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Abramo CC, dalla crisi alla cessione. «Abbiamo sempre tenuto fede a quanto annunciato»

La chiusura delle sede di Lamezia, l’emergenza Covid-19 e la crisi aziendale iniziata dal 2018. Il futuro della società e del call center calabrese è legato alla cessione all fondo irlandese “Herit…

Pubblicato il: 25/01/2021 – 10:06
Abramo CC, dalla crisi alla cessione. «Abbiamo sempre tenuto fede a quanto annunciato»

di Giorgio Curcio
LAMEZIA TERME «La crisi della società nasce a fine 2018 e si sviluppa nel 2019 ed è stata causata da un drastico e repentino calo del fatturato: meno 35% 2019 verso 2018. Il bilancio 2019 è stato chiuso con una perdita di oltre 7 milioni di euro e questo ha spinto l’imprenditore a rivolgersi all’esterno per trovare qualcuno che avrebbe potuto guidare il risanamento. E così è andata». A tracciare il percorso intrapreso dalla Abramo Customer Care è il dg, Giovanni Orestano, in un’intervista rilasciata al Corriere della Calabria. L’azienda, leader nel settore dei call center, e fondata dall’imprenditore Giovanni Abramo nel 1997 a Crotone. Ha una previsione di fatturato di gruppo per il 2020 di circa 100 milioni di euro, occupa oggi in Italia più di 4mila persone, di cui circa 3mila solo in Calabria nei tre siti di Cosenza, Catanzaro e Crotone. Le altre sedi sono a Roma, Palermo e Catania.
L’ABBANDONO DI LAMEZIA Ma, come noto, il 2020 è stato un anno particolarmente complesso, a cominciare dal progressivo abbandono della sede di Lamezia: «L’anno scorso – spiega Orestano – è stato davvero “particolare”, molto complesso e difficile per la Abramo Customer Care. Per quanto mi riguarda sono entrato in azienda il primo aprile 2020, assunto dalla famiglia Abramo per risanare e poi rilanciare l’azienda attiva nei servizi di Contact Center.  La decisione reciproca risale a febbraio, quindi in un momento ancora pre-Covid. Sapevamo che sarebbe stata un’impresa per niente facile e la pandemia ha reso tutto ancora più complicato. Come ho avuto modo di dire già in diverse occasioni, la crisi della società nasce a fine 2018 e si sviluppa nel 2019. La chiusura della sede di Lamezia è una delle azioni che abbiamo messo in campo per ridurre i costi. Meno sedi meno costi di gestione. Abbiamo anche abbandonato la sede siciliana di Enna e abbiamo accorpato le due sedi di Catanzaro, puntando su quella di Settingiano. Azioni che facevano parte del piano industriale approvato dalla proprietà e che io, insieme al mio team, abbiamo cominciato a realizzare a partire da maggio».
«UN SETTORE SEMPRE IN CRISI» Una crisi che, di fatto, è lo specchio di un settore, quello dei call center, in continuo mutamento e sempre soggetto a una concorrenza che si potrebbe definire quasi spietata. A cominciare dai prezzi al ribasso delle commesse e alle difficoltà delle aziende committenti a rispettare spesso gli accordi. «La spietata concorrenza sul prezzo – spiega al Corriere della Calabria Orestano – è un fenomeno tipicamente sudeuropeo, italiano in particolare. Altra caratteristica italiana è la limitata concentrazione lato offerta di servizi di Business Process Outsourcing, così si definisce il nostro settore. Ci sono numerose società che si fanno la concorrenza puntando spesso soltanto sul prezzo». «Uno dei motivi ritengo sia da ricercarsi nei nostri committenti e in particolare nel posizionamento dei servizi di gestione clienti all’interno delle strategie aziendali: una cosa necessaria ma non veramente utile a creare valore. Un costo da sostenere ma da comprimere tra le prime voci nel momento del bisogno. Questo almeno fino a qualche anno fa, quando i contratti hanno cominciato a prevedere anche elementi di premialità legati all’aumento della propensione di spesa dei clienti gestiti, alla riduzione dei tassi di abbandono e/o migrazione della clientela verso i concorrenti, fino ad approdare a modelli cosiddetti di gestione “end to end”, quella cioè di una fetta di clientela dal momento dell’acquisizione fino al momento della cessazione. Il fornitore in questo caso non viene remunerato con il classico prezzo per quantità ma in base al valore che riesce a creare rispetto ai clienti affidati dal proprio committente. Insomma se è bravo riesce a guadagnare di più. Questa è una delle soluzioni per uscire dal guado del prezzo inferiore al costo del personale, situazione in cui paradossalmente talvolta ci veniamo a trovare».

