ROMA Dopo le sconvolgenti dichiarazioni del collaboratore di giustizia Antonio Cossidente, che avrebbe appreso da Emanuele Mancuso l’atroce dinamica della morte e della distruzione del cadavere di Maria Chindamo, “Chi l’ha visto?” torna ad occuparsi del caso.
La ricostruzione fatta dal programma di approfondimento in onda su Rai3 offre ulteriori particolari rispetto alle dichiarazioni del pentito lucano. Secondo Cossidente, la “colpa” di Maria Chindamo sarebbe stata quella di essersi rifiutata di cedere i propri terreni a Salvatore Ascone, che a più riprese ha negato il proprio coinvolgimento nella vicenda. I suoi terreni sono confinanti a quelli dei Chindamo, e il suo era già tornato più volte.
«IO CI SPERO NELLA CALABRIA» La figlia media di Maria Chindamo, Federica, racconta le sue impressioni dopo aver appreso le recenti dichiarazioni di Cossidente. «Fanno venire i brividi. – racconta – Appena ho letto quelle parole ho immaginato la scena nella mia testa ed è stato terribile».
Negli occhi si legge il dolore per la prematura scomparsa dei genitori, ma anche la determinazione di chi non si arrende e cerca ancora verità: «Ho trovato la forza nei valori della mia famiglia, nelle risate di mia sorella, nelle parole di nonna Pina. Mia sorella si è ritrovata piccolissima senza mamma e papà e spesso si domanda il perché. Anche per lei voglio chiedere che si sappia la verità». Federica studia giurisprudenza e il suo sogno è diventare magistrato: «Io ci spero nella Calabria. Io so che stanno cambiando tante cose, tante ne devono ancora cambiare, ma stanno cambiando tante cose».
In seguito vengono ricostruite le dinamiche del caso, dalla manomissione delle telecamere a presidio della proprietà dello stesso Ascone, fino alle dichiarazioni di Vincenzo Chindamo e degli operai dell’azienda, tra i primi a giungere sul posto subito dopo la scomparsa avvenuta lo scorso 6 maggio 2016.
«Io sono distrutta: sono quasi 5 anni. Non so come questi ragazzi, questi figli, possano andare avanti», dice con voce rotta la madre dell’imprenditrice. C’è una Calabria oscura, capace ancora delle più efferate atrocità e c’è una Calabria che vuole risorgere. «Chiediamo verità – aggiunge il fratello Vincenzo – lo chiede tutta la nostra comunità, le persone perbene che si sono stancate di vivere in un territorio dove c’è un tribunale clandestino che giudica una donna e la condanna a morte».
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