di Pablo Petrasso
LAMEZIA TERME Si fa prima a elencare le disposizioni che l’ordinanza Santelli rispetta (quasi nessuna) che quelle che calpesta. Il senso delle nove pagine trasmesse dal ministro degli Affari regionali Francesco Boccia all’Avvocatura regionale dello Stato è, in estrema sintesi, questo. Lo strappo che, per il governo, si è consumato il 29 aprile può essere sanato soltanto dalla giustizia amministrativa, dopo che la diffida inviata al presidente della giunta regionale non ha sortito l’effetto auspicato, cioè la retromarcia da parte della Regione. Perché l’atto firmato da Santelli «rischia di provocare danni incalcolabili per la popolazione italiana in termini di vite umane», specie «alla luce delle note croniche carenze del sistema sanitario calabrese». E poi perché potrebbe indurre altre Regioni a emulare la fuga in avanti, vanificando quando fatto finora.
L’ordinanza della discordia, per Boccia, è colma di rischi e contraddizioni (c’è un punto in cui si autosmentisce) e «contiene sia misure in contrasto con le disposizioni del Dpcm del 10 aprile 2020 (efficaci fino al 3 maggio 2020), sia misure in contrasto con le disposizioni del Dpcm del 26 aprile 2020 (efficaci a partire dal 4 maggio 2020)». Lo scontro istituzionale si spalma, dunque, sia sul periodo del lockdown che sulla fase 2. «In particolare – spiega l’atto firmato dal ministro – alcune previsione dell’ordinanza regionale anticipano l’efficacia di disposizioni di allentamento delle misure restrittive di contrasto e contenimento del contagio da Covid-19 che il Dpcm del 26 aprile 2020 introduce solo a partire dal 4 maggio 2020».
Una parte dell’ordinanza Santelli, invece, entra in contrasto con i dettami del governo soltanto per 4 giorni (dal 29 aprile al 3 maggio); rispetto a questa finestra temporale, ormai scaduta, il ministero si riserva «successive valutazioni» per presentare una eventuale domanda «volta alla declaratoria di illegittimità e al risarcimento del danno, anche in ragione dell’evoluzione del contagio nel territorio della regione Calabria e dei conseguenti danni che potranno essere provati e reclamati in sede giudiziaria».
«MISURE AMPLIATIVE ILLEGITTIME» Nel rigido lessico legale che servirà a impostare il ricorso contro l’ordinanza che riapre (tra le altre cose) bar e ristoranti, Boccia segnala che l’atto è «illegittimo» perché il potere di ordinanza delle Regioni, in condizioni di rischio sanitario, è circoscritto «all’introduzione di misure ulteriormente restrittive (…) non consentendo l’adozione di misure ampliative, come invece avvenuto nel caso di specie. In altre parole, il potere della Regione non può sovrapporsi a quello statale, se non con misure più restrittive in considerazione di specifiche situazioni di aggravamento del rischio sanitario a livello locale, mentre le misure ampliative vanno considerate illegittime». Santelli, peraltro, secondo la valutazione del ministero, non avrebbe potuto emettere atti «quanto meno fino al dispiegarsi degli effetti del Dpcm del 26 aprile 2020», dunque soltanto dopo il 4 maggio.
L’ORDINANZA CHE SI AUTOSMENTISCE Un passaggio è riservato anche all’«illogicità manifesta nell’azione amministrativa della Regione Calabria», che «ha sempre riconosciuto la competenza statale in materia affidando – fino all’emanazione dell’ordinanza – alla djsciplina contenuta dei Dpcm la regolazione degli interventi di contenimento». Il paradosso è che la stessa ordinanza della discordia, «in palese contraddizione» con il punto che “riapre” bar, ristoranti, pizzerie e agriturismo, richiama nelle premesse del provvedimento tutti i decreti legge e i Dpcm «che stanno regolando le misure per fronteggiare l’emergenza epidemiologica, e addirittura, dopo “ordina” così riporta: “ferma restando la piena applicazione delle misure nazionali”».