Abramo CC Lamezia
L’ex sede della Abramo CC nell’area ex-Sir di Lamezia

MORAL SUASION «Altra soluzione – spiega Orestano – è una “vigilanza” da parte dello stato attraverso le autorità garanti la concorrenza e/o i diversi ministeri che si occupano del nostro settore: Ministero del Lavoro, Ministero dello Sviluppo Economico, Vigilanza che si dovrebbe trasformare in quello che viene chiamata “moral suasion”, influenza morale nei confronti dei committenti a non accettare offerte che vadano sotto la soglia del costo del lavoro. Personalmente non credo che andremo verso un indirizzo esplicito da parte del governo con tabelle che in modo direttivo regolamenteranno i prezzi per le diverse attività, ma posso testimoniare che si comincia a percepire qualche effetto di questa forma governativa di persuasione e qualche indicazione, ripeto non dispositiva, comincia a circolare».
L’EMERGENZA COVID-19 Ad incidere negativamente, così come è accaduto per numerose altre aziende, è stata la pandemia da Covid-19: «La pandemia – ci spiega Orestano – ha influito moltissimo sia in termini di fatturato che di costi anche se ho già detto che la crisi di Abramo nasce prima del 2020. In termini di risultati chiuderemo quest’anno con perdite quasi dimezzate rispetto allo scorso anno ma credo che avremmo potuto fare meglio in condizioni di normalità. Fortunatamente, non abbiamo avuto interruzioni di attività, dal momento che gestiamo servizi che sono considerati di pubblica utilità. La crisi ha prima di tutto colpito i nostri committenti e questo ha avuto ripercussioni negative sui risultati aziendali, soprattutto in termini di volumi di traffico gestiti». «D’altro canto – spiega – abbiamo però potuto beneficiare del FIS (fondo di integrazione salariale), una cassa integrazione dedicata alla crisi da COVID-19, messa a disposizione dallo stato, che permette di ridurre temporaneamente il costo del lavoro. Il massiccio ricorso allo Smart Working, lo spostamento del personale dalle sedi a casa propria, pur avendo avuto un impatto negativo in fase iniziale a causa dei costi infrastrutturali e organizzativi che abbiamo sostenuto, ci ha permesso di ridurre il numero di sedi e quindi di risparmiare sugli affitti e sui costi di gestione degli edifici».
LA CESSIONE E L’UNICA OFFERTA Quella della Abramo Customer Care è, dunque, una realtà ultraventennale in Calabria. Da qualche settimane, però, l’azienda ha chiesto e ottenuto il concordato e all’orizzonte c’è un nuovo fondo pronto a rilevare il ramo aziendale: «L’offerta pervenuta proviene proprio da Heritage Ventures Limited, un fondo di investimenti irlandese, società che ha già creduto in diversi progetti industriali in Italia, anche nel nostro settore, ed ha una fortissima connotazione tecnologica. Questa offerta è oggi in fase di valutazione da parte della proprietà e del tribunale. Premesso che questa è l’unica offerta concreta pervenuta e che la maggior parte delle società leader del mercato italiano sono oggi possedute da fondi di investimenti italiani ad esteri, abbiamo valutato positivamente una simile ipotesi di lavoro e la stiamo sviluppando con grande determinazione insieme ai nostri legali e consulenti, incaricati di elaborare il piano concordatario. L’attesa è che il tribunale possa esprimersi sulla bontà o meno dell’offerta in tempi rapidi, in modo da ridurre le incertezze che hanno effetti negativi sul mercato e sui dipendenti e permettere l’avvio esecutivo del processo di integrazione e sinergie con le altre società del gruppo. In ogni caso ciò dovrà avvenire entro il primo di marzo, data limite stabilita dal Tribunale di Roma per presentare il piano concordatario».
La protesta di sindacati e lavoratori a Roma

