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l’udienza

Imponimento, dal viaggio alla “Ciambra” agli intrecci con i Iannazzo: il business delle armi degli Anello-Fruci

In aula bunker la ricostruzione del maresciallo della GdF Micale: i movimenti di Cerra e Rondinelli, la figura di Pierdomenico Iannazzo e il maxi sequestro di armi. E il kalashnikov mai ritrovato a…

Pubblicato il: 08/11/2022 – 7:11
di Giorgio Curcio
Imponimento, dal viaggio alla “Ciambra” agli intrecci con i Iannazzo: il business delle armi degli Anello-Fruci

LAMEZIA TERME Gli affari e l’operatività nel settore del traffico delle armi è uno dei pilastri sul quale l’inchiesta “Imponimento” della Dda di Catanzaro si fonda. Per gli inquirenti – come è emerso già dopo la prima sentenza emessa in abbreviato – la cosca di ‘ndrangheta Anello-Fruci ha sempre avuto a disposizione sia armi comuni che da guerra. A certificarlo ci sono diverse operazioni, da “Effetto domino” a “Gentleman”, oltre a perquisizioni, operazioni, processi e dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Un dato emerso ancora tra le centinaia di pagine del procedimento “Imponimento” e sviscerato in aula bunker anche dal maresciallo Antonio Micale, del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della GdF di Catanzaro, ascoltato dal pm Romano Gallo davanti al Tribunale collegiale di Lamezia Terme.

Il viaggio alla “Ciambra” di Gioia Tauro

Tra gli episodi ricostruiti c’è il viaggio intrapreso da due uomini legati al clan Anello-Fruci, Antonio Cerra e Pasquale Rondinelli. È il 16 ottobre 2017 quando entrambi si organizzano per andare a Gioia Tauro. Scopo della missione, l’acquisto di armi da fuoco. «I due soggetti – spiega Micale al pm – concordano che Cerra si sarebbe recato presso il Garden Resort, dove Rondinelli si trovava, per passarlo a prenderle e recarsi a Gioia Tauro. Poi successivamente abbiamo riscontrato che il viaggio veniva effettuato con un’autovettura noleggiata da Cerra. Tra le 17.30/17.50 Rondinelli e Cerra si fermano all’interno di un bar per interloquire con una terza persona, poi successivamente, durante questo colloquio abbiamo captato delle conversazioni in cui molto probabilmente i soggetti parlavano di sostanza stupefacente. Dopo quest’incontro, Cerra e Rondinelli vanno a Gioia Tauro, nel quartiere Ciambra, e si fermavano davanti un’abitazione di quel quartiere e cercano una persona di nome Giovanni». «La persona non era in casa, e quindi chiedevano alla moglie di poterlo rintracciare, dicendogli che c’erano gli amici di Lamezia che lo stavano cercando». Prima di raggiungere il quartiere Ciambra, Cerra aveva anticipato a Rondinelli che, la persona che stavano per incontrare, era in un possesso di un’arma modello 70 e, come particolare, aggiunge che nelle guance dell’impugnatura dell’arma c’erano raffigurati San Cosmo e San Damiano. I due aspettano e, nonostante la moglie non fosse riuscita a rintracciarlo, i tre si incontrano lo stesso. Gli inquirenti riescono a risalire all’identità di Giovanni Bevilacqua grazie ad un dettaglio importante: in una delle conversazioni intercettate quel pomeriggio, infatti, è lo stesso Bevilacqua a fare riferimento al fatto che il genero, un tale Cosimo, era stato arrestato quel giorno per un furto messo a segno quel giorno insieme ad un’altra persona. E dai controlli effettuati risultava che i responsabili fossero effettivamente Cosimo Berlingieri, nato a Cinquefrondi l’11 febbraio del 1982, e da Damiano Bevilacqua, nato a Gioia Tauro il 31 marzo del 1988. «Così abbiamo fatto successivamente dei rischi presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di Gioia Tauro e abbiamo riscontrato che Cosimo Berlingieri è effettivamente genero di Giovanni Bevilacqua, che è il giorno che abbiamo identificato in Bevilacqua Giovanni nato a Spilinga».

