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«Lo stato comatoso del 118 e gli alibi dell’Asp di Catanzaro»

Il legale che difende 70 medici che hanno diffidato l’Azienda: «È la triade commissariale ad aver messo in ginocchio il servizio»

Pubblicato il: 24/10/2021 – 12:12
«Lo stato comatoso del 118 e gli alibi dell’Asp di Catanzaro»

Riceviamo e pubblichiamo.

Nei confronti dei “medici del 118” dell’Asp di Catanzaro (considerati come se fossero un’unica entità) è stata scatenata una campagna infamante volta a far credere che i gravissimi “disservizi” che affliggono il servizio non siano dovuti alla fallimentare gestione della triade commissariale, ma ai “medici imboscati”, “malati immaginari”, “malati per vendetta”, accusati di avere concertato “un’azione ritorsiva per mettere in ginocchio il servizio”, e ciò allo scopo di “riavere una indennità che percepivano illecitamente”: una lauta prebenda che la triade di immacolati commissari-giustizieri avrebbe loro giustamente tolto, recuperando il maltolto.
Da difensore di oltre settanta medici convenzionati del 118 che si sono rivolti alla magistratura del lavoro, continuando ad impegnarsi senza risparmio nel delicatissimo e pericoloso servizio loro affidato, pur tra le mille difficoltà provocate dalla dissennata e proterva gestione commissariale, avverto forte l’esigenza di intervenire a tutela della loro dignità professionale, chiedendo sia precisato quanto segue a correzione di una informazione quantomeno parziale e che finisce per dare un alibi agli unici responsabili del disastro.
1 – I “disservizi” provocati dal presunto assenteismo dei pochi medici presunti “malati immaginari” risalgono ai primi mesi del 2020, mentre l’enorme disservizio lasciato in eredità dalla fallimentare gestione commissariale è cronico, essendosi dimessi ben 25 medici per non sottostare alla brutale decurtazione della loro retribuzione (di oltre 1.000 euro al mese: i medici del 118 vanno avanti con 1.800/2.000 euro al mese!).
È la triade commissariale ad avere “messo in ginocchio il servizio”, provocando una vera e propria diaspora di medici che si sono sentiti puniti ed offesi da cotanta arroganza ed ottusità gestionale.
2 – I fatti (risalenti ai primi mesi del 2020) coinvolgono soltanto una minima parte dei medici convenzionati del 118 (17 medici del 118: gli altri medici coinvolti nell’inchiesta sono quelli che ne avrebbero falsamente attestato lo stato di malattia).
La stragrande maggioranza dei medici convenzionati del 118 (che ha subito la brutale e drastica riduzione del proprio stipendio in piena pandemia) è totalmente estranea ai fatti, ed ha coperto i turni dei colleghi assenti con grande senso di responsabilità e sacrificio (altro che assenteismo), nonostante la brutale decurtazione stipendiale subita in piena emergenza pandemica e nonostante in tutto il mondo civile si parlasse di potenziare la medicina territoriale e d’emergenza e di premiare i medici in prima linea.
Peraltro, alcuni dei medici presunti assenteisti sono affetti da gravi patologie anche oncologiche, o sono stati esonerati dal servizio in ambulanza dal medico competente. Altro che malati immaginari.
3 – La stragrande maggioranza dei medici del 118 ha protestato civilmente: presentando quattro diffide cui la triade non s’è nemmeno degnata di rispondere; presentando una diffida al Commissario Longo, parimenti ignorata; presentando ricorso ai Tribunali del lavoro di Lamezia Terme e Catanzaro per far accertare l’illegittimità della mancata erogazione (e del recupero mediate trattenuta in busta paga) dell’indennità aggiuntiva; presentando due esposti alla Procura della Repubblica di Catanzaro contro la triade commissariale ed i dirigenti del servizio (che nei decenni passati non si erano accorti del presunto indebito). L’Asp di Catanzaro invece, senza rivolgersi alla magistratura, ha direttamente infilato le mani nelle tasche dei medici del 118, privandoli di una parte consistente della retribuzione loro riconosciuta da decenni (comunque del tutto inadeguata) e pagandoli con compensi da fame in piena emergenza pandemica, con perfetto tempismo e squisita sensibilità istituzionale.
4 – Come risulta dagli stessi atti dell’inchiesta penale la “motivazione” delle assenze per malattia di quasi tutti i pochi medici coinvolti non è stata affatto la “protesta” o la “vendetta” o la “ritorsione” per la mancata erogazione dell’indennità aggiuntiva. Niente affatto. La motivazione è stata di natura sanitaria: il terrore di contrarre la pandemia e di contagiare i propri figli, per non avere l’Asp di Catanzaro fornito loro i dispositivi di protezione, a fronte di un rischio elevatissimo per medici in prima linea. Due medici del 118 hanno contratto il virus.
Eppure, chi ha propalato la notizia ha fatto di tutta l’erba un fascio, dando in pasto all’opinione pubblica i pochissimi messaggi in chat dei due o tre medici che hanno espresso, isolatamente, e senza avere alcun seguito tra i colleghi, la motivazione rivendicativa (“Agire con forza. Fermiamo le ambulanze”). Nessun assenteismo per vendetta, dunque, nella stragrande maggioranza dei (pochi) casi. La vendetta è di chi diffama tutti i medici del 118 per interposta persona, strumentalizzando la reazione sbagliata e disperata di due o tre di loro.
5 – Stupisce che si “sentenzi” che l’indennità aggiuntiva (erogata dal 2006 in sostituzione di altre integrazioni retributive riconosciute da decenni) non spetti e sia stata percepita “illecitamente”, senza nemmeno considerare che quella medesima indennità aggiuntiva continua a essere percepita dai medici convenzionati delle Asp di Reggio Calabria, Vibo Valentia e Cosenza (mentre l’Asp di Crotone, non sta procedendo al recupero dell’asserito indebito), e si ignori pure che l’Asp di Catanzaro sta impunemente disapplicando una legge dello Stato (art. 24bis D.L. n. 41/2021) che prevede: “Al fine di tutelare il servizio sanitario e di fronteggiare l’emergenza epidemiologica… che le somme corrisposte al personale medico convenzionato addetto al servizio di emergenza-urgenza fino al 31 dicembre 2020, a seguito di prestazioni lavorative rese in esecuzione di accordi collettivi nazionali di lavoro o integrativi regionali regolarmente sottoscritti, non sono ripetibili, salvo che nei casi di dolo o colpa grave”. Ma la triade commissariale ha ignorato, more solito, anche l’ulteriore diffida ad applicare la legge sopravvenuta.

Antonio Pileggi
avvocato e ordinario di diritto del Lavoro, Università di Roma – Tor Vergata

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