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Il processo

Rinascita Scott, Mantella: «Le talpe nelle forze dell’ordine a disposizione dei clan»

Dalla soffiata sulle microspie all’informazione sui sequestri. Le gole profonde che avvertivano le cosche vibonesi

Pubblicato il: 11/05/2021 – 21:18
di Alessia Truzzolillo
Rinascita Scott, Mantella: «Le talpe nelle forze dell’ordine a disposizione dei clan»

LAMEZIA TERME All’inizio lo ha denominato Altamura per poi correggersi e specificare che la “talpa” che dava le informazioni e le soffiate al gruppo Mantella era Antonio Ventura, carabiniere, imputato nel processo. A giovare delle informazioni del militare «in servizio al Nucleo investigativo dei carabinieri» sarebbero stati anche «i Piscopisani, la famiglia Bonavota, Paolino Lo Bianco e Diego Bulzomì», ha raccontato il collaboratore di giustizia nel corso dell’udienza al processo Rinascita-Scott. Una conoscenza, quella con Ventura, che risale al 2003 quando il carabiniere gli si presentò in compagnia di un contadino di Stafanaconi per chiedergli la cortesia di non far sconfinare i suoi animali nei terreni coltivati dai contadini. Da quell’occasione il carabiniere avrebbe poi preso a dargli informazioni anche se non stava sul libro paga della cosca. Il perché Mantella non sa spiegarlo. Da Ventura, Mantella avrebbe saputo di essere sotto intercettazione, di pedinamenti, delle attente osservazioni che riceveva quando ritornava a Vibo dai suoi soggiorni nella clinica cosentina “Villa Verde”. Ma gli agganci delle cosche con pezzi delle istituzioni sarebbero stati più ampi e provenienti da «un cugino di Francesco Michelino Patania, che guidava l’auto di un questore» e da entrature di Mario Lo Riggio delle quali Mantella non conosce l’identità anche se sarebbe stato proprio Mario Lo Riggio a informarlo del sequestro patrimoniale che gli avrebbero fatto e che avrebbe interessato la sala giochi “Il diamante” e una ditta della “Vibo Carni”. Non solo. C’era anche un carabiniere del Goc a dare informazioni al clan di Mantella e anche «l’avvocato Galati». Secondo Mantella, inoltre, l’ex procuratore di Vibo Laudonio (non è imputato né indagato), era in contatto con «Pantaleone Mancuso, alias Vetrinetta».

Clan ed elezioni

Torna l’argomento clan e appoggi elettorali nelle parole del collaboratore di giustizia Andrea Mantella che sta rendendo esame nel corso del processo “Rinascita-Scott”. Interrogato dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Antonio De Bernardo, Mantella ha parlato delle elezioni comunali e regionali tra il 2003 e il 2010 e di come le cosche vibonese avrebbero gestito gli appoggi elettorali.
Mantella torna a pronunciare nomi già fatti nel corso delle precedenti udienze. Sarebbero stati sponsorizzati dalla cosca Lo Bianco Barba di Vibo Valentia Nazzareno Salerno considerato «referente politico», e anche Valerio Grillo, ed Elio Costa. Secondo Mantella «Hanno buttato dentro il Comune anche Antonio Curello, Domenico Evalto». Tutti nomi di persone non imputate né indagate nel processo Rinascita. Dichiarazioni sulle quali – se ritenute di interesse – sono necessari i dovuti riscontri. Così come non risulta indagato l’avvocato Talarico al quale la cosca avrebbe fornito il suo appoggio. «Nell’autosalone del suocero di Talarico, Franco Ceravolo» Mantella racconta di essere stato presente mentre si parlava di voti da raccogliere con Paolo D’Elia, Paolino Lo Bianco, Franco Barba e il cognato di Saverio Razionale.
Mantella afferma di avere chiesto ai propri familiari e conoscenti di votare per Talarico. L’avvocato, dice il collaboratore, lo avrebbe aiutato con il maresciallo di Sant’Onofrio quando gli venne sequestrato il gregge: «Alla fine gli animali mi furono restituiti».

Le regionali del 2010

A chiedere i voti per Peppe Scopelliti per le regionali del 2010 a tutte le famiglie di ‘ndrangheta sarebbe stato Michele Palumbo, braccio destro di Pantaleone Mancuso alias “Scarpuni”. Messa da parte ogni acredine le famiglie, era l’ordine, dovevano votare per Scopelliti (anche l’ex governatore non è indagato né imputato). Mantella ricevette da Palumbo «30mila euro e ne diedi la metà a Domenico Camillò, appartenente a una famiglia di ‘ndrangheta numerosa». L’operazione di sponsorizzazione di Scopelliti, con tanto di investimento di denaro, sarebbe stata voluta dai De Stefano di Reggio Calabria. Mantella ricorda che nel 2010 era candidato anche Agazio Loiero il quale «aveva una forte rete di amicizie». (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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