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l’inchiesta

‘Ndrangheta a Roma, il debitore “protetto” da Razionale e la rabbia del boss: «Ti scanno come un capretto»

Ricostruita nelle carte firmate del gip la vicenda di un credito di 250mila euro vantato da Carzo nei confronti di Delfino, imprenditore legato al boss di San Gregorio d’Ippona. «Quando ci sono hai…

Pubblicato il: 12/05/2022 – 7:01
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta a Roma, il debitore “protetto” da Razionale e la rabbia del boss: «Ti scanno come un capretto»

ROMA «Mi deve dare 250 e mi deve dire dove siamo soci… a lui gli sembra che con Saverio è a posto il fatto no?!». A parlare è il presunto boss del locale romano di ‘ndrangheta, Antonio Carzo, intercettato dagli agenti della Dia mentre si trova a casa sua, insieme alla moglie. Un dialogo concitato anche perché si parla di un credito di 250mila euro, vantato nei confronti di Antonino Delfino. Un imprenditore che ha però un legame fortissimo con uno dei boss più potenti della ‘ndrangheta vibonese, Saverio Razionale, quel “Saverio” a cui fa riferimento proprio Carzo.

Il debito di 250mila euro di Delfino

Il dialogo, riportato nell’ordinanza firmata dal gip di Roma, Gaspare Sturzo, sottolinea l’attività investigativa della polizia giudiziaria che è riuscita ricostruire uno dei tanti passaggi significativi dell’operatività criminale del locale romano, e il legame maturato tra Carzo e Delfino, risalente al periodo di comune detenzione a Palmi, nel corso della quale Carzo, a suo dire, avrebbe garantito la vita ed incolumità fisica dello stesso Delfino, quanto ad alcuni mafiosi siciliani che pretendevano che questi restituisse delle somme di denaro che gli avevano dato per investirle. Ne era nata così una grande amicizia, al punto che Delfino considerava il boss «come un padre». Da queste basi Antonio Carzo avrebbe consegnato a Delfino 250mila euro da investire in alcune società, sebbene gli inquirenti non siano riusciti a ricostruirne i contorni. E neanche Carzo. Ed è per queste ragioni che il boss del locale romano, insieme al figlio Domenico, inizia a cercare insistentemente Delfino ma senza successo, fino a quando riescono a mettersi in contatto con un certo Lamberto Taddeo, deputato a tenere i contatti con loro. Sarà proprio lui a rassicurare i Carzo sul pagamento, sebbene con qualche ritardo.

La figura di Saverio Razionale

Ed è qui che entra in gioco una figura di spicco della ‘ndrangheta calabrese. Si tratta, appunto, del boss Saverio Razionale, elemento di spicco del clan Razionale-Fiarè di San Gregorio d’Ippona di cui faceva parte lo stesso Delfino, di cui Razionale aveva preso le parti. Dalle evidenze investigative emerse dall’operazione Rinascita-Scott, il boss Razionale, scarcerato il 26 febbraio del 2016 dopo aver scontato una condanna definitiva per associazione mafiosa, nel marzo del 2016 era entrato in società con Antonino Delfino, consegnandogli mezzo milione di euro facendo così ingresso come socio occulto negli affari e nelle società di Delfino per il 50%. Allo stesso tempo – scrivono gli inquirenti – Saverio Razionale continuava a ricoprire il ruolo di vertice nel locale di San Gregorio d’Ippona, fungendo non solo da “raccordo operativo” con le altre consorterie, ma anche uno degli elementi di vertice della ‘ndrangheta nel Vibonese. Ed in effetti è stato proprio Delfino a comunicare che, dalla sua, aveva un garante mafioso ovvero Saverio Razionale. Circostanza evidentemente che rimescolava le carte in tavola e che implicava un confronto tra boss per il recupero della somma ingente e impedire un’escalation che potesse in qualche modo creare tensioni all’interno dei rapporti tra consorterie della ‘ndrangheta. In una conversazione con la moglie, Carzo ripercorre quanto accaduto nel corso dei mesi e anche di un dialogo avuto proprio con Razionale nel corso del quale lo avrebbe anche mandato a quale paese: «(…) gli ho detto vaffanculo tu e tutto Vibo, il boss lo puoi fare per quegli altri!». Poi Razionale si sarebbe impegnato a garantire per Delfino: «Ora Saverio mi dice “compare non ce ne sono…quando ci sono hai la mia parola”».

