CATANZARO È stata emessa oggi la sentenza delle Corte di d’Appello di Catanzaro, presieduta da Fabrizio Cosentino (Ippolita Luzzo e Domenico Commodaro consiglieri), nel processo contro il clan Soriano di Filandari, nel Vibonese, riformulata a seguito dell’annullamento con rinvio da parte della Cassazione (in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Vibo dello scorso 28 maggio 2014), nato dall’inchiesta “Ragno”, scattata nel novembre del 2011.
La Corte d’Appello ha così condannato Leone Soriano a 13 anni e 5 mesi di reclusione (l’accusa aveva chiesto 16 anni e 3 mesi) e Giuseppe Soriano, figlio dello scomparso Roberto Soriano, a 13 anni e 10 mesi di reclusione (l’accusa aveva chiesto 14 anni). Inflitti, invece, 11 anni di reclusione a Gaetano Soriano, fratello di Leone, e per il quale l’accusa aveva chiesto 16 anni e un mese. Condannata a 3 anni e quattro mesi di reclusione Graziella Silipigni, madre di Giuseppe Soriano. Sono stati invece assolti Carmelo Soriano (l’accusa aveva chiesto 13 anni e sei mesi di carcere) e Francesco Parrotta per il quale l’accusa aveva chiesto 9 anni e 8 mesi di reclusione. I due imputati, Giuseppe Soriano e Graziella Silipigni, sono stati condannati al risarcimento nei confronti di Domenico Deodato, parte civile. Inoltre Leone e Gaetano Soriano sono stati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici, Graziella Silipigni per cinque anni.
L’inchiesta “Ragno” ha permesso di ricostruire – coordinata dall’allora pm della Dda di Catanzaro, Giampaolo Boninsegna, e condotta sul campo dai carabinieri della Stazione di Vibo guidati dall’allora comandante Nazzareno Lopreiato – gli affari e gli assetti della “famiglia” Soriano di Pizzinni di Filandari. A maggio del 2015 la Corte d’Appello aveva ribaltando gran parte delle assoluzioni emesse l’anno prima dal Tribunale di Vibo, presieduto da Fabio Regolo.
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