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le minacce

Manda teste di capretto per non pagare un debito, arrestato imprenditore di Lamezia

Condannato a versare 480mila euro, prova a intimidire i creditori. In manette il 51enne Paolo Cosentino. «Metodi tipici della ‘ndrangheta»

Pubblicato il: 01/04/2021 – 17:23
Manda teste di capretto per non pagare un debito, arrestato imprenditore di Lamezia

LAMEZIA TERME Gli agenti della Squadra mobile di Roma, in collaborazione con la Squadra mobile di Catanzaro, hanno dato esecuzione all’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, emessa dal gip del Tribunale di Roma, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di Paolo Cosentino, 51anni, ritenuto responsabile, in concorso con persone non identificate, di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Le teste di capretto mozzate

Le indagini iniziano nel gennaio 2019, quando un pensionato e suo figlio, proprietari di alcuni terreni, ricevono presso le proprie abitazioni due pacchi, contenenti ognuno una testa di capretto mozzata, scuoiata, insanguinata e avvolta nel cellophane.
Il messaggio legato a questi pacchi, inviato con modalità tipicamente mafiose, oltre a intimorire i destinatari, richiama immediatamente alle loro menti le problematiche legate a una controversia civile pendente con una famiglia calabrese di costruttori, i Cosentino, titolari di una società immobiliare. La società, infatti, aveva costruito alcuni villini a Roma su un terreno di proprietà dei due soggetti, non ottemperando poi agli obblighi contrattuali, come giudizialmente accertato dal Tribunale Civile di Roma che aveva disposto, a favore di padre e figlio, la titolarità di tre villini e un risarcimento pari a 480mila euro. I due, a seguito all’inadempimento dei Cosentino, erano stati peraltro costretti ad avviare una procedura esecutiva.

La controversia

Dall’attività di indagine immediatamente intrapresa, è emerso che nel novembre 2018, Paolo Cosentino si era recato presso lo studio legale che seguiva tale procedura, proponendo – per chiudere la controversia – 150mila euro, somma nettamente inferiore rispetto a quella stabilita dal Tribunale. Peraltro, l’analisi dei tabulati telefonici aveva restituito una serie di contatti tra il Cosentino e una delle parti offese, avvenuti subito dopo l’emissione della sentenza del Tribunale di Roma e verosimilmente finalizzati a chiudere la controversia a condizioni più sfavorevoli di quelle lì statuite. Inoltre, si appurava che sempre il Cosentino – a riprova del chiaro intento di non voler pagare quanto dovuto – aveva acquistato il credito ipotecario di 1° grado di una banca, gravante su uno dei tre villini (peraltro locato ad una terza persona) e aveva iscritto un credito per prestazioni professionali di 300mila euro sulla base di un atto di riconoscimento di debito da parte della società immobiliare calabrese, con l’evidente finalità di impedire dolosamente la possibilità di recupero dei villini e delle somme dovute a titolo di risarcimento del danno.

La trattativa e la lettera minatoria

A seguito della ricezione dei pacchi contenenti le teste di capretto, in preda ad una forte agitazione legata al timore per quanto accaduto, il figlio comunica al proprio avvocato di voler accettare la proposta transattiva, anche se sfavorevole. Dalle telefonate intercettate, traspare con tutta evidenza lo stato di sottomissione dell’intera famiglia che, però, non si decide a cedere alla proposta. A causa del prolungarsi di questa indecisione, nel marzo 2019 viene recapitata ad una delle vittime, una missiva anonima dal contenuto minatorio e con un chiaro riferimento a possibili atti lesivi nei confronti suoi e della sua famiglia.

Il tentativo di nascondere le tracce

Gli accertamenti sulla lettera e le attività tecniche di intercettazione telefonica, consentivano di individuare in Paolo Cosentino il reale mittente della missiva minatoria, affidata ad un terzo soggetto affinché venisse spedita da un luogo diverso rispetto a Lamezia Terme, al fine di eludere le eventuali verifiche. Che sia proprio Cosentino l’autore materiale dell’intimidazione, emergerebbe chiaramente dalle conversazioni intercettate: in una, l’uomo chiede notizie al soggetto circa la spedizione della lettera, nell’altra, la terza persona si lamenta di essere stata usata per spedire una lettera a Roma; l’interlocutore comprende immediatamente i destinatari della missiva e fa riferimento all’acquisto dell’ipoteca da parte dell’imprenditore lametino, confermando ulteriormente quanto ricostruito nel corso dell’indagine.

Modalità tipiche della ‘ndrangheta

È in questo quadro di forte intimidazione che si inseriscono le condotte di Cosentino, soggetto con elevata e raffinata capacità criminale, finalizzate a ingenerare uno stato di assoggettamento e timore, con modalità proprie delle associazioni mafiose, in questo caso “ndranghetistiche”, allo scopo di tutelare gli interessi del suo gruppo familiare e costringere la parte offesa ad accettare un accordo sfavorevole. L’invio delle teste di capretto mozzate e della lettera anonima quali messaggi finalizzati ad ingenerare, nelle controparti della controversia giudiziaria, uno stato di assoggettamento ed omertà, infatti, integra nei confronti di Cosentino l’aggravante dell’avere agito con metodo mafioso, attraverso l’impiego di modalità d’azione e della forza intimidatrice tipiche della ‘ndrangheta.

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