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Continua in Italia l’espansione degli imprenditori immigrati. In Calabria sono più di 15mila

La Fondazione Moressa analizza i dati Infocamere. Le province di Reggio e Cosenza quelle con la più alta presenza di lavoratori stranieri

Pubblicato il: 14/02/2023 – 14:57
Continua in Italia l’espansione degli imprenditori immigrati. In Calabria sono più di 15mila

ROMA La Fondazione Leone Moressa, istituto di ricerca creato e sostenuto dalla Cgia di Mestre, analizza i dati Infocamere e fotografa la situazione al 31 dicembre 2022, osservando la presenza di imprenditori nati all’estero e le dinamiche in corso nell’ultimo anno e negli ultimi dieci. Gli imprenditori nati all’estero crescono anche nel 2022 e rappresentano ormai oltre il 10% del totale.

761 mila imprenditori

Nel 2022 gli imprenditori nati all’estero sono 761.255, pari al 10,1% del totale. Negli ultimi dodici anni (2010-2022), appare evidente la differenza tra nati in Italia (-10,2%) e nati all’estero (+39,7%). Anche nell’ultimo anno il numero di immigrati è aumentato (+1,1%), mentre quello dei nati in Italia ha subito un lieve calo (-0,8%). In Calabria, gli imprenditori immigrati sono 15.866 con una distribuzione del 2,1 %. La provincia con più presenza di imprenditori immigrati è Reggio Calabria (5.221), seguita da Cosenza (5.064), Catanzaro (3.501), Crotone (1.255) e Vibo Valentia (825).

Cina e Romania in testa

I primi due Paesi per numero di imprenditori sono Cina (77.541) e Romania (75.801), che insieme rappresentano un quinto degli imprenditori immigrati in Italia. Nell’ultimo anno le comunità con gli aumenti più significativi sono state Albania (+7,4%), Egitto (+3,9%) e Pakistan (+3,5%). Stabile invece il Bangladesh, che negli ultimi dodici anni aveva registrato un raddoppio dei propri imprenditori (+136,8%). Il “tasso di imprenditorialità” per ciascuna comunità (rapporto tra imprenditori e popolazione 15-64 anni) vede in testa la Macedonia (51,3%), seguita da Russia (34,8%) e Cina (31,6%), mentre sono fortemente al di sotto della media Albania (12,9%), Romania (8,8%) e India (7,0%).

Un terzo nel commercio

Il settore con più imprenditori nati all’estero è il Commercio, con 235 mila imprenditori (31,0% del totale). Seguono Servizi e Costruzioni, rispettivamente col 24,2% e il 22,4% del totale. Per quanto riguarda l’incidenza dei nati all’estero per settore, i valori massimi si registrano nelle Costruzioni (17,0%), nel Commercio (13,5%) e nella Ristorazione (12,7%). Negli ultimi dodici anni (2010-2022), tutti i settori hanno registrato un aumento degli imprenditori immigrati e un calo degli italiani. L’aumento maggiore degli immigrati si è registrato nei Servizi (+66,5%), mentre il calo più intenso tra gli italiani è stato quello della manifattura (-23,1%).

Presenza più forte al Centro-Nord

La prima regione per numero di imprenditori stranieri è la Lombardia, con poco più di 160 mila unità (oltre un quinto del totale nazionale). L’incidenza maggiore rispetto al totale imprenditori si registra in Liguria (13,7%), Toscana (13,4%) e Lazio (12,9%) e generalmente è superiore alla media nelle regioni del Centro-Nord. Negli ultimi dodici anni, la crescita maggiore tra gli imprenditori immigrati si è registrata in Campania (+88,8%). Aumenti superiori al 50% anche in Liguria e Lazio. Tra gli imprenditori italiani, sei regioni hanno registrato flessioni superiori al -15% dal 2010 al 2022.

Il caso del distretto di Prato

A livello provinciale, in termini assoluti le concentrazioni più importanti di imprenditori immigrati sono nelle grandi città: Milano, Roma, Torino e Napoli. Se invece consideriamo l’incidenza sul totale imprenditori, il picco massimo si raggiunge a Prato, dove il 25,6% degli imprenditori è nato all’estero. Altre quattro province segnano valori al di sopra del 15%: Trieste, Imperia, Milano e Firenze. Secondo i ricercatori della Fondazione Leone Moressa, «la crescita dell’imprenditoria immigrata non è più una sorpresa. Il trend prosegue anche negli anni di crisi, parallelamente rispetto al calo degli italiani, tanto che gli imprenditori nati all’estero sono ormai un decimo del totale. Il fenomeno può essere un’opportunità anche per le imprese italiane, ma sono ancora poche le sinergie».

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