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l’interrogatorio

«Cinquemila euro per uccidere un vecchietto». Le verità del pentito sull’autobomba

I primi verbali di Walter Loielo davanti ai magistrati della Dda. L’offerta dei Mancuso (ma non dice quali) per risolvere i problemi con i Vinci

Pubblicato il: 04/04/2021 – 13:37
di Alessia Truzzolillo
«Cinquemila euro per uccidere un vecchietto». Le verità del pentito sull’autobomba

CATANZARO Si è seduto per la prima volta davanti ai magistrati della Dda di Catanzaro il 28 settembre 2020, Walter Loielo, detto “Batteru”, 26 anni, figlio di Antonino Loielo, scomparso nel nulla nel 2017. Loielo, che è accusato dell’occultamento del cadavere del padre (per il cui omicidio è indagato il fratello Ivan) ha dato un decisivo contributo nel ritrovamento del cadavere, sepolto tra i boschi di località Ariola di Gerocarne.

Cinquemila euro per uccidere un vecchietto in campagna

Ma un altro forte contributo Loielo lo ha dato anche per quanto riguarda un altro gravissimo caso che ha insanguinato le strade di Limbadi il 9 aprile 2018: l’autobomba che ha provocato la morte di Matteo Vinci, 42 anni, biologo, e ha quasi ucciso suo padre Francesco. Il 12 dicembre 2020 – come ha anticipato questa mattina il Quotidiano del Sud – , Walter Loielo racconta di avere ricevuto un’imbasciata da Antonio Criniti e dal cognato Filippo che si erano recati a casa sua offrendogli, da parte dei Mancuso (senza specificare quali Mancuso) una somma di denaro per uccidere un vecchietto. Un lavoro facile: «La cosa sarebbe stata facile, in quanto si trattava di uccidere un vecchietto in campagna», racconta il collaboratore.
«… mi davano – racconta Loielo – 5.000 euro per uccidere un vecchietto in campagna a Limbadi. lo non ho accettalo perché 5.000 erano pochi e perché già sapevano tutti quello che avrei dovuto fare. Non so dire il nome di questo vecchietto perché non me lo hanno detto, non avendo accettato l’incarico. Successivamente parlai di questa cosa con Giuseppe Salvatore Mancuso (figlio di Pantaleone “l’Ingegnere” e fratello del collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso, ndr) quando era latitante, nel 2019: io gli dissi che sicuramente la persona che volevano che io uccidessi era il vecchietto avevano già hanno messo la bomba e Giuseppe Mancuso mi disse che sicuramente era stato il cognato di questi suoi parenti a voler fare tutto di nascosto…».
Una cosa è certa: la richiesta di uccidere il vecchietto in campagna era precedente all’attentato con l’autobomba e lo stesso Loielo ipotizzò che «la vittima dell’attentato propostomi potesse corrispondere al vecchietto ferito con la bomba», ovvero Francesco Vinci, vero bersaglio dell’attentato, secondo la ricostruzione delle indagini fatte dalla Dda. Anche perché il “vecchietto” era già stato vittima di un tentato omicidio poco prima dell’episodio dell’autobomba.
Alla base del fatto di sangue ci sarebbe, infatti, la contesa di un terreno che faceva gola ai vicini Di Grillo-Mancuso, oggi imputati nel processo dell’autobomba, ovvero Domenico Di Grillo, la moglie Rosaria Mancuso (detta ‘Mbrogghia), il genero Vito Barbara e la figlia Lucia Di Grillo.
Loielo racconta di conoscere Criniti, «soggetto di Soriano Calabro che frequentava mio fratello Ivan Loielo e che, successivamente, ho avuto modo di conoscere anche io». Walter Loielo racconta inoltre che Criniti era vicino alla sua articolazione criminale (i Loielo di Soriano Calabro) e che li aiutava con i furti d’auto e altre attività illecite. A chi si riferisce Giuseppe Salvatore Mancuso quando parla del cognato che aveva preso l’iniziativa senza sentire il parere della famiglia?
«Non saprei dire a chi alludesse», dice Loielo.
I Mancuso vengono definiti «quelli di là sotto».
«Non so se la decisione di rivolgersi a me, per commettere l’omicidio, fosse stata presa autonomamente da Criniti, ovvero il mio nome fosse stato espressamente indicato da quelli di là sotto (ossia dai Mancuso)», specifica Loielo. Il prossimo 27 aprile Walter Loielo racconterà in aula quello che sa di quanto accaduto in quei terribili giorni. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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