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La decisione

Truffa sulle emergenze ambientali in Laguna, assoluzione piena per Silvio Greco

La Corte d’Appello di Roma ha stabilito il non luogo a procedere nei confronti dell’ex assessore, suo fratello Raffaele e altri due imputati

Pubblicato il: 23/08/2021 – 12:29
Truffa sulle emergenze ambientali in Laguna, assoluzione piena per Silvio Greco

CATANZARO Non luogo a procedere per non aver commesso il fatto per l’ex assessore regionale all’Ambiente Silvio Greco, il fratello Raffaele oltre a Maria Brotto e Marta Plazzotta. Si conclude così con la formula di estraneità più completa, la vicenda che li vedeva coinvolti, assieme ad altre 22 persone, in un’inchiesta partita dalla Procura di Udine e poi approdata a Roma e legata a finanziamenti statali assegnati per la gestione delle emergenze ambientali nei siti di interesse nazionale (Sin).
La Corte d’Appello di Roma, presidente Galileo D’Agostino, ha infatti confermato la sentenza di assoluzione emessa dal Gup di Roma il 29 gennaio del 2018 con la quale i quattro imputati erano stati assolti perché il fatto non sussiste per il reato di associazione a delinquere e accolto il ricorso degli stessi contro la decisione dello stesso Gup che aveva stabilito il non luogo a procedere per gli altri campi d’imputazione per sopraggiunta prescrizione. In quest’ultimo caso proprio al fine di chiarire definitivamente la vicenda – legata alla gestione dello stato di emergenza del Sito di interesse nazionale della Laguna di Grado e Marano – i legali dei due fratelli Greco oltre che di quelli di Brotto e Plazzotta avevano presentato ricorso in Appello impugnando la decisione dei Gup del non luogo a procedere per dichiarata prescrizione.

Il ricorso contro la prescrizione dei reati

Secondo i difensori dei quattro imputati che comunque erano usciti indenni anche dalle accuse di truffa (la Procura di Roma contestava loro di aver costituito un’associazione a delinquere finalizzata a far procrastinare lo stato di emergenza ambientale della Laguna per poi ottenere un finanziamento per la caratterizzazione dell’area inquinata), neppure quel reato sarebbe stato mai compiuto.
Una tesi avvalorata, secondo quanto argomentato in particolare proprio dai legali dell’ex assessore regionale all’Ambiente, dalla circostanza che le accuse mosse nei confronti di Greco – all’epoca dei fatti dipendente dell’Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare  (Icram)  – si sarebbero basate su falsi presupposti. Tra cui la circostanza che lo stesso ex assessore regionale mantenesse la qualifica di direttore scientifico dell’Istituto, circostanza che in realtà non era sussistente visto che quell’incarico Greco non lo possedeva (visto che quel ruolo non era previsto né dallo Statuto ne dal regolamento interno). I legali inoltre avrebbero eccepito nel ricorso avverso alla decisione del Gup che Greco non aveva neppure un incarico di direttore dell’Icram che era l’unico soggetto dotato di poteri di spesa e della funzione di bandire le procedure di evidenza pubblica. Così come il legale del fratello, Raffaele, avrebbe tra l’altro eccepito che dalle indagini in realtà sarebbero «emersi elementi comprovanti l’effettiva condizione di inquinamento da mercurio, grave e diffuso, della Laguna». Altre eccezioni sono state sollevate anche dai legali degli altri imputati.
Tesi che sono state largamente accolte dai giudici della Corte d’Appello di Roma i quali hanno dichiarato il non luogo a procedere, appunto, in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti, per «non aver commesso il fatto».

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