LAMEZIA TERME Il calcio è passione, amore, odio. È tifo folle e incondizionato. E chi non afferra questi concetti se ne faccia una ragione: sarà sempre così, qualsiasi cosa accada. Ma il calcio è anche business, investimenti, progettualità. Punti di partenza imprescindibili per cercare di sviscerare e tentare di comprendere quello che i tifosi di Sambiase e Vigor Lamezia stanno vivendo in queste ultime settimane.
Proprio come in una visione biblica, in una profonda commistione tra sacro e profano, il calcio a Lamezia esiste ancora: morte e resurrezione. Certo, si è trasformato, forse trasfigurato ma c’è ancora ed è, appunto, più vivo che mai.
Quello a cui stiamo assistendo nel corso di questa tanto rovente quanto incredibile estate, è un processo inesorabile. Una gestazione con poco travaglio e che ha già partorito un team ben definito. Nel nome, nei colori, nella visione. Chi lo ha immaginato ha avuto il coraggio – e questo nessuno può negarlo – di concretizzarlo, di dare forma e sostanza un sogno che ancora, però, non tutti si sentono di condividere.
Una cosa è certa: il presidente Felice Saladini e il suo vice Ferraro si aspettavano una reazione diversa della città e dei tifosi. E, soprattutto, ben altro tipo di accoglienza da parte di quella classe politica che “anima” Lamezia Terme ma che non l’amministra e non la governa affatto. Alcuni dei consiglieri comunali – sospesi in attesa del voto di ottobre – in una fase cruciale per lo sport cittadino hanno deciso da che parte stare, inequivocabilmente. Una larga parte ha scelto di rompere gli indugi, di guardare oltre gli ostacoli e sposare l’ambizioso progetto. Gli altri, invece, hanno detto “no”. Punto e basta. Un po’ per l’appartenenza ai “vecchi” colori, un po’ per non tradire quei tifosi che rappresentano un importante bacino di voti. E poi c’è il sindaco (anche lui sospeso) che in un post tanto criticato ha espresso chiaramente il suo amore per i colori bianco-verdi ancora prima che l’Fc Lamezia Terme diventasse realtà.
Una classe politica ancora una volta incapace di segnare la strada maestra per Lamezia Terme. Una politica che diserta cene e incontri, si nasconde e che ancora una volta non unisce ma, al contrario, alimenta divisioni. Dimenticando di rivestire un ruolo di “garanzia” tra tifosi, cittadini lametini e le prospettive di crescita di un’intera città sotto un unisco simbolo, al di là della fede calcistica. Quel ruolo ricoperto, invece, che il commissario Giuseppe Priolo ha saputo, dal canto suo, ricoprire egregiamente.
Alcuni ultras hanno criticato con striscioni offensivi la visione di un calcio cittadino “volano” per lo sviluppo del territorio. Una critica – forse – un po’ superficiale e che non tiene conto, così come è successo in tante altre realtà cittadine, delle grandi opportunità economiche e sociali che una squadra vincente può regalare. I tifosi e gli ultras hanno tutto il diritto di non condividere il nuovo progetto e le ambizioni di Saladini. Ma forse restare nel sottobosco della “terra di mezzo” e comunque lontano da quella “promessa”, è un po’ troppo tipico di Lamezia, una città che in tanti decenni ha gettato alle ortiche tantissime opportunità di crescita, rimanendo sempre in una sorta di limbo.
È anche per queste ragione se, nonostante si ritrovi in scarsa compagnia, la dirigenza dell’Fc Lamezia Terme continua come un rullo compressore a comporre la squadra per il futuro. Tanti nuovi acquisti, un allenatore esperto come Alessandro Erra scelto per guidare la prima squadra, e la convinzione (più una speranza) di far ricredere presto tutti gli scettici. Ma questa volta il risultato del campo conterà qualcosa in più: in palio non ci sono solo i tre punti o il passaggio di categoria, ma il futuro dello sport lametino. Con buona pace della classe politica e di nuovi e presunti progetti “alternativi” che stanno per nascere nella città della Piana. (redazione@corrierecal.it)
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