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Cosenza, il dissenso della piazza: «Non si chiude senza sostegno concreto»

Un grido di allarme. Nella città dei Bruzi ci sono gli esercenti ma anche i malati oncologici: «Si possono dimenticare le altre patologie così?». I lavoratori dello spettacolo sul lastrico. E si se…

Pubblicato il: 28/10/2020 – 21:08
Cosenza, il dissenso della piazza: «Non si chiude senza sostegno concreto»

COSENZA Una protesta pacifica. I tumulti sembrano appartenere a latitudini lontane, ma non per questo meno incisiva. Sotto gli uffici del palazzo di Governo, a piazza XI settembre le categorie “colpite” dall’ultimo decreto firmato dal premier Giuseppe Conte, si sono ritrovate per esprimere dissenso, perplessità ma anche tendere la mano in segno di pace e di leale collaborazione. «A patto che sia così però – spiega un ristoratore – perché noi quello che andava fatto nel periodo estivo l’abbiamo fatto. Serve stare chiusi? Lo accettiamo, ma devono arrivare aiuti concreti». In piazza il coro è unanime, si serve preoccupazione e disperazione sui piatti di bar e ristoranti che da lunedì abbassano le serrande. Si lavora solo a domicilio o asporto, per chi può, la circolazione è limitata al massimo. Una mesta pioggia di novembre accompagna i manifestanti. «Si è tagliato sullo stato sociale e sugli  istituti di assistenza che dovevano sostenere la famiglia – racconta una lavoratrice e mamma -. Le donne devono lavorare e governare la casa, si chiede uno sforzo che non è sostenibile». In piazza ci sono anche gli studenti, gli universitari che non sono matricole e per questo sono costretti alla didattica a distanza. «Abbiamo l’esperienza non proprio piacevole della didattica a distanza che è molto limitante soprattutto perché manca il contatto umano – ci dice una studentessa -. Siamo soli nelle nostre stanze, senza confronto con i colleghi. C’è da evidenziare anche un altro aspetto e che non tutti hanno a disposizione strumenti e connessioni adeguate per fruire al meglio della didattica si creano grosse discriminazioni».
AIUTI ALLE IMPRESE  «Siamo in piazza perché abbiamo una sanità ingestibile e al collasso così come la nostra regione. Abbiamo bisogno di dire la nostra e discutere sentiamo impellente l’esigenza di comunicare la nostra stanchezza. Non possiamo più ritrovarci a dover ovviare ai problemi da soli». La voce della piazza è unanime. «Abbiamo preso una botta già nella prima ondata – racconta un altro ristoratore – credo che bisogna stare a casa e chiudere le attività, ma nel momento in cui c’è una pandemia è giusto che venga sostenuta con welfare. Nel 2020 anche nell’ultima regione d’Europa come la Calabria c’è bisogno di serenità». Per gli esercenti la chiusura fino alle 18 non rappresenterebbe un modo giusto di gestire l’emergenza. «Non si può delegare, con la chiusura delle 18  sembra ci abbiano detto: “lavorate fino a quell’ora e vedete come fare”».

I MALATI DIMENTICATI Ma pandemia non significa solo la conta dei morti e dei nuovi infetti di Sars Covid-19. C’è anche altro, le tac e le visite specialistiche rimandate. In piazza ci sono anche alcuni pazienti con delle pregresse patologie oncologiche. Si tratta di uomini e donne a rischio, ma non vogliono far mancare la loro voce. Quella di Roberto (nome di fantasia) è rotta anche dalle complicanze di un precedente tumore alla laringe. «Dovevo fare due tac, la prima a maggio me l’hanno rimandata, la seconda era prevista in questi giorni ed è stata ancora rimandata. Come faccio a sapere se ho un tumore? – ci racconta -.  Mi sono operato a Roma di tumore alla laringe, adesso mi hanno rinviato la visita. Se ho qualcosa come faccio a saperlo se non faccio un controllo? Le altre malattie come si possono mettere da parte?».
IL MONDO DELLO SPETTACOLO «Siamo sempre all’ultimo posto, fortunatamente almeno adesso si sono resi conto che esistiamo. Noi siamo fermi da febbraio». L’indotto del mondo della cultura non si ferma solo a cinema e teatri. C’è anche la musica. «Sosteniamo i ristoratori perché quando le discoteche sono state chiuse ci hanno permesso di continuare a lavorare con dei piccoli spettacoli. Il danno non è calcolabile, tutto si ferma e chiaramente in questo stato non è neanche lontanamente possibile fare delle stime».

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