REGGIO CALABRIA «La ‘ndrangheta era contraria alla strategia stragista dei corleonesi, e lo erano anche i Papalia e Coco Trovato. O meglio divennero contrari quando si accorsero delle conseguenze che questa strategia comportava». Vittorio Foschini è il pentito di due mafie: da calabrese (è nato a Crotone) collaborò prima con Cosa Nostra e poi con la ‘ndrangheta. Uno dei suoi verbali – risale al 2015 – è agli atti dell’Appello del processo ‘Ndrangheta stragista e offre una prospettiva inedita sui rapporti tra calabresi e siciliani all’epoca delle stragi del ’93. Rapporti, in realtà, assai variabili: Foschini non esclude, infatti, che un pezzo di ‘ndrangheta abbia avuto un atteggiamento ambiguo rispetto alla scelta dello scontro con lo Stato. Ufficialmente avrebbe preso le distanze dal terrorismo mafioso, nei fatti avrebbe potuto appoggiarlo.
Ai magistrati della Dda di Reggio Calabria, Foschini racconta che Antonio Papalia (uno dei vertici delle cosche al Nord) «si mostrava preoccuato. Per la verità – spiega il pentito – Papalia brindò in occasione delle stragi, ma lui e gli altri, poi, si sono preoccupati delle conseguenze. si cominciò a temere che lo Stato avrebbe svolto un’azione repressiva assai dura».
I ricordi di Foschini si concentrato sul periodo successivo alle stragi di Capaci e via D’Amelio e alle conseguenze delle morti di Falcone e Borsellino sull’atteggiamento dei capi calabresi. «Stavamo in Calabria, ad agosto, a Botricello, sulla costa jonica – dice. C’erano anche Franco Coco Trovato, i Bellocco, i Pesce, i Mancuso e altri quali gli Arena. Manifestammo tutti preoccupazione per le conseguenze di tali atti». Durante il convivio tra boss «si diceva che si sarebbe stato un incontro con Bagarella e Brusca in Calabria, per comunicare a costoro che dovevano mantenersi lontani dalle nostre zone e dai nostri porti. Dissero che solo i Nuvoletta (un clan camorristico, ndr) potevano dare appoggio da quel momento ai corleonesi. Anche Coco Trovato e Papalia erano di questa opinione». Lo strappo appare netto, quello che Salvatore Annacondia – uno dei capi della mala barese affiliato a Cosa Nostra – definiva “Consorzio” tra le mafie, sembra spezzato. Foschini, però, sa che in Calabria non tutto è come sembra. Ai magistrati che gli chiedono se fosse potessero esistere posizioni differenziate nella ‘ndrangheta risponde che «è ben possibile che, sotto sotto, qualcuno della ‘ndrangheta, dopo avere dichiarato pubblicamente il proprio dissenso, abbia, poi, invece, aiutato Cosa Nostra ovvero abbia garantito appoggi e solidarietà alla stessa, anche con riferimento alla strategia stragista. È una cosa assolutamente normale».
Conferma «che davanti a me sia i Papalia che Coco Trovato si dissero (come ho detto, in un secondo momento) contrari a questa strategia, tanto da volere interdire la Calabria ai siciliani. Ma non posso escludere che, né da parte loro né da parte di altri, vi sia stato un doppio gioco (…). Ora che ci penso i Tegano e i Paviglianiti, nonché Salvatore Annacondia, erano molto legati a Cosa Nostra». Foschini conclude spiegando che «alla riunione di Botricello, i Tegano mandarono Giovanni Puntorieri, che si disse anche lui preoccupato per il “casino” che avevano creato queste stragi. Ma nulla esclude che fosse una finta, anzi ritengo probabile che per l’intensità dei rapporti che c’erano con Cosa Nostra che i predetti abbiano mentito». (p.petrasso@corrierecal.it)
x
x