di Luca Latella
CORIGLIANO ROSSANO Nessuna inaugurazione, niente passerelle politiche, silenzio e tutto sbarrato. Così si presenta oggi il cantiere dell’ospedale della Sibaritide a Insiti, terra di mezzo fra Rossano e Corigliano, dopo l’annuncio dato dalla Regione martedì sera. Ed allora dopo almeno quattro presentazioni di progetti in pompa magna, in tutti questi anni – quasi quattordici – l’inaugurazione “politica” della recinzione, servita sulla carta all’allora presidente Mario Oliverio per lanciare la campagna elettorale delle Politiche 2018, siamo andati a vedere, per capire cosa realmente sta accadendo in quell’area, dopo l’annuncio più in sordina della storia.
Nessuno in giro, in apparenza, eppur qualcosa sembra muoversi nella pancia del cantiere. Dove, a quanto pare già da giorni – e non da oggi come timidamente annunciato dal comunicato stampa della presidente Santelli diramato appena a qualche ora da un evento non evento – si sta movimentando la terra, dopo le prime attività avvenute nel 2018, per apporre dei pinti in cemento armato utili a sorreggere due o forse tre gru alte sessanta metri.
Serviranno per i materiali e posare le fondamenta, previste a luglio nel cronorpogramma stilato della Regione e della concessionaria dei lavori, la D’Agostino Angelo Antonio costruzioni generali srl.
Completata la fase preparatoria, sempre secondo l’ente regionale, saranno realizzati i lavori esterni dell’area ospedaliera come la viabilità – sulla ss106, a proposito, l’Anas ha iniziato a cantierare lo svincolo per la realizzazione di un’immensa rotatoria – le reti dei servizi, la sistemazione del verde e la realizzazione dell’edificio tecnologico.
Nello stesso periodo il concessionario dovrà «perfezionerà gli adempimenti necessari alla pianificazione di dettaglio dell’opera principale» come il programma esecutivo, il piano di qualità, il piano dei controlli, «che consentiranno, entro il mese di luglio, l’avvio dei getti delle fondazioni del nuovo ospedale» e quindi delle opere murarie.
Attorno all’opera, è inutile nasconderlo, aleggia uno scetticismo diffuso e da queste parti in pochi continuano a credere che sarà mai conclusa, dopo quattordici anni di attese e aspettative per un ospedale rimasto impantanato nelle sabbie mobili della burocrazia, nonostante sia nato nel 2007 con procedure della Protezione civile. Da allora, la pantomima politica lunga tre legislature regionali, i balletti sui commissariamenti della sanità calabrese, poi la storia degli ulivi secolari ed il Mibact, degli espropri, quindi i guai giudiziari che hanno coinvolto la prima ditta appaltatrice, le quattro mega presentazioni del progetto – memorabile quella tenutasi nel 2016 al Castello ducale di Corigliano – l’inaugurazione della recinzione dei cantieri, hanno indotto anche i più devoti e convinti a gettare la spugna. Qualcuno mormora, invece, che si farà perché la concessionaria vuole terminare i lavori per poi passare all’incasso, non dell’appalto in sé il che è scontato, ma della gestione trentennale della struttura.
Un ospedale i cui gli oneri previsti ammontano a 143 milioni di euro e che una volta concluso potrà contare su 374 posti letto, dei quali 94 per l’area medica (15 per la Psichiatria, 15 per la Cardiologia, 30 per la Medicina interna, 10 per l’Oncologia, 10 per la Neurochirurgia), 90 per l’area chirurgica (40 alla Chirurgia generale, 10 all’Urologia, 20 in Ortopedia e traumatologia, 10 per la Chirurgia ginecologica); 53 per l’area materno-infantile (di cui 33 in Ostetricia, 12 in Pediatrica e 5 in Patologia neonatale), 60 per l’area abilitativa (30 in Recupero e riabilitazione funzionale, 30 per la Lungodegenza). I posti in terapia intensiva previsti sono 17 (di cui 7 per l’Unità di Terapia intensiva cardiologica). Ed ancora 24 saranno dedicati alla degenza diurna, 46 ai posti letto tecnici.
Sulla carta, dunque, un grande progetto che una volta ultimato dovrà comunque fare i conti con le dotazioni organiche dell’ospedale spoke di Corigliano Rossano, ridotte non da oggi ai minimi termini, o peggio, a tal punto da alimentare lo spauracchio quotidiano della chiusura dei reparti, come accade puntualmente da mesi, senza soluzione di continuità. E sarà a quel punto che dovrà intervenire l’Azienda sanitaria provinciale per rimpinguare la struttura delle figure sanitarie necessarie.
Come andrà a finire, in base alle premesse decennali è difficile da immaginare. Non resta – come sempre – che aspettare. (l.latella@corrierecal.it)
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