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l’inchiesta

Vibo, i fallimenti pilotati e la caccia ai finanziamenti pubblici: la “super società” di Barbieri

Secondo l’inchiesta, era il vero “dominus” del gruppo. Per il gip era lui a realizzare i nuovi progetti e a condizionare il curatore fallimentare

Pubblicato il: 30/03/2023 – 15:53
di Giorgio Curcio
Vibo, i fallimenti pilotati e la caccia ai finanziamenti pubblici: la “super società” di Barbieri

VIBO VALENTIA Un vero e proprio “gruppo criminale” che, dissimulato sotto lo schermo apparente di una pluralità di società tra loro indipendenti, aveva quale unico fine «quello di commettere una serie indeterminata di reati fallimentari e tributari, secondo uno schema preciso di ripartizione di ruoli». Il gruppo è quello capeggiato da Francesco Barbieri, vibonese classe ’72, finito in carcere ieri nel corso del blitz della Guardia di Finanza di Vibo Valentia. A scriverlo nero su bianco è, invece, il gip del Tribunale di Vibo, Francesca Loffredo, nell’ordinanza che ha portato all’arresto di cinque persone di cui una finita in carcere e quattro agli arresti domiciliari ovvero Giuseppe Barbieri, 50 anni, legale rappresentante della B&F srl; Basilio Calzona, 51 anni, legale rappresentante delle società Ortomania e Geosapori; Immacolata Burzese, 49 anni, moglie di Francesco Barbieri e già socia della Sapori Mediterranei e responsabile amministrativo della Cof, finiti agli arresti domiciliari. Tutto ruota attorno all’indagine svolta dagli uomini della Guardia di Finanza e in parte dai Carabinieri, coordinato dalla Procura di Vibo Valentia e al fallimento della “Cof Spa”, azienda attiva nel settore del confezionamento di frutta e verdura oltra alla “Bef Srl”, la “Vittoria Trasporti Srl”, la “Ortomania Srl” e la “Sapori Mediterranei Srl”. E all’interno di questo quadro – scrive il gip – ciascuno dei partecipi, inseriti a vario titolo nelle singole società, nell’esercizio delle proprie funzioni, «si prestava consapevolmente all’attuazione di pratiche illecite ed alla commissione di delitti economici e fiscali, sotto la costante direzione di Francesco Barbieri».

Gli interessi della “super società”

Dall’inchiesta è emersa per il gip «l’esistenza di un centro d’interessi superiore» ovvero una “super società” di fatto alla quale si potevano ricondurre altre società con un unico centro decisionale costituito da Francesco Barbieri, Basilio Calzone, Immacolata Burzese, Giuseppe e Aldo Barbieri, responsabili secondo le indagini di aver «strumentalizzato la società Geosapori s.r.l. – prima società fallita di una holding di fatto – indirizzandola al fallimento, mediante una serie di condotte e operazioni sistematiche di natura contabile e finanziaria articolate e compiute tramite altre società operanti nella filiera agroalimentare». Un sistema ben organizzato e ideato per «arricchire sé stessa e le altre società», socie occulte della società di fatto. Si tratta dalla “COF S.p.a”, la “B&F S.r.l.”, la “Vittoria Trasporti s.r.l.”, la “Sapori mediterranei Società semplice Agricola” e l’”Ortomania Soc. Cooperativa Agricola”, tutte dichiarate fallite con sentenza del Tribunale di Vibo Valentia del 14 ottobre del 2021.

Il “dominus” Francesco Barbieri

L’inchiesta coordinata dalla Procura vibonese indica come “dominus” del gruppo, dunque, Francesco Barbieri. Così come scrive il gip nell’ordinanza, è lui ad aver orientato «l’agire dei singoli legali rappresentanti, amministratori e soci preposti in seno a ciascuna società», tutti soggetti comunque compiacenti con l’unico fine di arricchire la “super società”, con graduale dismissione delle società palesi (ma in realtà socie occulte della superiore entità) che, come accaduto ab origine per Geosapori s.r.l., sono portate alla decozione nell’ottica unitaria della holding di fatto occulta.

