CATANZARO «Siamo alle solite! Si urla al disastro provocato dai roghi nel tentativo di confondere le idee sulle responsabilità, quando invece le classi dirigenti dovrebbero fare una rigorosa autocritica e non limitarsi a chiedere provvedimenti tardivi quanto generici». «La questione incendi – asserisce il consigliere regionale Francesco Pitaro – è grave ma, per come affrontata, poco seria, specie se non si tiene conto (per porvi subito rimedio) dell’indifferenza sistematica verso le criticità delle aree interne o dei tagli di investimenti pubblici finalizzati alla prevenzione dei rischi ambientalisti». Per Pitaro oggi «si parla tanto di piantare alberi in Italia, ma sarebbe ora di procedere rapidamente con politiche rigorose di salvaguardia dei boschi esistenti. Dal 2017, infatti, la superficie boschiva nazionale ha superato quella che c’era prima che (più di duemila anni fa) i Romani disboscassero la Penisola. Siamo ricchissimi di boschi, ma di boschi poveri, abbandonati, non gestiti e quando lo sono, malgestiti e infine bruciati. L’esempio da non seguire sono i boschi pubblici statali, regionali e comunali. La Calabria è la regione più forestata del Mediterraneo, tra le più importati in Italia e in Europa, eppure il demanio regionale non ha da decenni un Piano di Gestione Forestale (PGF). Senza un PGF, il bosco teoricamente non si può quasi nemmeno guardare. I boschi non gestiti e trascurati ecologicamente non funzionano e non producono sviluppo socio-economico; devono essere tagliati secondo le regole dell’ecologia forestale e della selvicoltura sistemica». «I nostri boschi – sottolinea il consigliere regionale – non sono ecosistemi naturali, tutt’altro. Sono ecosistemi agro-forestali e ciò vuol dire che l’uomo, con la sua attività antropica responsabile, genera un circolo virtuoso di economia, di produzione elevata di ossigeno, di tutela della biodiversità, assicurando quell’equilibrio dinamico indispensabile per avere un bosco resistente a tutte le avversità tra cui i catastrofici incendi». Secondo Pitaro, se nei decenni scorsi «le autorità competenti avessero gestito le foreste per creare economia asportando la massa legnosa in eccesso oggi diventata massa combustile pregiato per gli incendi; se avessero puntato a un controllo della massa secca – in estate benzina allo stato puro – con l’utilizzo delle vacche, delle pecore e delle capre e coinvolgendo gli allevatori; e se la Regione, lo Stato, le Aree protette avessero conservato l’efficientissimo sistema delle fasce parafuoco, oggi avremmo decine di migliaia di ettari di bosco ancora vivi e lussureggianti con paesi che, grazie allo sviluppo indotto da un utilizzo produttivo dei boschi, non sarebbero spopolati e non avremmo un tessuto socio-economico impoverito nella montagna italiana». Conclude il consigliere regionale: «Boschi ben gestiti e non abbandonati significano decine di migliaia di posti di lavoro nell’entroterra calabrese, sia nel settore pubblico che privato forestale e turistico, meno dissesto idrogeologico, meno anidride carbonica, più ossigeno, foreste più variegate e ricche di biodiversità. Con urgenza bisogna programmare la gestione delle foreste in modo responsabile ed equilibrato, per non assistere ancora, tra qualche anno, alle liturgie vittimistiche di istituzioni che, non facendo il proprio dovere, finiscono col ritenersi parte lesa, quando invece sono pienamente coinvolte dalle responsabilità che ipotecano il futuro dei nostri territori».
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