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Sbarra: «Insensato e antistorico pensare a nuove gabbie salariali»

Il segretario nazionale aggiunto della Cisl commenta e critica fortemente le dichiarazioni del sindaco di Milano Sala

Pubblicato il: 12/07/2020 – 12:20
Sbarra: «Insensato e antistorico pensare a nuove gabbie salariali»

«Un’uscita infelice, quella di Sala, che non parla apertamente di Gabbie Salariali, ma ci si avvicina molto, ipotizzando interventi volti a differenziare le retribuzioni su base esclusivamente geografica». Lo afferma Gigi Sbarra, segretario generale aggiunto della Cisl nazionale, commentando le dichiarazioni del sindaco di Milano. «Una formula antistorica, insensata, che – spiega Sbarra – non tiene conto delle dinamiche economiche reali nel Mezzogiorno, tende a spezzare l’Italia, mortifica il motore flessibile e generativo della contrattazione. Pensare che il salario, così come l’orario, i turni o l’organizzazione del lavoro, debbano tornare ad essere regolati e limitati dalle norme di Stato è un tuffo nel passato che va nella direzione opposta rispetto al necessario.  Le nostre comunità lavorative, sia pubbliche che private, di tutto hanno bisogno tranne che dell’irrigidimento di un intervento legislativo. S’illude chi pensa di regolare le variabili dell’economia con un tratto di penna. Al contrario, anche nei settori pubblici, bisogna promuovere e sbloccare la buona contrattazione, specialmente quella decentrata, che – ricorda il leader della Cisl – stimola la produttività e la lega alle retribuzioni e all’avanzamento del benessere del lavoratore. Bisogna puntare sulla adattività della contrattazione ed arginare con tutte le forze retrograde derive “dirigiste” che finirebbero per affossare le possibilità di ripresa dei nostri territori, sia a Sud che a Nord».
Sbarra quindi aggiunge: «Vero è che il costo della vita al Nord è mediamente più alto. Ma limitare l’analisi a questo è economicamente errato, oltre che eticamente inaccettabile. Sotto il profilo economico, il gap si assottiglia molto se si considera che al Sud le famiglie sono mediamente monoreddito. Inoltre, le drammatiche diseconomie nei servizi e nelle infrastrutture incidono in modo esiziale sui salari reali dei cittadini meridionali. Basti pensare al costo dei trasporti, o ai viaggi sanitari, che portano via miliardi l’anno dalle tasche delle persone che vivono nelle aree più deboli.   Ma è soprattutto sul piano etico che questo tema grida vendetta. L’Italia è una e indivisibile, vive letteralmente della propria unità: se si bloccano i consumi a Sud anche il Nord affonda. Limitare per legge i salari nel Mezzogiorno  spezzerebbe i legami commerciali interni, sfibrerebbe la coesione e il mercato domestico, affosserebbe consumi e produttività proprio dove maggiore è il potenziale di sviluppo. Più di ogni altra cosa – conclude il segretario generale aggiunto della Cisl – comprometterebbe il patto di solidarietà territoriale, creando un un muro invisibile ma invalicabile tra “due Italie”, cristallizzando e legittimando una condizione duale che è la causa principale dello scarsa crescita italiana e del processo incompiuto di unità nazionale.
 

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