ROMA «Riconfermo quanto detto: le mie scuse, che ribadisco, sono state fatte già il 21 maggio, quando ho preso coscienza che la situazione di inadeguatezza che ho provato ha anche ferito delle persone e la popolazione del nostro Sud. Ho cercato da subito di porre rimedio al mio errore, ma poi i meccanismi dei social, una volta preso l’osso, non lo hanno lasciato: le mie scuse non sono servite a fermarli». Lo dice all’Adnkronos la cronista della tv vicentina Tva, Sara Pinna, ancora nella bufera per il suo botta e risposta con un piccolo tifoso del Cosenza («squadra che ha giocato benissimo e ha meritato la permanenza in B», sottolinea). «Sono riuscita a parlare con il padre del bambino, già il 21 maggio, rintracciandolo tramite Messenger: ci siamo sentiti, anche lui era dispiaciuto per tutto quanto stava accadendo. Più che parlare del caso ero mortificata per aver offeso un bambino, volevo sapere come stava e lui mi ha assicurato che era tranquillo».
Detto questo, prosegue Pinna all’Adnkronos, «ho potuto effettivamente constatare il forte disagio che esiste nella nostra Italia del Sud: loro soffrono veramente per questa situazione. Mi sono davvero rattristata, c’è tanto bisogno di far emergere questo problema profondo, vorrei fare qualche cosa. Mi dispiace per una popolazione che si è sentita offesa per una frase demente, mentre se ne sentono di peggio in Parlamento. C’è un problema profondo di base che dobbiamo affrontare».
Nessuna marcia indietro infine sulla possibilità di tutelarsi legalmente: «Sicuramente la mia frase è stata infelice ma una frase non definisce una persona, e io non sono razzista come ho avuto modo di far capire più volte. Mi sono scusata con i diretti interessati, e se qualcuno vuole cavalcare questa cosa la facciano, ma certamente agirò per vie legali: quando minacciano la vita dei miei figli che vuoi che faccia».
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