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Assalto ai tamponi e tracciamento in tilt. Perché le Asp non reggono la quarta ondata

Aumento dei contagi e ristrettezze di personale complicano il contenimento della pandemia. Cittadini nell’incertezza per giorni

Pubblicato il: 28/12/2021 – 7:34
Assalto ai tamponi e tracciamento in tilt. Perché le Asp non reggono la quarta ondata

CATANZARO Primo scenario: assalto ai tamponi. Poi, se va male e il tampone è positivo, l’attesa a casa che qualcuno – dall’Asp – contatti il contagiato (spesso vaccinato e dunque, altrettanto spesso, asintomatico o quasi) prima che finiscano i 10 giorni di quarantena. Spoiler: è facile che non succeda.
Secondo scenario: all’Azienda sanitaria arrivano i dati sui contagiati. Che crescono, complici gli assembramenti natalizi e i primi effetti della variante Omicron, più infettiva delle precedenti forme di Covid. E nelle stanze della sanità territoriale hanno pochi strumenti a disposizione. Tradotto: il tracciamento dei contatti, con certi numeri, è complicatissimo. Lo dimostrano i dati dell’incidenza: lunedì in Calabria la percentuale dei tamponi positivi era al 7,75%. Superare il 5% è già la spia di una difficoltà. In regione, nei giorni scorsi, si è arrivati addirittura a superare il 10%.

I tracciatori scarseggiano dappertutto. I numeri in Calabria

È un deficit nazionale. Giorni fa, i collaboratori del governatore della Campania Vincenzo De Luca dicevano al Fatto Quotidiano che «c’è un limite oltre il quale salta tutto». E tutti gli osservatori sono concordi: ancora una settimana a questi ritmi e il sistema del tracciamento dei contatti in quasi tutte le regioni potrebbe andare completamente in tilt. Tanto per fare l’esempio di una sanità che dovrebbe reggere meglio rispetto a quella calabrese: l’Emilia-Romagna, che bisogno di 120 operatori in più per le operazioni di contact tracing, sperava nei rinforzi promessi dal Commissario all’emergenza, Francesco Paolo Figliuolo e invece si deve accontentare di appena otto militari. Gli addetti ai tracciamenti sono sempre stati pochi e i tagli dei mesi scorsi hanno ulteriormente “azzoppato” un ambito d’intervento fondamentale per contenere il virus.
Solo la Provincia autonoma di Trento, quella di Bolzano, il Piemonte, il Molise e il Veneto, superano un tracciatore (cioè la persona che ricostruisce i contatti di chi ha contratto il virus) per 10mila abitanti. È comunque un numero basso. In Calabria si scende a 0,9; ma comunque meglio di altre regioni come la Lombardia, che ha 0,5 operatori, sempre per 10mila abitanti. Per non parlare della Sardegna (0,3) e della Puglia (0,4). Con l’unica eccezione della Basilicata, che di operatori ne conta 2,4, anche tutte le altre Regioni sono sempre sotto l’1.

Ci sono poi operatori sanitari incaricati di fare il prelievo e portare il test in laboratorio. Una squadra che alla fine è composta da solo una persona, ogni 10mila abitanti, in Lombardia e in Liguria, da 1,9 nel Lazio. Solo la Basilicata
dispone di 6,9 addetti. L’Emilia-Romagna ne ha 1,8, le Marche 1,3, la Toscana 1,3. La Calabria ne ha 1,4, stando all’ultimo monitoraggio settimanale dell’Istituto superiore di sanità. È in parte anche per questo che le aziende sanitarie sono in forte difficoltà.
Lo spiega anche Antonio Lo Schiavo, consigliere regionale di “De Magistris presidente”: «Centinaia di persone, consapevoli di aver avuto contatti con soggetti positivi al Covid, nonostante si siano segnalate all’Asp, rimangono per giorni e giorni nell’incertezza, in attesa di essere sottoposte a tampone o di comunicazioni sul da farsi». Succede così che «l’argine ai possibili contagi è affidato unicamente alla responsabilità individuale di quei cittadini che si pongono spontaneamente in quarantena cautelare».

I disagi nelle strutture per i tamponi. «In fila per tre ore. C’è un solo operatore»

La filiera fatica a funzionare in tutta Italia e la Calabria non fa eccezione. L’aumento dei tamponi eseguiti crea, infatti, non pochi disagi nelle strutture allestite dalle Aziende sanitarie provinciali, dalla Regione e dalla Protezione civile su tutto il territorio. Nella mattina di lunedì, due lunghe colonne di autovetture hanno letteralmente circondato le tende allestite all’interno del polifunzionale dell’Asp a Catanzaro Lido. Centinaia le persone che si sono recate per effettuare il tampone di controllo. Tra loro, molti bambini e studenti coinvolti nell’ambito dei monitoraggi avviati dopo i casi positivi registrati in alcune scuole prima della chiusura delle attività per le vacanze natalizie. Tra le persone incolonnate a bordo delle autovetture, con le quali raggiungere il punto dove effettuare il tampone senza mai scendere dalla macchina, è serpeggiato qualche malumore: «Siamo stati in fila per tre ore», ha spiegato all’Agi un padre che aveva accompagnato la figlia dopo un possibile focolaio all’interno di una scuola della provincia. Le colonne di autovetture, d’altronde, si sono allungate in entrambi i sensi di marcia, sia per chi proveniva dall’Alto Jonio Catanzarese che per quanti provenivano da Catanzaro. «Quando siamo arrivati per fare il tampone – ha aggiunto il padre della bambina – abbiamo trovato un solo operatore e questo ha sicuramente influenzato i tempi di attesa. L’avere concentrato tutto su Catanzaro Lido, senza aree attrezzate anche nei paesi, non ha aiutato la gestione di questa fase di controllo, con ripercussioni evidenti che riguardano anche l’afflusso degli utenti alla zona del polifunzionale dell’Asp». Un altro genitore ha invece evidenziato «i disagi che stanno vivendo i bambini, costretti – ha spiegato – non solo a effettuare il tampone ripetutamente, ma anche a queste snervanti attese che certo non aiutano ad affrontare le difficoltà che stiamo vivendo». (ppp)

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