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l’inchiesta

Falsi testamenti, la denuncia (contro il proprio padre) che inchioda Marco Scalzo

Pretendevano un’indennità quando sul conto di Ortenzia Fabiano arrivavano polizze milionarie. Il lascito del signor C.C. conteso dal gruppo e dalle nipoti, con due finti documenti

Pubblicato il: 23/10/2022 – 18:02
di Alessia Truzzolillo
Falsi testamenti, la denuncia (contro il proprio padre) che inchioda Marco Scalzo

CATANZARO Aveva denunciato il proprio padre perché non pagava alla madre, con la quale è divorziato, un’indennità mensile di 300. Eppure sul conto della donna arrivavano polizze assicurative da un milione di euro in qualità di unica erede di un uomo a lei del tutto sconosciuto. È da questa bega familiare che le forze dell’ordine hanno scoperto la truffa dei falsi testamenti messa in atto a Catanzaro. Ma procediamo con ordine. Ha destato scalpore, all’inizio della settimana, la notizia dell’esistenza di una presunta associazione per delinquere formata da nove persone – due finite in carcere e sette ai domiciliari – dedite alla falsificazione di testamenti intestati a persone decedute senza parenti prossimi. Grazie a un informatore all’interno di Poste Italiane, Luciano Crispino, il gruppo veniva a conoscenza dell’esistenza di clienti deceduti e privi di familiari che avessero stipulato polizze assicurative. A capo dell’organizzazione vi sarebbe Marco Scalzo, colui il quale avrebbe falsificato anche i testamenti intestati a “teste di legno” tra le quali Ortenzia Fabiano, madre dello stesso Scalzo. È singolare il modo in cui l’indagine ha preso avvio. Gli inquirenti sono stati insospettititi che qualcosa non andasse, dopo essere intervenuti per liti familiari che riguardavano gli stessi Scalzo e Fabiano che in diverse occasioni hanno allertato le forze dell’ordine per denunciare le aggressioni ricevute da parte dell’ex marito di lei e padre di lui.

Le denunce di Scalzo (che lo fanno scoprire)

I carabinieri della Stazione di Gimigliano hanno appreso che i dissidi nascevano da contrasti di tipo economico e quindi le indagini si sono svolte su questo fronte.È così che è emerso un dato singolare: a settembre 2018 alla Fabiano erano state liquidate cinque polizze assicurative postali per un valore di circa un milione di euro. Le polizze erano state accese in vita da F.F. che, al momento del decesso, il 5 gennaio 2017, aveva nominato la Fabiano sua unica erede mediante testamento olografo.Ma questo dato entrava in aperto contrasto con quanto dichiarato da Marco Scalzo a marzo 2020, ovvero che lui e la madre avevano intentato una causa per il riconoscimento di un’indennità mensile di 300 euro a favore della donna. Scalzo affermava davanti agli inquirenti che il padre era stato condannato a pagare 20mila euro da devolvere alla ex moglie «la quale versava e versa anche tuttora in precarie condizioni economiche non percependo alcuna pensione è non svolgendo alcuna attività lavorativa».
I carabinieri si sono poi accorti che sul telefono di Scalzo era presente il contatto di tale “Lucian Posta Catanz” dal quale l’uomo aveva ricevuto delle fotografie di schermate della banca dati in uso a Poste Italiane. Il sospetto sorto negli investigatori è subito stato che il testamento fosse falso anche perché tra F.F. e la signora Fabiano non esisteva nessun legame di parentela.Le indagini partono da qui.Una prima conferma sulle buone intuizioni dei militari la dà la perizia grafologica con la quale si accerta che, pur non individuando chi materialmente avesse prodotto il documento, la grafia e la sottoscrizione presenti sul testamento olografo non appartengono al defunto.

I due falsi testamenti

Scavando più a fondo sono emerse altre vicende relative ad altri defunti nei confronti dei quali si sarebbe messa in opera la macchina truffaldina dell’associazione.
È il caso del testamento del signor C.C. – sul quale ha indagato la Squadra Mobile di Catanzaro – morto senza figli ma non privo di parenti prossimi, tanto che il 15 settembre 2020 la Procura della Repubblica di Venezia ha trasmesso alla Procura di Catanzaro un atto di denuncia-querela da parte dei nipoti del defunto per il reato di falsità in testamento olografo, affermando la palese falsità del testamento olografo asseritamente redatto dal loro zio e pubblicato il 14 aprile 2020 da tale Roberto Barbuto (altra testa di legno in questa vicenda). Barbuto, dicono i nipoti è assolutamente sconosciuto alla famiglia. Il testamento disponeva che «i depositi, i buoni fruttiferi, i titoli e le polizze verranno destinati al signor Roberto Barbuto a titolo di riconoscenza».
Due nipoti del signor C.C. portano agli atti un altro testamento pubblicato il sei maggio 2020 con il quale lo zio lasciava «il box e il magazzino di Gizzeria» alle parenti «per essersi occupate della mia amata mamma». A questo punto interviene un colpo di scena: una denuncia del fratello del defunto sulla base del quale accerta, attraverso una consulenza grafologica, «la falsità sia del testamento pubblicato in data 14 aprile 2020 da Roberto Barbuto sia di quello pubblicato dalle nipoti». Per questa ragione – scrive il gip – è stato disposto il sequestro preventivo dei beni facenti parte dell’asse ereditario del de cuius C.C. in quanto profitto dei delitti posti in essere dagli odierni indagati ma anche dalle nipoti». In questo caso nessuno degli indagati ha potuto mettere le mani sui buoni fruttiferi del defunto. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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