Le garanzie di Razionale

Da questi presupposti nasce un vero e proprio “patto di mafia” quello sancito dai due boss: Razionale, forte del suo spessore criminale, aveva dato la propria parola a Carzo, garantendo per Delfino. È il 10 dicembre 2016 e Domenico Carzo si incontra con Razionale in un centro commerciale sull’Aurelia, riportando al boss le rimostranze del padre. Nei giorni successivi, poi, è Lamberto Taddeo a fungere da intermediario tra Carzo e Razionale, riportando a quest’ultimo i messaggi di Carzo, anche minacciosi: «(…) glielo dici… “ha detto Antonio se no viene lui qua!” Gli spieghi proprio diretto…gli dici se gli do una risposta…se no dice che viene lui!». Il debito di Delfino, dunque, era legato alla posizione di Saverio Razionale ma Carzo vantava comunque delle pretese: «Compare…tutte le notti me lo sogno che butta sangue (…) se mi da soddisfazione di farmelo fare…regoliamoci…». Segno evidente che il debito era ormai una questione mafiosa e quindi Carzo avrebbe dovuto avere l’autorizzazione di Razionale prima di qualunque ritorsione nei confronti di Delfino, compreso l’omicidio.

Dalle garanzie alle minacce

Nell’ennesima conversazione captata dagli inquirenti – è il 13 ottobre del 2017 – Antonio Carzo minaccia Delfino con gravi e inequivocabili parole, pretendendo la somma di 500mila euro: «Tu sei solo un bastardo, indegno, se ti prendo ti ammazzo…dove sei domani che ti scanno! Te lo giuro sull’anima di mia madre…tartararo…con chi credi di avere a che fare? Con l’ultimo arrivato…(.)…t’ammazzo…sbirro tu e tutti quelli che frequenti (…) se ti piglio ti scanno come un capretto…con chi ti pensi che hai a che fare? Senti sbirro tu mi devi dare i soldi…domani vieni e portami i soldi che ti giuro sull’anima di mia madre che vengo e ti ammazzo… …se eri qui tu mi devi dare i soldi…i miei…quelli che mi toccano ti scannavo…(…)…a me non frega niente……possono fare mortadella con te… mi devi dare 500.000 euro!».

La “spedizione punitiva”

Qualche giorno dopo Delfino farà pervenire a Carzo poco più di mille euro, ma non basta evidentemente. Un mese dopo Antonio e Domenico Carzo ottengono un incontro con Saverio Razionale in un noto hotel dell’Aurelia Antica. In quella circostanza Antonio Carzo riferisce a Razionale che, se Delfino non avesse pagato avrebbe adottato ritorsioni fisiche nei confronti del fratello, Manlio Giovanni. Si definisce così un accordo: Antonino Delfino si impegna a pagare mensilmente 2.500 euro ad Antonio Carzo, per almeno 24 mesi. Cosa che avviene regolarmente per due mesi, poi inizia a pagare sempre meno, scatenando l’ira del boss, che organizza così un’azione ritorsiva. È il 24 aprile 2018 quando Carzo convoca Francesco Greco a casa sua per commissionargli un pestaggio da portare a compimento insieme al figlio Domenico ai danni di Delfino. «(…) comincia a buttargli un paio di polpette…poi una bella scarica di cazzotti e calci…le chiavi della macchina cose…e lui gli deve dire poi “e vedi di dargli i soldi velocemente a mio padre” però verso le 7.30…8.00 si deve essere là…sul posto…lui poi si porta la Mercedes e tu vieni qua». E ancora: «Hai la fabbrica che ti lavora le scarpe e non hai soldi? Ti vendi la macchina e mi dai i soldi, ti vendi la villa che hai a Grottaferrata e mi dai i soldi ma io penso che dopo ‘sta passata…di cazzotti …poi a cuccia…poi glielo dici…gli devi dire “la prossima volta ti va peggio con l’a…ha detto mio padre che vuole tirarti l’acido in faccia per bruciarti… così capisci con chi hai a che fare…razza di cornuto…coso brutto…ha detto mio padre che poi capisci con chi hai a che fare». (redazione@corrierecal.it)

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