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Quando vince l’ombra

La vita media, specialmente in Italia, si è allungata di molto negli ultimi decenni ma un anziano su cinque purtroppo ha la demenza senile o l’Alzheimer. Una condizione drammatica che resetta la memo…

Pubblicato il: 04/06/2022 – 15:28
di MARIO CAMPANELLA*
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Quando vince l’ombra

La vita media, specialmente in Italia, si è allungata di molto negli ultimi decenni ma un anziano su cinque purtroppo ha la demenza senile o l’Alzheimer. Una condizione drammatica che resetta la memoria e priva chi ne è affetto della possibilità di riconoscere sé stesso e l’ambiente che lo circonda. Si vive una dimensione diversa, affranti dalla disperata ricerca di un’identità persa, tra ricordi del passato che riemergono e poche possibilità di agganciarsi alla realtà.  Cosa rimane della vita di un uomo se non può più riconoscere il suo spazio tempo, gli affetti più cari, il filo di Arianna che lega i vissuti trascorsi nel futuro ipotetico? C’è una tenerezza mai sopita nei discorsi di una persona colpita da demenza : la volontà di chiedere un abbraccio non riconoscendo l’interlocutore, il sentirsi estranei in ogni contesto ma eternamente presenti alla perpetuazione di rimpianti e promesse. Non si perde mai la dignità di essere vecchi, primazia stabilità dalle leggi del tempo e non sempre accettata da una comunità non più patriarcale. E gli effetti di questa decomposizione si vedono nel triste (e in alcuni casi non differibile) fenomeno della crescita di strutture ricettive. Ci fosse un’assistenza domiciliare adeguata i vecchi, anche con demenza, potrebbero rimanere nel loro spazio vitale, con un costo pubblico decisamente inferiore. C’è ancora tanto da cogliere nello sguardo e nel sorriso di chi ha perso la condizione del suo tempo. C’è sempre più di un attimo di profondità, di umanità consistente nel volto di un anziano, in una società dello scarto che spesso preferisce spendere soldi ed energie per un animale di compagnia piuttosto che occuparsi di un genitore. Un vecchio non autosufficiente sporca, non è continente, a volte urla, dà fastidio. Inutile ricordare che è stato un robusto adulto sul cui peso le generazioni sono cresciute, un padre o una madre affettuosa, tutto passa in secondo piano dinanzi all’avanzare inesorabile dell’età. Borges parlava di “superiorità del vecchio” lanciando la profezia che il mondo sarebbe cambiato e non avrebbe mai più accettato le variazioni di un futuro che transitava in un destino incerto. Qual è la speranza che la vita aumenti senza scartare nessuno? Forse è nella sensibilità di giovani che rifiutano le equazioni della modernità e lanciano il messaggio di un capitale umano, nuovo, segnato dalla bellezza che è bontà. Perché non c’è interlocuzione senza bellezza e senza poter scorgere, in ogni attimo, il senso più autentico della vita che scorre.

* Giornalista

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