«LE REGIONI NON HANNO UN RUOLO PRIMARIO NELL’EMERGENZA» Più tecniche le valutazioni sulla costituzionalità dell’atto firmato dalla presidente della giunta regionale. Per il ministro, «il Il carattere globale dell’emergenza impone che sia lo Stato il soggetto maggiormente in grado di operare valutazioni complessive del fenomeno, sia in termini sanitari sia in termini economici, adottando i più opportuni e calibrati interventi per gestire la crisi in atto». Se «il sopravvenire di specifiche situazioni di aggravamento del rischio sanitario sicuramente giustifica l’intervento delle Regioni», è altrettanto verso che le Regioni hanno «un ruolo solo integrativo, mai primario».
UN “COLPO DI MANO” La scelta di Santelli violerebbe, inoltre, il «principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni» perché l’ordinanza «risulta emanata senza alcuna previa interlocuzione formale con il governo, in aperto contrasto con la posizione espressa dal presidente della Conferenza delle Regioni sentito in occasione dell’adozione del Dpcm del 26 aprile 2020 e, in ultima analisi, con intento correttivo delle misure solo pochi giorni prima adottate dal Presidente del Consiglio dei Ministri». Per Boccia c’è un aspetto «che desta grave allarme». Nel Dpcm del 26 aprile, infatti, «pur in un perimetro assai rigoroso», viene consentita «la circolazione extra regionale dei cittadini italiani». In questo contesto, «le conseguenze dell’allentamento delle misure di contenimento operato dalla Regione e l’ e ventuale conseguente riacuirsi del fenomeno epidemico riguarderebbero l’intero territorio nazionale inevitabilmente esposto per effetto della circolazione dei cittadini infettati».
«NESSUNA ARGOMENTAZIONE SCIENTIFICA» Alla base della decisione della Regione Calabria non vi sarebbe neppure «alcuna argomentazione scientifica». L’ordinanza, per il ministro degli Affari regionali, «si limita, infatti, a fotografare la situazione del contagio alla data di adozione del provvedimento (“l’analisi dei dati prodotta dal Settore n. 9 del dipartimento Tutela della Salute e Politiche Sanitarie ha fatto rilevare, alla data del 27 aprile 2020, un valore del Rapporto di replicazione (Rt) con daily time lag a 5 giorni, pari a 0,63” ) e poi ad osservare laconicamente, senza il supporto di argomentazioni scientifiche, che “in generale, valori inferiori ad 1 indicano che la diffusione del ‘infezione procede verso la regressione” . L’ordinanza appare quindi, innanzi tutto, priva di adeguata motivazione e viziata da carenza di istruttoria». Altro paradosso: l’ordinanza prima segnala «l’efficacia delle misure – in realtà statali – finora attuate» e poi le cancella con un colpo di spugna «in mancanza di valide argomentazione scientifiche e in assenza di una reale strategia di gestione del rischio basata su evidenze scientifiche». D’altra parte, allentare le misure di contenimento «pone a repentaglio la gestione unitaria della crisi, con gravi rischi per la popolazione e pericolo di esternalità negative, con conseguenze irrimediabili anche per altre regioni». Boccia sottolinea il fatto che i «vizi» dell’ordinanza siano stati rilevati anche da molti sindaci che ne hanno sospeso l’efficacia.
«FARE IN FRETTA» E chiede di fare in fretta con il ricorso perché «l’allentamento delle misure di contenimento del contagio rischia di provocare danni incalcolabili per la popolazione italiana in termini di vite umane, ancor più alla luce delle note croniche carenze del sistema sanitario calabrese». A ciò va aggiunto «il rischio emulativo da parte di altre Regioni, che potrebbe mettere in discussione il ruolo del Governo nella gestione della crisi, facendogli perdere l’indispensabile gestione e controllo unitario della crisi, con conseguenze drammatiche in caso di nuove ondate del contagio». (p.petrasso@corrierecal.it)
x
x