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L’accusa della Dda ad Artese: «Mette a disposizione le sue risorse economiche e contribuisce al rafforzamento del clan»

È quanto emerge dall’indagine che ha colpito il “Sistema” messo in piedi dalla mala a Cosenza. Per l’accusa non basta «non far parte dell’associazione a delinquere»

Pubblicato il: 06/09/2022 – 17:17
L’accusa della Dda ad Artese: «Mette a disposizione le sue risorse economiche e contribuisce al rafforzamento del clan»

COSENZA Le indagini coordinate di recente dalla Dda di Catanzaro hanno consentito di mettere in luce l’allarmante sviluppo del fenomeno criminale nella città di Cosenza e nei territori limitrofi. Nel corso degli ultimi due anni, si registra una forte recrudescenza dell’attività criminale nel territorio ad opera di tutti gli storici gruppi criminali operanti sul territorio (sette quelli individuati), ormai definitivamente consorziati. Tuttavia all’interno dei gruppi emergono alcune crepe, poi sanate con interventi ad hoc dei vertici del clan. Nell’inchiesta “Reset”, chi indaga intercetta un invito al rispetto delle regole mosso da Mario Piromallo, Roberto Porcaro e Carlo Drago a Gennaro Presta, esponente degli “Zingari/Banana”. La questione si lega ad un episodio che documenta la presunta richiesta estorsiva indirizzata all’attività economica di Ariosto Artese. Quest’ultimo – per l’accusa – «pur senza far parte dell’associazione a delinquere, quale contropartita della protezione a lui offerta dai membri del predetto clan, contribuiva concretamente alla conservazione, al rafforzamento ed al raggiungimento degli scopi del sodalizio di matrice ‘ndranghetista, egemone sul territorio della città di Cosenza e della relativa provincia, mettendo a disposizione dello stesso le sue risorse economiche e le sue relazioni imprenditoriali». Artese, inoltre, avrebbe anche svolto il ruolo «da intermediario in una vicenda usuraria e si sarebbe prodigato nella mediazione finalizzata a far ottenere a Roberto Porcaro una partecipazione ai proventi della richiesta estorsiva da formulare al gestore di un parcheggio di veicoli di prossima apertura».

I Rolex venduti a Roma

È Roberto Porcaro conversando con Carlo Drago a riferire che Artese fosse «da ritenersi una persona a loro vicina che aveva dato la sua adesione al gruppo mettendosi a disposizione». «Da premettere che Ariosto l’ho conosciuto con te… non lo conoscevo da prima… però… sapendo che è stato sempre un amico vicino a noi… tanto di cappello … per amor di Dio …si è messo pure a disposizione». Quanto detto a Drago, Porcaro sostiene di averlo riferito anche a Gennaro Presta. «Gli ho detto: guarda Gennarì…” …gli ho detto: “che è stato un amico sempre che è vicino a noi». Gli investigatori, dalle intercettazioni, ricostruiscono il presunto ruolo assunto da Ariosto Artese che «risulterebbe essere in continuo contatto con Drago, in ragione dello stretto rapporto di amicizia, nonché in ragione di alcune cointeressenze di natura economica». Lo stesso Drago avrebbe coinvolto l’imprenditore in un’operazione relativa alla vendita, ad un negozio di gioielli ed orologi con sede a Roma, «di numerosi orologi di marca Rolex il cui valore complessivo veniva stimato in 80 mila euro».

La vicenda del parcheggio

Roberto Porcaro, come anticipato, mette nel mirino l’attività di gestione di un parcheggio per autovetture da aprire nei pressi dello svincolo autostradale, «per l’avvio della quale era necessario un coordinamento con Ariosto Artese». In una conversazione intercettata tra Porcaro e Drago, il 09 ottobre 2018, il primo introduceva una nuova questione che riguardava Artese informando il suo interlocutore «che questi aveva stipulato con un soggetto un contratto che prevedeva un canone mensile di 1.500 euro». «Sono passato per un altro motivo …Ariosto… dice che è andato da quello e quell’altro … dice che tu Ottobre e Novembre hai capito … Novembre e Dicembre … questo il tempo che va a vedere il parcheggio e ci sta che tu dici due mesi non ti fare pagare…dice che ha fatto un contratto di 1500 euro». Il membro della cosca Lanzino criticava il comportamento dell’imprenditore sostenendo che il gestore del parcheggio non aveva la possibilità di pagare perché non essendo ancora iniziata l’attività non poteva avere il denaro necessario da versare. Ad intervenire sarà Carlo Drago «che avrebbe provveduto a rintracciare Artese affinché questi a sua volta facesse giungere alla persona interessata la richiesta di concedere al locatario un altro mese di tempo per avviare l’attività e comunque di abbassare il canone pattuito». «Io oggi, ascoltami bene, io oggi vedo se lo riesco a rintracciare oggi! Come lo rintraccio gli dico eh: “al contratto… di (1.000) mille euro!”».

L’estorsione ai danni di Artese

Il nome di Ariosto Artese, nell’indagine “Reset”, finisce al centro di un episodio estorsivo. È sempre il duo Porcaro-Drago a tirare in ballo il nome dell’imprenditore. In una prima conversazione captata nel 2018, si parla di una richiesta estorsiva presumibilmente perpetrata da Gennaro Presta nei confronti di un soggetto, il quale poi avrà modo di specificare che l’attività interessata dalla richiesta di pizzo era in realtà un «call center da lui gestito ma che faceva capo ad Ariosto Artese».
Nel corso della telefonata, Porcaro spiegherà a Drago di aver riferito a Presta che Artese era da ritenersi «un amico vicino a noi», e che avrebbe manifestato la propria vicinanza al gruppo «mettendosi a disposizione». Tuttavia, Ariosto Artese non avrebbe comunicato a Porcaro della ricezione della richiesta di pizzo nei suoi confronti, ma avrebbe preferito rivolgersi a Mario Piromallo. Nonostante tutto, Porcaro nel corso di una telefonata a Carlo Drago riferisce di aver «evitato che gli Zingari incendiassero il locale di Artese». «No questi glielo accendevano … quindi … gli abbiamo evitato un danno… cioè gli abbiamo risolto il problema noi». (f.b.)

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