini di imparzialità e trasparenza che reggono l’agire pubblico». È pesante il giudizio del Tribunale del Riesame di Catanzaro circa i gravi indizi di colpevolezza che ricadono sul manager della Regione Calabria Fortunato Varone (sopra nel riquadro, da poco nominato a capo della Protezione civile – e coinvolto per questo nella gestione dell’emergenza Coronavirus – dopo le dimissioni di Domenico Pallaria). Varone è imputato nel procedimento “Passepartout” – istruito dalla Procura di Catanzaro – che si trova in fase preliminare e vede coinvolti, tra gli altri, l’ex governatore della Calabria, Mario Oliverio, il sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto, e l’ex consigliere regionale dem Nicola Adamo. Varone è accusato di abuso d’ufficio, insieme a Oliverio e a Giovanni Forciniti, riguardo la nomina di quest’ultimo a direttore generale di Azienda Calabria Lavoro. Il 26 aprile 2019 il gip del Tribunale di Catanzaro aveva emesso misura interdittiva della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio nei confronti di Varone. Il 13 giugno l’interdizione è stata annullata dal Tribunale del Riesame. La Cassazione però ha annullato, a sua volta, questa decisione con rinvio a un nuovo giudizio del Riesame. Ed eccoci a una nuova ordinanza datata 9 aprile 2020. Un’ordinanza che – benché dichiari cessata la misura interdittiva – entra nel merito di tutti gli elementi che costituiscono il reato e tira un lungo e affilato affondo.
LE ESIGENZE CAUTELARI Per quanto riguarda le esigenze cautelari il collegio, presieduto da Michele Cappai, dichiara cessata la misura interdittiva visto che non riscontra elementi per la reiterazione del reato e l’inquinamento delle prove: Varone non è più il dirigente del dipartimento Sviluppo economico, Lavoro, Formazione e Politiche sociali della Regione (è infatti diventato direttore generale della Presidenza della giunta regionale, ndr); sono passati tre anni dal fatto contestato «in uno con la mancata indicazione di ulteriori comportamenti penalmente rilevanti»; è cambiata, nel frattempo, la giunta regionale, quindi l’humus politico che lo vedeva attore nel reato contestato; non vi è il pericolo di inquinamento delle prove visto che il procedimento è in fase preliminare e la prova è di carattere squisitamente documentale.
GRAVI INDIZI DI COLPEVOLEZZA Il collegio non risparmia, però, un duro giudizio sui gravi indizi di colpevolezza. I fatti risalgono al 24 ottobre 2018, quando Varone fa riaprire i termini per la partecipazione all’avviso pubblico per la nomina del direttore generale di Azienda Calabria Lavoro. Una selezione dalla quale Giovanni Forciniti era stato escluso perché nella sua domanda mancava la certificazione sula conoscenza della lingua inglese, requisito che il candidato aveva dichiarato di possedere. Varone, con la motivazione di ampliare la rosa dei candidati, emette un decreto e proroga i termini per la presentazione delle domande consentendo a Forciniti (che non avrebbe dovuto sapere di essere stato escluso) di presentare una domanda nuova di zecca, completa della certificazione sulla conoscenza della lingua inglese (certificazione acquisita in tempi record) e superare la selezione con l’esito finale di venire nominato direttore generale dell’ente in house della Regione. Ma se il collegio del Riesame che aveva annullato l’ordinanza, a giugno 2019, affermava che non vi erano elementi per ritenere che Forciniti fosse stato “imbeccato” della esclusione dalla procedura, non erano stati registrati contatti tra lui e Varone e non si poteva dimostrare la collusione tra il privato e i pubblici funzionari, di parere diametralmente opposto è il giudizio del nuovo collegio.
Tra il 24 settembre e il 18 ottobre 2017 la Commissione aveva esaminato 15 domande di altrettanti candidati, compreso Forciniti, e ne aveva ammesse solo due. Il 24 ottobre 2017 Varone riapre i termini per la presentazione delle domande. L’otto novembre la Commissione riprende i lavori constatando che sono pervenute 12 domande in più tra le quella di Giovanni Forciniti (che quindi tra il 24 ottobre e gli inizi di novembre aveva acquisto la certificazione linguistica). Il 28 novembre 2017 la Commissione valuta idonei 8 candidati e invia gli atti a Varone che l’11 dicembre li manda al responsabile unico del procedimento. Il sette marzo 2018, con decreto del presidente Oliverio, Giovanni Forciniti viene nominato direttore generale di Azienda Calabria Lavoro, con buona pace dei due candidati ritenuti idonei in prima battuta.