A Gioia Tauro per «qualche cosa di buono»

Nella successiva conversazione Cerra chiede a Giovanni se fosse in possesso di «qualche cosa di buono», poi fanno riferimento a modello e calibro di armi, in particolare un modello 81, una 7 e 30. Giovanni gli dice che c’è una 46, sempre riferito al modello, e Cerra gli chiede se Giovanni ha possibilità di reperire una 7 e 65. Alla fine, si fa riferimento al fatto che Giovanni vuole mostrare a Cerra un’arma in possesso però di una terza persona, che gliela avrebbe venduta al prezzo di 900 euro. Si tratta di un modello 46, probabilmente un revolver, perché fanno riferimento se il cane è interno o esterno. «Quindi, praticamente all’esito di questa conversazione Giovanni dice ai due di aspettarlo lì perché si sarebbe dovuto recare sul posto da terza persona che deteneva le armi per mostrargliele», spiega in aula Micale. A questo punto però le intercettazioni si interrompono perché attorno alle 18.30 si scarica la batteria del telefono intercettato. «Siamo comunque riusciti a ricostruire quella che era stata la cessione di quel giorno a favore sia di Pasquale Rondinelli che di Antonio Cerra, perché in una conversazione successiva, del 19 ottobre, quindi un paio di giorni dopo, registrata dal telefono in uso a Rondinelli, veniva registrata una conversazione ambientale tra quest’ultimo e Francesco Iannazzo». Francesco Iannazzo, all’epoca impiegato in un autonoleggio nella zona aeroportuale di Lamezia Terme ed è coinvolto nell’indagine anche per lo spaccio di sostanze stupefacenti insieme a Pasquale Rondinelli.

Gli intrecci con i Iannazzo

Nella storia c’è anche Pierdomenico Iannazzo, lametino classe ’79, figlio di Francesco detto “Cafarone”, classe ’55 di Sambiase, quartiere di Lamezia Terme, nonché fratello di Emanuele, classe ’81, tutti elementi di vertice della cosca Iannazzo di Lamezia Terme. In questa conversazione tra Rondinelli e Iannazzo si fa esplicito riferimento a cosa è stato, alle armi che sono state acquistate a Gioia Tauro, sia da parte di Rondinelli che da parte di Cerra. «In particolare Cerra asseriva di avere acquistato una pistola a tamburo calibro 32 e il secondo, quindi Cerra, due pistole calibro 7 e 65». Francesco e Pierdomenico Iannazzo sono i protagonisti di un altro episodio legato al traffico di armi, agli atti dell’inchiesta Imponimento e affrontato in aula da Micale, ricostruito grazie ad alcune intercettazioni, e che poi si è concretizzato il 6 novembre del 2017. «Tutte le conversazioni prodromiche, per così dire, avvengono tra Pasquale Rondinelli e Francesco Iannazzo che appunto si occupa di reperire l’arma e mantenere i contatti con Pierdomenico Iannazzo, fino a quando poi, quando avviene la cessione, Francesco Iannazzo accompagna Rondinelli da Pierdomenico Iannazzo». E il gruppetto si adopera per il reperimento e la consegna delle armi, facendo affidamento su alcuni semplicissimi accorgimenti. Francesco Iannazzo e Pasquale Rondinelli, infatti, concordavano di effettuare il trasporto delle armi in una giornata idonea, magari in una giornata piovosa per evitare i controlli delle forze dell’ordine. «E in effetti – racconta Micale – Pasquale Rondinelli, coadiuvato da Francesco Iannazzo, si recava da Pierdomenico Iannazzo il 6 novembre del 2017 per ritirare l’arma». «I due nella conversazione fanno riferimento proprio all’arma, alla marca dell’arma, alla tipologia, al tipo di canna, indicando che si tratta di una canna Magnum. Dopo di che Rondinelli fa riferimento al fatto che l’arma potrebbe essere smontata per il successivo trasporto e successivamente si fa riferimento anche al fatto che di lì a poco i due si sarebbero apprestati a cancellare la matricola dell’arma mediante trapanatura». «I due commentano il fatto di non potere andare troppo in profondità per non rovinare l’arma, tanto è che Rondinelli propone di utilizzare un punzoncino al posto del trapano, invece poi, l’abrasione avviene tramite il trapano, perché nel corso dell’ambientale si sente anche proprio il rumore dell’attrezzo». Dopo l’abrasione della matricola l’arma viene riposta all’interno di una custodia con una zip, e i due si organizzano per il successivo trasporto.

