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«Vogliamo tornare!». La disperazione (e i volti) dei calabresi "prigionieri" al Nord – VIDEO

Studenti e lavoratori, vittime di mille difficoltà, non sanno a quale santo votarsi per tornare a casa dopo cinquanta giorni di quarantena. In un filmato le loro storie di “saudade” (e non solo)

Pubblicato il: 23/04/2020 – 19:38
«Vogliamo tornare!». La disperazione (e i volti) dei calabresi "prigionieri" al Nord – VIDEO

I volti sono segnati dalla sofferenza. Un po’ come quelli di tutti i calabresi. Ma per loro, la pena vale doppio. O triplo. Perché ai problemi di tutti i giorni va sommata quella saudade, la “mancanza” che “colpisce” tutti – ma proprio tutti – i calabresi che vivono fuori.
Ed ai quali manca il “calore” della famiglia, i volti dei padri e delle madri, dei fratelli e dei nonni, il sole ed il mare “spiato” di notte dalla cameretta, e perché no, i profumi della cucina.
Non è certo facile vivere fuori, al Nord, essere squadrati in metropolitana, o guardati in cagnesco solo perché l’accento non è bergamasco o delle valli. Al Nord vivono migliaia di ragazzi, di giovani donne e giovani uomini che studiano, lavorano, provano a cercare un lavoro. Che hanno spese da sostenere, affitti salatissimi da pagare, e devono pur mangiare.
Questo video – realizzato con materiale amatoriale – è una la cartina tornasole della situazione che sta vivendo chi dotato di Dna calabro vive nelle regioni del Nord, a Milano, Torino, Verona, Bologna, Firenze, in Valtellina.
Gente laureata, con master, da fare invidia ai grandi manager blasonati o grandi lavoratori: cambiando comune denominatore, il risultato non cambia, perché tutti vogliono tornare a casa.
E fra loro c’è chi ha scritto alla presidente Santelli, chi si è appellato all’assessore Gianluca Gallo. «Ci sentiamo abbandonati», raccontano in remoto, guardando le loro webcam. «Ho scritto alla Santelli, non mi ha risposto» è il segnale di abbandono di qualcuno. Altri «aspettano risposte» dalle istituzioni e solo a pensare che la regione aprirà le sue frontiere in ingresso – se andrà bene – a fine maggio, getta tutti in preda alla più grande disperazione dopo cinquanta giorni di solitudine e lockdown.
Ma c’è anche chi ne fa una questione economica e con i lavori in stand-by o, addirittura, da new fired non può permettersi di pagare un affitto, tantomeno di chiedere aiuti a casa. «Non trovo casa, ho dovuto avvertire i carabinieri» è il pianto disperato ma dignitoso di un ragazzo. «Inizia a mancarmi la mia terra», aggiunge qualcun altro. C’è anche chi la butta sullo psicologico: «L’instabilità psicologica si cura col calore della famiglia – conclude il video un ragazzo – e l’assessore alla famiglia Gianluca gallo dovrebbe saperlo». In fondo, come dargli torto? (lu. la.)

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