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lo sgombero

Reggio, l’ex Polveriera e la periferia divenuta discarica. «Alloggi idonei negati alle famiglie»

Esecutivo lo sgombero di alcune baracche nel Rione Ciccarello, ma due famiglie restano senza casa. «In 13 per un solo appartamento»

Pubblicato il: 08/07/2021 – 7:43
di Francesco Donnici
Reggio, l’ex Polveriera e la periferia divenuta discarica. «Alloggi idonei negati alle famiglie»

REGGIO CALABRIA Nell’ultimo periodo, il Rione Ciccarello, nella periferia di Reggio Calabria, ha più volte richiamato l’attenzione attraverso le nubi nere dei rifiuti accumulati e incendiati ai bordi delle strade.
Basta imboccare i diversi svincoli della statale per capire che ogni zona di Reggio è una città a sé. E le periferie, le “città invisibili”, sono in qualche modo diventate la discarica del centro, del visibile.
A Ciccarello non bisogna fare molta strada per imbattersi nei cumuli di spazzatura, che per via delle temperature elevate di questi giorni rendono l’aria irrespirabile. Sulla facciata esterna di uno dei primi palazzi si legge la scritta “la Mafia e lo Stato”. Sta tutta in quell’accento assente, per volontà o per errore, l’alternativa che attanaglia quanti abitano quelle zone e si sentono dimenticati dal resto del mondo. «Siamo abusivi non per nostra scelta. Chi ci dovrebbe rappresentare non considera questi luoghi». Alessandro ha 27 anni. È nato e cresciuto a Ciccarello, in uno degli alloggi appena fuori dall’area dell’ex Polveriera. Mostra le crepe nei muri, una fogna a cielo aperto appena dietro casa, i topi che si fanno strada tra i liquami: «Si può vivere così?»

In quell’area vivono da alcuni decenni diverse famiglie, la maggior parte di etnia Rom. Lui non fa parte dei nuclei familiari ai quali il Comune, proprio in questi giorni, ha intimato lo sfratto. Lo sgombero coatto riguarda l’area demaniale, interna al perimetro dell’ex Polveriera. Le autorità arriveranno per un sopralluogo proprio oggi, 7 luglio «e troveranno la resistenza passiva delle famiglie che vogliono sia garantita loro una alternativa di vita dignitosa. La stessa che chiediamo da sempre, senza ricevere risposta».

Il protocollo per la ricollocazione delle famiglie negli immobili confiscati

Per arrivare alle baracche bisogna attraversare quella che all’apparenza sembra un’enorme discarica. Carcasse di auto bruciate, vecchi elettrodomestici, rifiuti speciali smaltiti senza alcun criterio.
«La Polizia Municipale passa diverse volte al giorno per fare i controlli. La sera, di solito, vengono alle 23 e appena se ne vanno, la gente viene qui a scaricare i rifiuti», dicono alcuni dei residenti.
«Nel 2014 l’area era stata bonificata alla presenza del prefetto Michele di Bari (ex prefetto di Reggio Calabria, ndr) ma poi – aggiunge Alessandro – non si è fatto nulla. Se fossero intervenuti subito forse avremmo evitato questa ricaduta».
Un successivo intervento si avrà qualche anno dopo e culminerà, nel 2018, nella stipula del protocollo d’intesa per la realizzazione del progetto “Ex polveriera: dall’emergenza abitativa alla legalità percepibile”.

Sottoscrittori dell’accordo sono l’Anbsc (Agenzia nazionale beni sequestrati e confiscati), il tribunale, la prefettura e il Comune di Reggio. L’intenzione era quella di ricollocare i nuclei familiari stipati nelle baracche dell’ex Polveriera di Ciccarello, in alcuni immobili confiscati presenti in città. «Il Comune di Reggio Calabria – era scritto nelle premesse – nella restituzione alla pubblica fruizione dei beni confiscati ed acquisiti al patrimonio indisponibile dell’Ente, ha privilegiato la destinazione degli stessi alla risoluzione delle criticità sociali con particolare riferimento all’emergenza abitativa, anche attingendo a risorse pubbliche all’uopo destinate».
Già all’epoca Palazzo San Giorgio aveva ottenuto una serie di ordinanze di sgombero «a cui tuttavia non è stato possibile – si leggeva nelle considerazioni – dare concreta esecuzione per la difficoltà di trovare un’idonea collocazione, anche temporanea, alle famiglie come sopra censite». Alcuni dei residenti nell’area vennero trasferiti, altri sono rimasti fino ad oggi.

