REGGIO CALABRIA «Non tutti i colpevoli di questo reato sono stati sottoposti a giudizio». L’avvocato Antonio Ingroia non ha dubbi e lo ha ripetuto più volte durante la sua arringa nel processo “‘ndrangheta stragista” che vede imputati il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, referente della cosca Piromalli di Gioia Tauro. Entrambi sono accusati del duplice omicidio dei carabinieri Fava e Garofalo, consumato nel gennaio 1994 e rientrante nella cosiddetta “strategia stragista” di ‘Ndrangheta e Cosa Nostra.
Dopo la requisitoria del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, durata cinque udienze, davanti alla Corte d’Assise di Reggio Calabria, oggi pomeriggio ci sono stati gli interventi degli avvocati di parte civile. Tutti si sono associati alle richieste di condanna formulate dalla Direzione distrettuale antimafia, compreso l’ex pm di Palermo Antonio Ingroia che oggi assiste i familiari dei due carabinieri uccisi.
«Noi sappiano che gli odierni imputati – ha detto Ingroia – non sono gli unici colpevoli del duplice omicidio. Anzi ci sono altri colpevoli in misura più grave. Altri colpevoli che non sono mai stati indagati o processati. È chiaro che l’unica autentica possibilità di giustizia piena – ha detto Ingroia rivolto ai giudici della Corte d’assise – è legata alla sentenza che voi pronuncerete. Sarà un primo mattone per costruire la verità piena. La strategia stragista, oscura e sanguinosa che ha interessato il biennio 1992-1994, ha condizionato il trentennio a seguire e le sorti politiche del Paese».
Prima di chiudere la sua arringa, l’avvocato Ingroia ha rivolto un appello al boss di Brancaccio: «Quello che temono è soprattutto la verità di Giuseppe Graviano. Il panico che si è diffuso. Giuseppe Graviano ha solo uno strumento per fare giustizia e, se vogliano, farsi giustizia, con gli strumenti che la legge gli mette a disposizione: dire la verità, tutta, da imputato e non necessariamente da collaboratore di giustizia. Deciderà lui e farà le sue valutazioni. Lui sa meglio di noi quello che noi intuiamo».
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