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Catanzaro, false diagnosi e pazienti “indirizzate” a Napoli. A processo 4 medici del “Pugliese Ciaccio”

Il gup si è pronunciato sulle richieste di rinvio a giudizio. Le accuse sono di abuso d’ufficio, falso e truffa. Due gli indagati prosciolti

Pubblicato il: 14/07/2021 – 16:56
Catanzaro, false diagnosi e pazienti “indirizzate” a Napoli. A processo 4 medici del “Pugliese Ciaccio”

CATANZARO Quattro medici rinviati a giudizio e due prosciolti. È stata questa la decisione del gup del Tribunale di Catanzaro, Paola Ciriaco, che ha rinviato a giudizio Fulvio Zullo, in qualità di direttore del Dipartimento universitario di Ostetricia e Ginecologia dell’azienda ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro, fino al 2017, e consulente ginecologo/oncologo fino a tutto il 2019; Roberto Noia, dirigente di primo livello nel reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’azienda ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro; Menotti Pullano, medico specialista in Ostetricia e Ginecologia dell’azienda ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro; Roberta Venturella, responsabile del centro di Procreazione medicalmente assistita avviato nell’ospedale “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro. Per loro il processo avrà inizio il 19 aprile 2022.

Le accuse per gli imputati

Dovranno rispondere, a vario titolo, di abuso d’ufficio e falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale e truffa.
Secondo l’accusa, Zullo dal 2011 al 2017 avrebbe attestato diagnosi non veritiere in 12 piani terapeutici indicando falsamente che le pazienti erano affette da patologie rientranti tra quelle che consentono la prescrizione gratuita dei farmaci; avrebbe sottoscritto 94 piani terapeutici a favore di pazienti che non avevano mai fatto regolare accesso al reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale di Catanzaro traendo in inganno l’amministrazione con un danno economico superiore alle 62mila euro. Stesse accuse vengono mosse a Noia, per un danno complessivo calcolato in 4.644,95 euro. Zullo e Venturella, inoltre avrebbero emesso 281 piani terapeutici per 177 pazienti per il contrasto dell’infertilità e avrebbero indirizzato esplicitamente le pazienti, per le successive procedure di Procreazione medicalmente assistita, nelle cliniche Mediterranea di Napoli, dove operava fino al 2015 l’associazione “Capiello- Del Negro” ricondicubile allo stesso Zullo; nella casa di cura “Rueschi” di Napoli, dove Zullo riveste il ruolo di medico specialista. Il tutto nonostante la presenza di strutture pubbliche in Calabria che applicano le stesse terapie e la stessa creazione a giugno 2019 del centro per la Procreazione.
Fulvio Zullo, inoltre, avrebbe in più occasioni certificato nel registro cartaceo della facoltà di Medicina dell’Università Magna Graecia di Catanzaro la propria presenza mentre in realtà si trovava contestualmente nella sala operatoria del Pugliese-Ciaccio per interventi. Gli indagati sono difesi dagli avvocati Amedeo Bianco, Vincenzo Maiello, Giovanni Merante, Anselmo Mancuso, Francesco Iacopino.

Prosciolti

Prosciolti Saverio Miceli, dirigente medico presso il reparto ostetricie e ginecologia dell’azienda ospedaliera “Pugliese Ciaccio” e Andrea Gregorio Cosco, medico specialista in Ostetricia e Ginecologia dell’azienda ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro.
Il dottore Miceli, difeso dagli avvocati Enzo Ioppoli e Francesco Miceli, era accusato di aver sottoscritto tredici piani  terapeutici a favore di pazienti che non avevano fatto regolare accesso  al reparto di Ginecologia e Ostetricia del “Pugliese Ciaccio”,  inducendo in errore l’amministrazione circa la sussistenza dei  presupposti previsti dalla nota Aifa 74, nonché sulla regolarità delle procedure cliniche seguite per la relativa diagnosi. Il giudice dell’udienza preliminare ha recepito la tesi difensiva dei difensori che hanno dimostrato, con il  supporto di documentazione probatoria e una consulenza tecnica di  parte, come in tutti i casi il Dottore Miceli avesse seguito un iter  clinico-amministrativo perfettamente corretto e coerente con le metodiche mediche, iter che aveva portato le pazienti a beneficiare, avendone pieno diritto, dei paini terapeutici e, successivamente, a portare a termine le gravidanze. Cosco, difeso dall’avvocato Danilo Iannello, era accusato di avere sottoscritto piani terapeutici per un danno complessivo calcolato in 11.467,08 euro. Anche per lui ha prevalso la tesi difensiva. (ale. tru.)

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