Avevamo davanti a noi la suadente prospettiva di rivederci ad agosto. Come negli altri anni andati e dimenticati mai. Per un’altra bell’estate di ardite camminate scalzi sotto il sole (lui però, nuotatore infaticabile, il ritorno lo preferiva via mare) sull’immensa spiaggia, fine e rovente, di Sellia Marina che per la “Bandiera Blu” gli deve tanto.
E avevamo la prospettiva di bagnate e dense chiacchierate, in cui Pepè Marino temperava la sua colta (e di lunghissimo corso) sapienza marinara e il racconto pacato degli ultimi impegni, in giro per l’Italia e l’Europa, per promuovere la cultura della sicurezza, salvataggio e soccorso della vita in acqua, con aneddoti della sua giovinezza calabra.
Di quando ragazzino, dalla sua Zagarise scendeva con la famiglia alla marina, come tutti quelli dell’entroterra silano, “e poi si dormiva nelle baracche issate nottetempo e alla rinfusa. E si stava assieme che era una pacchia! Come se il mondo fosse tutto lì. E niente più ci spaventava. E la felicità era inebriarsi con delle enormi angurie (zoparico) fresche di mare, il nostro gelato”.
L’epopea, gagliarda e caleidoscopica, della migrazione stagionale degli Anni ‘60, quando la gente dei borghi a nido d’aquila, antichissimi e di grande fascino, quasi fatti apposta per scattare fotografie, scoprirono la marina, da cui i loro avi erano sfuggiti per scansare malaria e “lo nero periglio che vien da lo mare”, e si catapultarono alla rinfusa, portandosi dietro bombole di gas, pani di casa e soppressate e la sera i maschi bisbocciavano col vino robusto, badando che le donne sulla spiaggia esponessero con estrema parsimonia la carne bianca della collina e della montagna, lui l’ha vissuta tutta.
E anche al telefono dalla sua “accoglientissima Genova”, dove era approdato studente universitario, “in tempo per partecipare al trambusto del Sessantotto”, per poi restarci da professore, si dilungava su un suo pallino che senz’altro avrebbe realizzato, se l’ictus non l’avesse fermato.
E se non leggessimo, sul sito web della “Società Nazionale di Salvamento – dal 1871 per la sicurezza della vita sul mare”, il triste commiato: “Genova, 31 Marzo 2022 – E’ mancato oggi il nostro amato Presidente Giuseppe Marino. La cerimonia funebre si terrà Sabato 2 Aprile presso il Tempio Laico del Cimitero Monumentale di Staglieno, Genova”.
La sua idea? La raccolta (“casa per casa” dei paesi di Zagarise, Cropani, Petronà, Sersale, Cerva, Mesoraca) di tutto il materiale fotografico di quel popolo minuto “e senza santi in paradiso” che, alla meglio e con un marcato e vetusto istinto di sopravvivenza, si concedeva il diritto alla prima vacanza sulle rive dello Ionio.
A volergli fare un regalo, che dall’ineffabile nube interstellare in cui s’è trasferito gradirebbe più dei fiori, si potrebbe pensare alla realizzazione di una mostra permanente che avrebbe voluto intitolare “Quando scendevamo a mare e vivevamo nelle baracche”, per non dimenticare, parafrasando il titolo di un romanzo di Carlo Levi, che “il futuro ha un cuore antico”.
E si potrebbe partire, per dare seguito a quell’idea, dalla tesi realizzata dalla neo laureata in Architettura Fabiana Mirante (“Rigenerazione e riqualificazione del territorio di Sellia Marina”) che, con perspicacia di riferimenti culturali, s’intrattiene su quel periodo della nostra storia. Si avrebbe, dalle immagini di quella transumanza di uomini, donne e bambini, il racconto di ciò che ha separato e poi convulsamente unito la montagna, le colline e il mare di Calabria e anche delle contraddizioni ambientali e urbanistiche che sono state generate.
Purtroppo, la prossima estate di Giuseppe Marino (“calabrese di Genova”, classe ’43, fisico asciutto e tonico e innamorato della vita e del bello) il gruppo di amici che fremeva di vederlo giungere al Lido Havana, da dove pianificava camminate mattutine, puntate nella casa paterna di Zagarise ed escursioni a vela incluse le “scialate” gastronomiche, sentirà la mancanza.
Ciao Pepè!
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