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Catanzaro, nel mirino della Camera Penale le distorsioni della legislazione antimafia e i suoi costi sociali

Presentato il libro di Barbano. L’autore: un diritto penale che mette la pericolosità al posto della colpevolezza è un sistema di regime

Pubblicato il: 17/02/2023 – 20:08
Catanzaro, nel mirino della Camera Penale le distorsioni della legislazione antimafia e i suoi costi sociali

CATANZARO Le distorsioni della legislazione antimafia e i pesanti costi sociali che queste possono determinare: è stato questo il tema al centro dell’incontro organizzato dalla Camera penale “ A. Cantàfora” di Catanzaro, dedicato alla presentazione del libro di Alessandro Barbano “L’Inganno. Antimafia, usi e soprusi dei professionisti del bene”.

«Diritto penale di regime»

È lo stesso autore a tracciare il tema del dibattito spiegando che in Italia allo stato «c’è una legislazione antimafia in contrasto con la Costituzione, è una legislazione che – sostiene Barbano – aveva un senso in un determinato momento storico in cui c’era una mafia piramidale che minacciava le istituzione e attentava all’incolumità pubblica ma non ha senso eternizzarla oltre il tempo di quella emergenza e soprattutto non bisogna farne il paradigma dell’intero diritto penale sostituendo la colpevolezza con la pericolosità, cioè sostituendo un diritto penale che ti condanna per un fatto con un diritto penale che ti condanna per un giudizio soggettivo su quello che tu sei. Purtroppo questo sistema è dilagato nell’ordinamento, dal 41 bis fino alle interdittive, con la stessa logica: non vale la colpevolezza ma vale la pericolosità. È un diritto penale che mette la pericolosità al posto della colpevolezza è un diritto penale di regime». Nel mirino di gran parte del relatori c’è il sistema della prevenzione per come oggi è strutturato. Secondo Giandomenico Caiazza, presidente dell’Unione Camere Penali, collegato da Roma, «il libro di Barbano è un atto di coraggio perché per la prima volta affronta il tema delle conseguenze devastanti – che noi conosciamo ma pochi conoscono – che certi provvedimenti possono avere nei confronti delle persone e delle imprese e dell’economia complessiva di un territorio, è un fenomeno allarmante che noi abbiamo spesso denunciato ma trovando in genere silenzio. Quello che sta accadendo è che il processo di prevenzione tende ormai a surrogare il processo penale e questo nasce non dall’inefficienza e dai ritardi del processo penale ma dal fatto che si tratta di un percorso libero dai vincoli probatori del processo penale, e questo determina provvedimenti che si fondano sul sospetto e sulla totale inversione dell’onere della prova».

I relatori all’incontro della Camera Penale di Catanzaro

La testimonianza di Rocco Greco

Uno dei momenti più significativi è stata la testimonianza di Francesco Greco, figlio di Rocco Greco, l’imprenditore agrigentino finito nel tunnel della prevenzione patrimoniale antimafia, che si è tolto la vita con un colpo di pistola alla tempia nella sua azienda di Gela all’alba del 27 febbraio 2019 e che successivamente sarà riconosciuto dallo Stato vittima di mafia, «troppo tardi – hanno detto i relatori – per porre rimedio all’ennesima ingiustizia prodotta da un sistema illiberale qual è quello coraggiosamente denunciato da Barbano». In platea anche l’ex governatore della Calabria Mario Oliverio, il cui caso lo stesso Barbano affronta in un capitolo del suo libro nel quale non mancano critiche all’azione del procuratore Gratteri. Anche il segretario della Camera penale di Catanzaro, Francesco Iacopino, evidenzia «il merito di Barbano di aver portato nel dibattito collettivo un tema di estrema attualità qual è quello degli effetti collaterali prodotti dal contrasto alle mafie. Nessuna dubita sul fatto che la legislazione antimafia sia necessaria in Italia per contrastare il fenomeno mafioso, ma il problema è che questa legislazione non è utilizzata solo per colpire le mafie ma, sia per i sue destinatari sia per le sue modalità attuative, cha creato effetti collaterali devastanti sul piano economiche sociale soprattutto nei terrori a maggiore presenzi a delle mafie. Attraverso la prevenzione infatti – rileva Iacopino – è maggiore il rischio che possano essere colpiti imprenditori sani che non hanno nulla a che vedere con la mafia ma anzi subiscono le pressioni mafiose. Davanti a questo fenomeno l’avvocatura ma anche la collettività e gli attori della giurisdizione devono farsi carico del problema e interrogarci se questo sistema che produce effetti tossici anche tra i civili non vada ripensato nelle sue modalità attuative. C’è purtroppo una difficoltà a parlare di questi temi perché spesso Il dogma dell’antimafia diventa un bavaglio. La domanda di fondo: la lotta alla mafia può giustificare costi sociali a volte ai limiti del sacrificio? Noi diciamo basta con la logica del sospetto che fa tornare ai tempi della caccia alle streghe». Tanti gli interventi all’incontro, tra questi anche lo scrittore Mimmo Gangemi e Ilario Ammendolia, presidente onorario dell’associazione “Riforma Giustizia”. A tirare le somme il presidente della Camera Penale di Catanzaro Valerio Murgano: «Oggi un bel messaggio che parte da Catanzaro, un messaggi di legalità che parte dal principio della necessità del rispetto delle regole anche quando si combatte la mafia, nel nome del principio della presunzione di innocenza contenuto nella nostra Costituzione. Occorre sempre tutelare la dignità delle persone soprattutto quando queste non sono state ancora raggiunte da una sentenza definitiva di condanna». (redazione@corrierecal.it)

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