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«Combattere chi ha fatto uso della “comparocrazia”»

L’ultima ricerca pubblicata dal Centro Studi di Confcommercio (5 aprile 2021) ha evidenziato un dato allarmante per il Sud Italia:negli ultimi 25 anni, dal 1995 al 2019, il Meridione ha perso un m…

Pubblicato il: 07/09/2021 – 8:11
di Lino Cangemi*
«Combattere chi ha fatto uso della “comparocrazia”»

L’ultima ricerca pubblicata dal Centro Studi di Confcommercio (5 aprile 2021) ha evidenziato un dato allarmante per il Sud Italia:negli ultimi 25 anni, dal 1995 al 2019, il Meridione ha perso un milione e mezzo di giovani. Parliamo di ragazzi e ragazze di età compresa tra i 15 e i 34 anni, che sono stati “costretti” a trasferirsi al Nord o in altri Paesi d’Europa per studiare, lavorare, raggiungere l’indipendenza economica e mettere su famiglia.
Eppure, questi dati non sono sufficienti a far recitare un mea culpa a chi ne è responsabile.
Coloro che, spesso, sostengono di voler contrastare questo esodo, infatti, in gran parte sono gli stessi che hanno trovato un lavoro grazie al “compare” di turno, a discapito proprio di quei ragazzi che hanno deciso di partire.
Chi ha fatto uso della “comparocrazia”, oggi, deve essere combattuto se si vuole realtà dare una chance di ripresa alla nostra regione, altrimenti i giovani davvero meritevoli continueranno ad abbandonare il Sud, facendo fruttare altrove il loro bagaglio culturale e soprattutto un vero patrimonio di capacità innovativa di cui i nostri territori hanno assoluto bisogno.

Basti pensare alla classe politica, che, in perenne campagna elettorale, piazza assunzioni improponibili per fidelizzare l’elettorato o accaparrarsi neosostenitori, senza il minimo riguardo per il merito e le competenze.
Un caso emblematico per raccontare questo fenomeno disfunzionale, che dilaga nelle nostre vite, è quello dell’archeologo Clemente Marconi, dottore di ricerca alla Normale di Pisa, tra i massimi esperti mondiali di Magna Grecia, che inutilmente ha cercato, per anni, di restare in patria, ma alla fine ha mollato,  in quanto come lui stesso afferma: «Arrivavo sempre secondo».
Ma, non tanto per lui quanto per tutti i suoi corregionali, la più grande beffa arrivò quando ricevette la lettera con cui la sua regione, la Sicilia, gli negava il posto che aveva richiesto.
La lettera recitava testualmente: “Gentile collega, siamo giunti alla conclusione che Lei non possiede i requisiti accademici per entrare nel nostro staff. La sua domanda per un posto da archeologo ai Beni culturali siciliani viene pertanto respinta, cordiali saluti”.
Era lo stesso giorno in cui egli assumeva la cattedra vinta alla Columbia University di New York.
Ovviamente, non si può e non si deve ridurre questo fenomeno ad una dimensione solo meridionale, ma è pur vero che noi calabresi siamo ad un bivio e dobbiamo avere la schiena dritta per scegliere tra partire e abbandonare la nostra terra ad un destino scritto oppure, rimanere e lottare con coraggio affinché chi detiene questo potere comparocratico venga messo nel posto che merita: in galera.

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