Lo sgombero coatto senza individuazione di idonea collocazione

Nel frattempo sono passati circa tre anni nei quali le emergenze si sono accavallate sommandosi tra loro. Il Comune di Reggio, nella persona dell’assessore Rocco Albanese (che non ha rilasciato dichiarazioni sulla vicenda) delegato alle “Manutenzioni, Politiche Abitative ed Edilizia Residenziale Pubblica, Dismissione e valorizzazione del patrimonio, Protezione Civile”, è tornato a chiedere lo sgombero senza indicare per i residenti quell’“idonea collocazione” a cui si accennava già nel protocollo. «L’assessore ha annunciato che procederanno allo sgombero coatto, alla demolizione delle baracche» commenta Giacomo Marino a nome dell’“Osservatorio sul disagio abitativo” e dell’associazione “Un mondo di mondi”. Sono diverse le altre sigle che fanno parte dell’Osservatorio: “Csoa Angelina Cartella”, “Reggio non tace”, “Ancadic”, “Società dei territorialisti Onlus”, “Collettivo AutonoMia”. E nonostante abbiano deciso di mettere insieme le forze per tutelare il diritto alla casa delle famiglie nell’area dell’ex Polveriera, i loro appelli non hanno trovato risposta da parte del Comune.

A farne le spese, già oggi, potrebbero essere due nuclei familiari. «Il primo è quello di Giovanna, 81 anni – dice ancora Marino – che vive in queste baracche da mezzo secolo». Nell’ambito delle ricollocazioni dello scorso 2018 soltanto uno dei suoi due figli, Cosimo, era stato spostato in un bene confiscato, nella zona di Ravagnese. «Giovanna – spiegano dall’Osservatorio – secondo il Comune, non avrebbe diritto all’assegnazione di un nuovo alloggio perché il figlio, incluso nel suo stato di famiglia per pura necessità, ha già ricevuto l’assegnazione». In sostanza, sia Giovanna che l’altro figlio e rispettive famiglie, dovrebbero ora spostarsi in quello stesso immobile – assegnato al figlio Cosimo nel 2018 – che arriverebbe ad ospitare tre nuclei familiari.
«L’interpretazione della legge corrente – scrive l’Osservatorio – non considera lo stato di famiglia per le assegnazioni, ma il nucleo familiare. Se non fosse questa l’esatta interpretazione, nel 2018 il Comune non avrebbe assegnato l’alloggio a un altro nucleo familiare (quello di Cosimo, ndr) costituito negli anni 80, ma comunque inserito nello stesso stato di famiglia, pur vivendo in un’altra baracca».
«Siamo tre famiglie, 13 persone in tutto. Non possiamo dividere due camere da letto, due stanze e un bagno piccolo». Mimma è una 26enne madre di tre figli. Il più piccolo ha appena 10 mesi. Nata e cresciuta nell’area dell’ex Polveriera, insieme alla sua famiglia rischia lo sfratto. Anche in questo caso, la questione ruota intorno allo stato di famiglia, che comprende tre nuclei familiari ai quali il Comune destinerebbe due soli alloggi. «Se lo stato di famiglia contiene più nuclei – rimarca l’Osservatorio – ogni nucleo, a norma dell’articolo 7 della legge del 1996, n.32, deve risultare assegnatario di un alloggio. Con la procedura applicata, invece, il nucleo familiare di Mimma risulta di fatto escluso dall’assegnazione e dovrebbe “arrangiarsi” ad abitare nell’alloggio dei genitori».

Che lo sgombero e il recupero dell’area dell’ex Polveriera siano necessari, appare chiaro anche alle famiglie che abitano la zona da decenni. Ma proprio per questo chiedono di essere idoneamente ricollocate. «L’alternativa, a detta del Comune, è la strada o il quartiere Arghillà», come era emerso dall’interlocuzione coi delegati di Palazzo San Giorgio.
«Fare eventuale resistenza passiva all’atto dello sgombero significa richiamare l’attenzione sul problema. Che il Comune voglia riavviare il progetto del “parco urbano” per riqualificare l’area è un aspetto molto positivo – conclude Marino – ma il prezzo di questa iniziativa non può essere il diritto alla casa di intere famiglie. Fa male al cuore vedere uno Stato forte coi deboli e debole coi forti». (redazione@corrierecal.it)

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