«ABBIAMO ASSICURATO LA CONTINUITA’ CONTRIBUTIVA» Il percorso, dunque, è tracciato. «Ma, spiega ancora Orestano – nonostante la situazione di incertezza e preoccupazione, le persone hanno continuato a lavorare, e, nella maggior parte dei casi, anche meglio e più di prima. Non ci sono state proteste e conflittualità. Abramo ha quindi continuato a fornire servizi di qualità ai propri clienti con incrementi di attività gestite nel periodo natalizio. Questo è accaduto anche perché, al di là delle retribuzioni pre-concordato – che, ricordo, non erogate perché debito pregresso rispetto alla data di deposito e quindi congelate in attesa della conclusione del concordato stesso – abbiamo assicurato continuità retributiva, stando bene attenti a ridurre al minimo il disagio delle persone. Il cambiamento delle tempistiche di pagamento ha generato qualche dubbio e perplessità ma abbiamo sempre tenuto fede a quanto annunciato: il 13 gennaio abbiamo disposto, come promesso, i bonifici dei saldi integrali di dicembre, dando riscontro positivo a chi aveva manifestato dubbi sull’effettivo pagamento delle ore straordinarie di dicembre. In estrema sintesi: tutte le spettanze maturate dai dipendenti dall’inizio del concordato sono state liquidate; non ci sono mancati pagamenti o pagamenti parziali. Nei prossimi giorni comunicheremo i tempi e le modalità del pagamento delle retribuzioni di gennaio. L’ottica di breve periodo è dovuto al bisogno di conciliare il costo complessivo delle retribuzioni (circa 4 milioni di euro al mese) con gli incassi dei nostri clienti. Essendo ancora in una situazione di perdita la gestione dei flussi di cassa è una delle attività più delicate oggi e richiede anche la disponibilità da parte dei clienti ad aiutarci, anticipando pagamenti rispetto alle scadenze previste».
«IL FUTURO? SONO OTTIMISTA» «Abbiamo raccolto interesse – ci racconta infine il dg della Abramo CC – riguardo al patrimonio di conoscenze e competenze oggi presenti e frutto di un’innegabile storia di successo, stiamo lavorando con il mondo istituzionale, politico e sindacale per un obiettivo comune e abbiamo la possibilità di entrare a far parte di un gruppo forte dal punto di vista finanziario e industriale. E’ vero che le difficoltà sono tante e che ci sono anche punti di vista diversi e alternativi rispetto al progetto che stiamo seguendo, cioè di una cessione complessiva dell’intero perimetro attuale, ma voglio credere che l’impegno, la determinazione e la competenza delle persone impegnate alla realizzazione di quanto illustrato possano fare la differenza ed essere gli ingredienti giusti per riuscirci, partendo proprio dalla Calabria. Certo le sfide che dovremo in ogni caso affrontare sono e restano quelle tracciate anche dal precedente piano industriale: internazionalizzazione, diversificazione settoriale, innovazione e tecnologia oltre ad una attentissima gestione dei costi. Il tutto partendo da quello che siamo oggi, un’azienda con forti radici locali situate proprio in Calabria». (redazione@corrierecal.it)

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