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«L’umanità finisce in un buco»

«Teh… ììì…òòò…tè, tè…», governa il mandriano le sue bestie e il tempo dipana un’armonia d’immagini fra placidi muggiti, intonati rintocchi di campane. Impera il mistero e la vita si svolge, pura e…

Pubblicato il: 30/09/2021 – 10:55
di Gioacchino Criaco*
«L’umanità finisce in un buco»

«Teh… ììì…òòò…tè, tè…», governa il mandriano le sue bestie e il tempo dipana un’armonia d’immagini fra placidi muggiti, intonati rintocchi di campane. Impera il mistero e la vita si svolge, pura energia che passa da un essere a un altro, indifferente alla forma: umana, animale, vegetale. Corso Como si srotola dal grembo di Gae Aulenti, sotto lo sguardo orgoglioso del bosco verticale, la movida celebra il proprio rito serale nel mistero di cosa davvero ci sia dentro l’amalgama di cuscus dell’aperitivo. La sala dell’Anteo è una trincea, piena, che taglia in due un mondo festoso, fra piazza XXV Aprile e Corso Garibaldi: Il Buco fa il percorso inverso degli speleologi del 61 e arriva ai piedi del Pirellone. Ma Frammartino non lo scala il grattacielo, è convinto che l’unica cosa che non debba farsi siano gli assalti all’azzurro infinito, o a un buio che solo apparentemente sembri delimitato. Michelangelo utilizza il cinema per professare la religione in cui crede. Il senso della vita è il mistero. Sull’altopiano del Pollino le bestie si conducono tranquille sotto lo sguardo spiritato del Mistero. E il Mistero è il mandriano migliore che una umanità in travaglio possa avere. Più lo decifri l’enigma dell’esistenza e più ne ammazzi il guardiano. Più lo sveli il segreto del mondo e più esso si moltiplica, ti raddoppia e ti triplica i dubbi, gli uomini si trasformano in bestie che vagano sopra un altopiano dai contorni sfumati, in attesa che l’albero primordiale ripartorisca un mandriano uguale a sé stesso, che di nuovo lanci in aria i suoi richiami che, soli, rifacciano splendido l’altopiano. Sì i film di Michelangelo sono una religione, i cinema ne sono il tempio. Lui è uno dei pochi sacerdoti in grado di fermare il tempo, di sussurrare che la vittoria non è il disvelamento del mistero, che è la profondità del segreto che porta avanti la vita. Che l’umanità che conquista il fondo del Bifurto si chiude in un buco, che quella in cima al Pirellone non conquista nulla se non comprende che il cielo sia e debba restare infinito. Che forse è meglio non sapere cosa ci sia davvero dentro al cuscus d’accompagno allo spritz, nella movida allegra di Milano, che magari ci renderebbe meno lieto l’aperitivo. Il Buco di Frammartino oggi arriva nelle sale calabresi.
a Cosenza, al Citrigno, 18,30-20,30-22,30, a Reggio Calabria al Multisala Lumiere, 16,30-18,15-21,00 e a Locri, Vittoria, 18,00-20,00.

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