di Anna Colistra
SERRASTRETTA «Quando le restrizioni dovute al Covid ci hanno costretto ad annullare la celebrazione della Chanukkah, il parroco locale ci ha offerto la chiesa». A parlare è l’unica rabbina donna d’Italia, Barbara Aiello, che 15 anni fa ha scelto di trasferirsi in Calabria, da Pittsburgh, per fondare “Ner Tamid del Sud”, la prima sinagoga del Meridione. «La Chanukkah è la commemorazione della libertà religiosa – afferma la rabbina – e trascorrerlo in un luogo di culto cattolico significa vivere appieno il significato di questa festa». L’evento si è svolto a Serrastretta dal 10 al 18 dicembre nella parrocchia di Don Antonio Costantino, la chiesa della Beata Maria Vergine del Soccorso, dove è stato più semplice garantire la partecipazione a più persone rispettando il distanziamento. Qui due guide spirituali hanno parlato ad una sola comunità in ascolto, con una preghiera unitaria, dei canti tradizionali calabresi e gli insegnamenti della torah. Una cerimonia interreligiosa che ha coinvolto anche due personalità del territorio, la cantastorie Francesca Prestia e l’artigiano Tommaso Caruso, che per l’occasione ha costruito una scultura in legno di un metro e mezzo, la menorah: il candelabro a otto bracci, dove ogni giorno durante la Chanukkah viene accesa una candela, come vuole il rituale.
LA SINAGOGA DOPO IL COVID «La pandemia e la conseguente esigenza di entrare in contatto con le persone anche a distanza si sta rivelando un’opportunità per me» racconta Barbara Aiello.
La sua sinagoga è accogliente, ricca di preziosi cimeli, come un’antica torah scritta su papiro, ma non è abbastanza spaziosa per ospitare in sicurezza i fedeli ai tempi del Covid. «Se prima durante gli incontri in presenza potevo parlare a massimo 45 persone alla volta, – afferma – ora in videochiamata riesco ad avere centinaia di persone connesse nello stesso momento». Zoom e Facebook live, dunque, cambiano anche la vita della sinagoga e trasformano questo polo religioso in una comunità ancora più grande, più interattiva e senza frontiere. A frequentare questo luogo di culto nel cuore della Calabria, prima fisicamente e ora virtualmente, sono gli ebrei sparsi per il mondo, i fedeli dalle più svariate provenienze: Sicilia, Sardegna e Campania per rimanere in Italia, ma anche Germania, Gran Bretagna, e Stati Uniti per andare oltre i confini nazionali. Paesi dove vivono moltissimi conterranei emigrati per lavoro, magari da generazioni, e che guardano alla loro terra non solo con occhi nostalgici, ma anche con una ferma volontà di riscoprire l’identità culturale della propria famiglia.
LA STORIA DEGLI EBREI È ANCHE QUELLA DEI CALABRESI «Conoscere una storia millenaria per comprendere qualcosa di più delle proprie origini e per imparare a capire se stessi». In fondo è questo il motivo, secondo Barbara Aiello, che spesso porta gli emigrati ad avvicinarsi alla sua sinagoga: «vogliono sapere da dove vengono – rivela – e qual è la cultura in cui sarebbero cresciuti se le vicende storiche sarebbero andate diversamente». Ogni anno, infatti, si mettono in contatto con la rabbina gruppi di persone, la maggior parte giovani, per cominciare un percorso di conversione all’ebraismo. Ragazzi che studiano per 12 mesi, leggono le sacre scritture e seguono le lezioni di Barbara Aiello, per poi sostenere un esame finale ed essere riconosciuti come membri della comunità giudaica. A consacrare il loro passaggio spirituale a questa nuova confessione sarà la tevilah, l’immersione completa del corpo nell’acqua, una pratica rituale che in Calabria di solito viene svolta sulle coste del Mar tirreno.
La rabbina, oltre ad essere un ministro di culto, da tempo ha avviato una ricerca sulle antiche tradizioni e sulla storia dei piccoli borghi calabresi, nel tentativo di ricostruire il percorso che il suo popolo ha avuto in questa regione. Finora ha individuato le testimonianze della civiltà ebrea in circa 200 paesi in tutto il territorio regionale. I nomi delle vie, i cognomi degli abitanti, l’eredità dei mestieri artigiani e infine alcune le usanze popolari riportano, secondo la rabbina, alla stessa matrice culturale: quella degli ebrei di Calabria. Uno storico, Vincenzo Villella, che collabora e organizza incontri sul tema insieme a lei, è stato il primo a scrivere un libro sull’argomento “Giudecche di Calabria. Breve storia degli ebrei in terra calabra dall’accoglienza all’espulsione”.
LA RABBINA AI CALABRESI «Questa regione è il nostro paradiso, abbiamo tradizioni e radici profonde, e molte persone che vivono qui non sanno di avere origini ebraiche. Io darò a loro l’opportunità di imparare la storia degli ebrei, perché è una storia grande, e davvero molto importante per tutti i calabresi». (redazione@corrierecal.it)
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