Il trasporto e la staffetta all’Angitola

I due si accordavano per il trasporto dell’arma che intanto era stata riposta all’interno dell’autovettura in uso a Rondinelli, mentre Pierdomenico Iannazzo avrebbe fatto da staffetta con un proprio mezzo. «Il particolare che viene riscontrato è che Iannazzo chiede a Rondinelli di fornire il numero di telefono, perché Pierdomenico Iannazzo aveva avuto un problema in quei giorni al telefono, il telefono era guasto e non gli funzionava bene, quindi aveva dovuto sostituirlo e non aveva il numero di telefono di Rondinelli. Ovviamente sarebbe servito a Iannazzo del caso in cui, diciamo, avesse riscontrato la presenza delle forze dell’ordine, per avvertire Rondinelli di cambiare strada». Rondinelli dice anche a Iannazzo di fungere da staffetta fino al bivio, probabilmente intende l’Angitola, nei pressi di Pizzo, e poi di tornare indietro in direzione Acconia, perché da lì poi si sarebbero recati insieme presso un negozio di cellulari, perché Pasquale aveva intenzione di fare risolvere a Iannazzo il problema che aveva al telefono guasto. E dalle successive intercettazioni, sempre telematiche, «si riscontra – spiega Micale – che intorno alle undici e cinquanta di quel giorno Rondinelli giungeva presso la propria abitazione. Lo abbiamo desunto perché mentre scendeva salutava il suo cane, e quindi abbiamo capito che era arrivato a casa». Si sente aprire il baule dell’auto – probabilmente per scaricare l’arma – e lo scambio di battute con una persona che si trovava lì. Poi Rondinelli raggiunge nuovamente Pierdomenico Iannazzo, al quale aveva detto di ritornare in direzione di Acconia Curinga.

Lo show delle armi

Quel giorno avviene anche un altro fatto singolare: nel pomeriggio di quella stessa giornata Tommaso Anello si ritrova in compagnia di Rondinelli e quest’ultimo gli mostra sia l’arma che era stata reperita acquisita quel giorno, sia altre armi in suo possesso. «Rondinelli nel mostrare le armi a Anello Tommaso, gli dice: “Questo è il 32” riferendosi al calibro, e dice che sempre della 32 ne ha anche una piccolina dice che ce le ha di là. Poi nello stesso tempo si sente il rumore di una cerniera zip, e probabilmente è la stessa che si era sentita nella conversazione della stessa giornata a casa di Pierdomenico Iannazzo, e Tommaso commenta che, chiede: “Non c’è il numero di matricola?” e Rondinelli Pasquale: “No, è già stato tolto, è già stato cancellato”, quindi probabilmente stava facendo visionare proprio a Tommaso Anello l’arma che nella mattinata era stata ceduta da Pierdomenico Iannazzo».

La perquisizione e i riscontri

Poi arriva la perquisizione per riscontrare i vari elementi emersi nel corso delle intercettazioni ascoltate. «Abbiamo perquisito l’abitazione di Rondinelli – spiega Micale – perché gli indizi ci facevano ritenere che le armi fossero proprio a casa sua». Ed effettivamente le armi trovate sono tante: «Abbiamo trovato una pistola a tamburo calibro 32 che era la Vincenzo Bernardelli. E poi la pistola Automag Calibro 22 che era stata mostrata a Cerra, la pistola americana, e anche il fucile semiautomatico Beretta con matricola abrasa che è stato riscontrato anche il fatto che era conservata all’interno di una custodia con cerniera lampo. Secondo la nostra ricostruzione era quella che gli aveva ceduto Pierdomenico Iannazzo, anche perché poi dalla successiva perizia balistica è emerso che l’abrasione della matricola era avvenuta mediante trapanatura. Poi c’era invece un altro calibro 12, però recante matricola e le due pistole che ho detto prima, che riscontrano una, la Vincenzo Bernardelli Gardone di cui alle conversazioni con Cerra, e quella che Rondinelli aveva mostrato a Cerra, l’Automag calibro 22, quella di cui esaltava, per intenderci, anche le qualità di fabbricazione, perché era una pistola di fabbricazione americana». «Nella stessa giornata è stata anche sequestrata diversa sostanza stupefacente di tipo marijuana e anche diversi quantitativi di cartucce di calibro diverso, polvere da sparo, parti di arma di diverso tipo e anche della polvere pirica. Dagli accertamenti che sono stati eseguiti successivamente, in particolare dalla perizia balistica che è stata effettuata, le armi sono risultate tutte efficienti e tutte da ritenere armi da sparo». Il blitz fa preoccupare Tommaso Anello e Rocco Anello (classe ’91). «I due – spiega Micale – sono molto preoccupati per le sorti di Pasquale Rondinelli. In più entrambi un po’ biasimano il suo comportamento perché tante volte affermano di avergli detto che le armi non poteva custodirle in quel modo, quindi implicitamente affermando anche di essere al corrente del fatto che queste armi fossero lì». «Nello stesso tempo si fa anche riferimento alle armi che non erano state ritrovate, e in questo caso si fa riferimento sia alla pistola che era stata occultata nell’armadietto della guardiola del “Garden Resort” di Curinga, e sia a dei kalashnikov che non erano stati rinvenuti. (redazione@corrierecal.it)

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