LAMEZIA TERME Un magazzino, a pochi passi dal centro di Lamezia Terme, diventato luogo di stoccaggio della droga, dei procedimenti di raffinazione e di incontro con gli acquirenti. L’indagine condotta dalla Squadra mobile di Catanzaro e dal Commissariato di Lamezia Terme, con il supporto di equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine e di unità cinofile, ha permesso di ricostruire quello che a tutti gli effetti sarebbe un’organizzazione criminale dedita alla lavorazione e allo spaccio di droga.
A capo dell’organizzazione, secondo quanto sarebbe emerso dall’inchiesta, Antonio Pagliuso e Domenico Gian Luigi Bonali, entrambi arrestati. Era in particolare Antonio Pagliuso, secondo la tesi accusatoria, ad occuparsi in prima persona degli acquisti di droga dai fornitori – prevalentemente cocaina – e delle successive vendite anche ad altri che avrebbero a loro volta ceduto lo stupefacente. Per gli inquirenti, invece, Domenico Bonali avrebbe agito in parallelo con Pagliuso, mettendo a disposizione il proprio magazzino. Attorno a loro una folta squadra di acquirenti fissi, assaggiatori della droga, confezionatori e rivenditori.
Secondo quanto si legge nell’ordinanza firmata dal gip del Tribunale di Catanzaro, Barbara Saccà, sia Pagliuso che Bonali si sarebbero resi autori di forniture cospicue di stupefacente, soprattutto di cocaina che, su loro ordine, veniva raffinata e stoccata da altri soggetti finiti al centro delle indagini. I due, dunque, erano diventati nel corso degli ultimi anni un punto di riferimento per lo spaccio di stupefacenti nel territorio di Lamezia Terme. Un business evidentemente proficuo e che poteva contare sull’appoggio, per l’acquisto delle sostanze stupefacenti, di contesti criminali ben più ampi come Cracolici e Piromalli.
Sono numerosi gli episodi di spaccio registrati dagli inquirenti nel corso dell’attività di indagine, ma le immagini e le intercettazioni hanno permesso di ricostruire tutte le attività che avvenivano nel magazzino di via Torre, a Lamezia, centro nevralgico di tutto il gruppo criminale, nonostante in più di una circostanza avessero effettuato delle “bonifiche”, evidentemente fallimentari. «(…) minchia, minchia, quindi ce n’è a volontà!» dice Simone Bonali a Domenico che risponde: «Zitto, che… diamo prima la vecchia e poi togliamo la nuova, però è uscita al novanta compare». Quella sera, attorno alle 23.50, arrivano al magazzino altri quattro indagati, invitati da Pagliuso a provare la droga che stavano confezionando.
«La stiamo valutando – dice ai presenti Antonio Pagliuso – fagliela vedere al boss qua (…) quella del pacco vi ho preso io ragazzi, quando dico una cosa è quella (…) vuole solamente valutata, domani ho l’appuntamento che gli dico sì o no». Nel prosieguo dell’intercettazione, Pagliuso fornisce poi ulteriori dettagli sull’approvvigionamento della droga, dopo aver chiesto ai suoi sodali se lo stupefacente fosse di buona qualità per poter poi confermare nuovi ordini di acquisto, lasciando intendere che si sarebbe rifornito con cadenza mensile. «Io ve ne do prima a scaglioni se io la cosa… hai capito quale è il cazzo del fatto, la cosa mia, il problema mio è stato in questa maniera… prima di tutto, come l’abbiamo fatta è uscita… mi segui… vedi che dieci sono questi, l’ho pesata… e va bene, ma ne abbiamo spacciato». (redazione@corrierecal.it)
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