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Il pentito Impieri racconta gli affari nel gaming della mala cosentina

Le slots «imposte a due bar di Cosenza» previo «sopralluogo di Foggetti e Rango». Il collaboratore era «socio occulto di una sala scommesse»

Pubblicato il: 25/12/2022 – 7:09
di Fabio Benincasa
Il pentito Impieri racconta gli affari nel gaming della mala cosentina

COSENZA E’ il novembre del 2018, quando dinanzi al procuratore Vincenzo Luberto e al sostituto procuratore di Catanzaro Graziella Viscomi e alla presenza di ufficiali della Guardia di Finanza del nucleo di Polizia Valutaria, il collaboratore di giustizia Luciano Impieri conferma la volontà di collaborare e riferisce fatti e circostanze relativi agli anni 2013, 2014 e a due mesi del 2017. Periodi in cui è rimasto libero. Il pentito fornisce particolari dettagli sui presunti affari illeciti della criminalità organizzata cosentina nel settore delle slots e del gioco online e delle sale scommesse.

Le slot nei bar di Cosenza

Il settore era controllato dalla mala cosentina, secondo accordi di ripartizione tra clan Rango-Zingari e gli “Italiani”. «Questi ultimi avevano più detenuti e una percentuale del 60% dei profitti illeciti, mentre l’altro clan il 40%». Un patto però «sempre poco rispettato» sostiene Impieri. «I noleggiatori delle slots pagavano versando denaro nella bacinella dei clan e in cambio ottenevano protezione». Il pentito cita le vicende relative a due bar a Cosenza che «non pagavano a titolo estorsivo». Nel 2013 «si era imposto ai titolari di questi due bar di prendere le slots: Adolfo Foggetti e Maurizio Rango facevano una sorta di sopralluogo all’interno del bar e ordinavano al proprietario da chi rifornirsi e quante slots prendere».

Luciano Impieri

Il racconto prosegue. «In ragione di questi accordi, Carlo Drago consegnava alla bacinella del clan Rango-Zingari, a volte per mio tramite, 400-500 euro mensilmente». Allo stesso Drago, Maurizio Rango chiederà «a titolo di prestito» 5.000 euro. «Si trattava di un sistema – spiega Impieri – per pretendere una contribuzione alla bacinella, tutti sapevano che il danaro non sarebbe mai stato restituito». Carlo Drago osò rifiutare e Rango «lo percosse costringendolo a consegnare i 5.000 euro e a levare le slots dai due bar».

Drago passa con gli “Italiani”

L’episodio segna una frattura insanabile nei rapporti tra i vertici del clan e Carlo Drago, estromesso dal business delle slot. Al suo posto, il clan Rango-Zingari avrebbe piazzato Andrea Reda (già socio di Drago). «Non so se i rapporti tra i due si sono sistemati», esordisce Impieri che poi aggiunge: «Rango ha mandato a dire a me ed altri che Carlo Drago non doveva subire alcun fastidio in ragione dei noleggi di slots che faceva presso altri bar o esercizi commerciali». In sua difesa sarebbe intervenuto «Mario Piromallo» e dunque, in buona sostanza, «Drago era passato con gli “Italiani”».
Impieri cita un altro episodio legato alla gestione delle slot, questa volta però si prefigura la realizzazione di una estorsione. «Poco prima della rottura fra Zingari e Italiani compiuta tra maggio e giugno 2014, su incarico di Rango sono andato a portare una chiamata estorsiva ad un noleggiatore di slots. Gli chiesi di corrispondere 5.000 euro per Natale, Pasqua e Ferragosto».

Impieri, il «socio occulto»

Non solo uomo fidato del clan, Luciano Impieri era imprenditore nel settore del gioco. E’ lo stesso pentito a confermarlo. «Ero socio occulto, di una sala scommesse a Cosenza. In quella sala, come nelle altre, Piromallo pretendeva che i giochi online fossero forniti da un società di suoi “amici” crotonesi». Il collaboratore viene arrestato e quando lascia il carcere nel 2017 «seppi che la sala giochi era stata rilevata da un altro soggetto poi diventato socio di Piromallo». E non è tutto. «La stessa sala giochi aveva acquisito i giochi online dagli amici crotonesi di Piromallo». Su quest’ultimo, Impieri suggerisce alcune informazioni. «Mario Piromallo era uno dei fiduciari di Ettore Lanzino e Patitucci», dopo l’arresto di alcuni big del clan «insieme a Roberto Porcaro gestivano gli interessi degli “Italiani”».
(f.benincasa@corrierecal.it)

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