ROMA Dal Vibonese alla Capitale, «dove il suo tesoro è stato sequestrato». Il rapporto “Mafie nel Lazio” (che sarà presentato nei prossimi giorni presso il Tempio di Adriano) traccia in poche righe il profilo del «boss Pasquale Bonavota, al vertice del clan operativo sin dai primi anni 2000 nella Capitale, attualmente uno dei latitanti più ricercati d’Italia». Con una spiccata sensibilità editoriale: «Negli anni è stato in grado di imprimere importanti cambiamenti nella sua cosca, estendendone gli affari a Roma». Il Corriere della Sera anticipa alcuni passaggi del report – questo è dedicato a «L’evoluzione delle cosche di ‘ndrangheta nella Capitale» –, che quest’anno diventa particolarmente significativo dopo l’emergere della prima locale autonoma della criminalità calabrese nella Capitale, come raccontato nell’inchiesta «Propaggine».
«Già dagli anni Novanta – anticipa il Corriere – il clan Filippone ha fatto sentire la sua presenza criminale su Roma, quando alcuni componenti della famiglia si trasferirono nella zona Borgo Pio, nei pressi del Vaticano». Qui «insediarono il proprio quartiere generale, acquistando diverse attività commerciali e iniziando una proficua gestione del narcotraffico in collaborazione con Guerino e Salvatore Casamonica». Sono le parole di un collaboratore di giustizia a sintetizzare il ruolo delle ‘ndrine in riva al Tevere: «Chi ha la droga a Roma, fa quello che vuole e i calabresi hanno sempre la droga. Alcune volte ci sono dei conflitti, i romani hanno le piazze qua a Roma e i calabresi li riforniscono».
Da Borgo Pio a San Basilio. «La presenza a San Basilio dei Marando di Platì – si legge nella relazione – è piuttosto significativa, non soltanto per il loro ruolo nel narcotraffico. Alfredo Marando, 26 anni, nato a Locri e operativo a Roma da alcuni anni con suo fratello Francesco (figli del più noto Rosario e nipoti del presunto narcotrafficante Pasquale) è infatti anche il presidente del Real San Basilio Calcio, squadra che milita nel girone B dell prima categoria dilettanti». Dettaglio non secondario perché «non è la prima volta che gruppi dediti al narcotraffico in alcuni quartieri in cui le mafie hanno un controllo del territorio si trovano in interazione con il mondo delle squadre di calcio del quartiere, che hanno molto seguito nei giovani e nella tifoseria locale».
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