La pandemia e la guerra hanno creato contraccolpi planetari gravissimi. Il nostro Paese vive una fase difficile per la fragilità della politica.
Il sistema democratico, disegnato dal costituente, ha subito una profonda trasformazione.
Negli anni novanta del secolo scorso vi è stata una cesura rispetto al passato.
Una robusta schiera di autarchi prodotti da sistemi elettorali sbagliati e illusori, ha svuotato la politica e il Parlamento, sempre meno istituzione di rappresentanza democratica e solo formalmente depositario della sovranità popolare.
I populismi, gli estremismi non hanno costruito ma hanno minato le fondamenta del nostro Stato. I trasformismi, gli abbandoni, le abiure contrabbandate come rinnovamento hanno consolidato pratiche di opportunismo e hanno dissipato valori immolati sull’altare dell’egoismo.
Ideali, passioni civili, battaglie identitarie sono state sostituite dalla schiera dei capi che hanno smorzato vitalità ed entusiasmo.
Oggi cosa si fa? Vedo una rincorsa al centro di un personale nuovo di rincalzo e anche datato, sempre disponibile per tutto e il suo contrario.
Molti vivono l’euforia dell’esplosione di una saccenteria sconosciuta, altri il clima di Forcelle dove si pratica il “gioco della “carta vince e della carta perde”.
Questo non è il centro; è il disegno che corrode la politica, aggrava la crisi della democrazia.
È il tentativo di sostituzione del “personale”, non l’avvio di una fase in cui il Paese recuperi la sua storia migliore.
Cosa fare? Va approvata una legge elettorale proporzionale con le preferenze. Le preferenze per abbattere le signorie, per dare dignità di rappresentanza democratica alle istituzioni restituendo il potere di scelta agli elettori.
Così i partiti riprendono a vivere invertendo il rapporto tra eletto ed elettori oggi sostituiti dai capi.
Bisogna pensare a una legislatura costituente sulla forma di Stato e di governo. Una ultima domanda.
È possibile che tanti che provengano dalla esperienza della Democrazia Cristiana e dalla cultura del popolarismo cattolico non si ritrovino per dare il loro contributo? Lo pretende la Storia.
Ci vuole coraggio.
L’ignavia sta esaurendo il proprio tempo.
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