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l’istanza d’appello

La difesa di Lucano: «Per i giudici di Locri doveva essere colpevole a ogni costo»

Il contenuto dell’istanza d’Appello presentata dagli avvocati Daqua e Pisapia in difesa dell’ex sindaco di Riace. «Una ricostruzione fantasiosa frutto di un errore prospettico»

Pubblicato il: 14/02/2022 – 21:56
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La difesa di Lucano: «Per i giudici di Locri doveva essere colpevole a ogni costo»

REGGIO CALABRIA Una sentenza «censurabile in toto» quella con la quale il tribunale di Locri ha condannato a 13 anni e due mesi di reclusione Mimmo Lucano, «non essendo emersa la responsabilità dell’imputato in ordine ai reati allo stesso ascritti».
Così Andrea Daqua e Giuliano Pisapia, avvocati difensori dell’ex sindaco di Riace scrivono nell’istanza con la quale viene impugnato il provvedimento firmato dal collegio presieduto dal giudice Fulvio Accurso. Secondo la difesa «la sentenza si risolve in una sintetica ricognizione di fatti e di condotte, corredata» frutto di un giudizio influenzato da un «errore prospettico» del giudicante.
La prospettiva, in tal senso, sarebbe stata quella di «trovare un “colpevole ad ogni costo”» identificandolo nella persona di Lucano, ritenuto responsabile di truffa aggravata, peculato e associazione a delinquere tra le altre. Per farlo, il giudicante avrebbe «utilizzato oltremodo il compendio intercettivo – al quale, per alcune fattispecie, non si sarebbe potuto attingere per effetto della rinomata sentenza “Cavallo” delle Sezioni Unite – proponendone un’interpretazione macroscopicamente difforme dal suo autentico significato e contrastandone inconfutabili elementi di prova acquisiti nel corso dell’istruttoria dibattimentale».

Confutate le diverse fattispecie oggetto della condanna

La difesa risponde così, in 130 pagine circa, alla ricostruzione di oltre 900 pagine fatta dal tribunale che ha ripreso in toto le intercettazioni prodotte dagli inquirenti non inserendo, di converso, ulteriori elementi come l’elenco dei migranti di stanza a Riace. Il tutto al fine di produrre un provvedimento che racchiude «l’esempio classico dell’«eccesso di motivazione».
Vengono passati in rassegna i 21 capi che compongono la condanna che lo stesso Lucano, fin dal primo momento, aveva definito «abnorme». E uno per uno vengono contestati: dalla riqualificazione dell’abuso d’ufficio in truffa aggravata, che avrebbe prodotto una violazione del diritto di difesa dello stesso Lucano, fino all’associazione a delinquere dove i giudici paiono raggiungere «il massimo livello di creatività». Un’accusa, quest’ultima, strutturata anche sulla base della definizione dell’ex sindaco come «dominus di fatto di Città Futura». Dato anch’esso confutato dagli avvocati che non solo si soffermano sull’inesistenza di un eventuale illecito arricchimento, ma ancor prima sull’elemento soggettivo di mirare a un indebito profitto economico come ricordato anche dal colonnello Sportelli, teste chiave dell’accusa.

«Dov’è lo scambio politico? Dove, l’illecito arricchimento?»

La stessa procura di Locri, assunto il dato, nella requisitoria aveva ponderato il dato sul presunto «movente politico» di Lucano, che avrebbe dunque condotto un sistema “clientelare”. «Dov’è lo scambio politico? Dove sono i voti di riscontro all’atteggiamento omissivo che Lucano avrebbe tenuto? Dov’è quella tanto ricercata ricchezza, quel vantaggio economico acquisito dal Lucano attraverso lo sfruttamento del sistema integrazione?», si chiedono però gli avvocati all’esito della ricostruzione. Spetterà ora ai giudici d’Appello decidere su questi punti. (redazione@corrierecal.it)

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