Il ruolo del curatore

A corroborare l’ipotesi accusatoria concorrono le risultanze dell’attività tecnica di intercettazione telefonica e ambientale, le sommarie informazioni rese dal curatore Pontoriero, oltra all’analisi documentale. «Le società sono gestite da un ristretto gruppo di persone – spiega Pontoriero in uno stralcio di dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria – che fanno parte delle compagini sociali, spesso sovrapponibili o comunque riferibili agli stessi soggetti. Tali società, seppur apparentemente distinte ed autonome, in realtà fanno parte di una “Super Società di fatto” che, da oltre 10 anni e con importi rilevanti (3-4 milioni di euro l’anno) – percepisce fondi ministeriali per progetti relativi alla fornitura di frutta, verdura e latte nelle scuole». «Il fulcro dell’indotto economico di tali società proviene dagli appalti pubblici, che venivano gestiti da un unico “Centro di interesse” in cui le predette aziende effettuavano delle anomale fatturazioni tra loro. Ho potuto constatare che ciclicamente, le aziende in difficoltà, non prendevano più parte alle attività legate agli appalti pubblici».  

Il tentativo di condizionare il curatore

Ad inchiodare – sempre secondo l’accusa – Francesco Barbieri, ci sono anche le intercettazioni telefoniche ed ambientali. In alcune conversazioni, infatti, Barbieri parla con due avvocati, con un funzionario di Unioncamere e anche con il nipote, ricoprendo «in modo inequivocabile il ruolo di dominus», dando indicazioni e, in un caso, conversando direttamente con il curatore fallimentare. A spiegarlo è ancora una volta Francesco Pontoriero presso gli Uffici del Nucleo Investigativo Carabinieri. «(…) nella data del 18.10.2021, momento in cui ho eseguito il primo accesso presso l’azienda COF ho ricevuto la prima dichiarazione da parte di Francesco Barbieri testualmente “avvocato, come lei ha fatto indagini su di me io le ho fatte su di lei” e successivamente durante l’audizione da me convocata ha fatto delle allusioni su di me in merito a un villaggio di famiglia con sede a Capo Vaticano». L’indagine, dunque, ha attestato che Francesco Barbieri «non ha solo tentato di “avvicinare” il curatore fallimentare Pontoriero, ma ha anche tentato di condizionarne l’operato attraverso comportamenti poco ortodossi del proprio legale, il quale non ha nascosto l’intento di voler fare leva sulla propria appartenenza ad ambienti massonici».

Le mani sul maxi finanziamento ministeriale

Il costante monitoraggio, poi, ha permesso di ricostruire tutti i tentativi messi in atto da Francesco Barbieri nel tentativo di ideare e realizzare nuovi progetti imprenditoriali durante tutto il periodo della procedura fallimentare. In una conversazione con un tale Michele, il primo chiede al secondo se fosse interessato a partecipare ad un progetto «aggressivo e importante», relativo ad un bando di gara per la distribuzione del latte nelle scuole, che gli avrebbe consentito di «introitare denaro di un’altra commessa pubblica: da fonti aperte (sito www.lattenellescuole.it) si è appreso che fino al 17 dicembre 2021 sarebbe stato possibile per le scuole interessate iscriversi con riferimento all’anno scolastico 2021/2022 al programma “Latte nelle scuole”». È emerso, così, che Barbieri abbia tentato costantemente di «procacciare nuovi soggetti fisici e giuridici con i quali partecipare a bandi di gara deliberati dal Ministero dell’Agricoltura, in taluni casi cercando di ottenerne – almeno – il ruolo di consulente economico-finanziario, per poter lucrare denaro in ogni caso e “foraggiare” l’esistenza dell’associazione e delle sue attività». Francesco Barbieri, dunque, si adopera per formare una squadra di professionisti esperti e imprenditori del settore per garantirsi l’aggiudicazione del bando di gara  avente ad oggetto un finanziamento pari a 12milioni di euro dal Ministero. «La natura di tale operazione – scrive il gip – apparentemente lecita dinamica di mercato, ma in realtà propedeutica alle dinamiche delittuose è attestata dalle modalità comunicative usate dal Barbieri con i suoi interlocutori». Barbieri, infatti, utilizza un linguaggio criptico e messaggi subliminali quando gli interlocutori si addentrano nel vivo della discussione o deviava la conversazioni dando appuntamenti in videochiamata, come rilevato con Pasquale Vazzana, al quale fa più volte presente che ne dovranno parlare in videochiamata tramite Skype, giustificandosi dicendo «(…) che non sa per telefono chi li ascolta» e palesando il timore del monitoraggio che, se si trattasse di affari leciti e non di operazioni occulte nel corso della procedura fallimentare, non avrebbe ragione di scongiurare. (g.curcio@corrierecal.it)

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