Non è vero, però, come sosteneva il primo collegio del Riesame, che non vi fossero stati contatti tra Forciniti e Varone nel corso della selezione. Forciniti manteneva contatti con tutti anche dopo la nomina: 86 telefonate con Varone dal 2 febbraio 2018, un mese prima della sua nomina e con procedura ancora in corso; con Roberto Cosentino, gli inquirenti hanno registrato un contatto telefonico una volta dopo la nomina di questi a presidente della Commissione tecnica e 29 volte dopo la nomina di Forciniti; 46 contatti telefonici con Pasquale Capicotto, membro della Commissione, da aprile 2018; 158 contatti telefonici con Mario Oliverio da gennaio 217 a maggio 2018; 333 contatti con Varone; 65 contatti con Capicotto a far data dal 10 novembre 2017.
LO STRATAGEMMA La motivazione secondo la quale Fortunato Varone avrebbe riaperto i termini per presentare la domanda – per avere una più ampia rosa di candidati – viene considerata «apodittica e pretestuosa». Erano state selezionate due domande, individuati due candidati, «non risulta quindi esplicitata la ragione di interesse pubblico per la quale due candidati non erano sufficienti, considerato che il posto da coprire era uno», scrivono i togati del Riesame bis.
L’IMBECCATA A FORCINITI «Ma il dato decisivo – scrivono i giudici – è proprio costituito dalla circostanza che Forciniti, essendo il procedimento in corso, non poteva sapere – ufficialmente – di essere stato escluso dalla selezione. Sicché costituisce un ulteriore indizio dell’illegittimità del della sequenza procedimentale la circostanza che lo stesso abbia presentato una “nuova” domanda, integrando la documentazione mancante, poiché non avrebbe avuto senso procedere in tal senso se non dopo essere stato reso edotto (“imbeccato” come rappresenta efficacemente il gip) dell’avvenuta valutazione negativa della sua domanda». Non una mera integrazione, dunque, ma una nuova domanda, questa volta completa.
DIPLOMA LINGUISTICO IN TEMPI RECORD Forciniti, peraltro, «in tempi brevissimi si attivava a conseguire il diploma linguistico da allegare alla nuova domanda, così dimostrando – pur in mancanza di comunicazioni formali in tal senso – di essere a conoscenza della patologia della sua originaria domanda». La prova di inglese si era svolta il 17 ottobre e l’attestazione era stata rilasciata il 3 novembre 2017. Elementi che, secondo il gip, sono indicativi del fatto che il candidato sia stato “imbeccato” sul requisito per il quale era in corso l’esclusione (informazione che non avrebbe dovuto conoscere). Per quanto riguarda la lingua inglese, la difesa ha che questa non rientrava tra i requisiti di ammissibilità della domanda ma costituiva solo un elemento di valutazione nel merito. Il collegio evidenzia, però, che nell’avviso pubblico all’articolo due si elencano i requisiti di ammissione e nell’articolo quattro si fornisce l’elenco della documentazione da allegare alla domanda a pena di inammissibilità, tra cui rientrano le attestazioni/certificazioni di conoscenza della lingua straniera (lettera D dell’articolo 4 dell’avviso pubblico). Ragione per cui la Commissione tecnica aveva ritenuto inammissibile la domanda di Forciniti.
SUSSISTONO GLI ELEMENTI DEL REATO Secondo i giudici del Riesame questa combinazione di elementi «in uno con il rapporto fiduciario con i soggetti coinvolti (Varone, Forciniti e Oliverio) induce a ritenere la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato»: la qualifica di pubblico ufficiale di Varone; la violazione di norme di legge commesse nello svolgimento dell’ufficio anche alla luce del fatto che la motivazione della riapertura dei termini, “illogica e apodittica” “risulta orientata a consentire a Forciniti di rientrare in gioco”; il dolo intenzionale; l’ingiusto vantaggio patrimoniale al Forciniti; il danno ingiusto patito dai due candidati giudicati idonei all’esito della prima selezione «che hanno visto, indebitamente, aumentare la platea dei soggetti nominabili, al di fuori di qualsiasi giustificazione pubblicistica, così diminuendo (di fatto azzerando) le loro chances di essere nominati». (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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