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L’OPERA

Il linguaggio del teatro per raccontare la ‘ndrangheta, a Roccella storie di lotta e resistenza – VIDEO

In scena lo spettacolo “Se dicessimo la verità”. «Un modo per costruire gli anticorpi con i ragazzi a questa “distrazione di massa”»

Pubblicato il: 20/04/2023 – 18:57
di Mariateresa Ripolo
Il linguaggio del teatro per raccontare la ‘ndrangheta, a Roccella storie di lotta e resistenza – VIDEO

ROCCELLA JONICA Il linguaggio del teatro per raccontare storie di resistenza e lotta alla criminalità organizzata. È andato in scena a Roccella Jonica lo spettacolo “Se dicessimo la verità – ultimo capitolo” approdato dopo 10 anni dalla sua creazione per la prima volta in Calabria con tre tappe: Catanzaro, Roccella e Polistena. Un lavoro realizzato grazie alla sinergia tra due progetti nazionali – Palcoscenico della Legalità e Ponti: cultura e teatro per la cittadinanza attiva – portati avanti nel territorio dall’Associazione CCO – Crisi Come Opportunità grazie al sostegno di Intesa Sanpaolo e Fondazione con il Sud, e articolato tra scuole, istituti penitenziari per minorenni e teatri.
Dopo il racconto di storie di donne e uomini che si sono opposti alla Camorra e a Cosa Nostra, l’associazione Cco ha deciso di proporre anche uno spaccato sulla ‘Ndrangheta, «Non potevamo non farlo considerando che l’organizzazione criminale calabrese si è imposta come la più potente e la più pericolosa», ha spiegato Giulia Minoli, che insieme a Emanuela Giordano è curatrice dello spettacolo. Nell’auditorium “Unità d’Italia” a Roccella Jonica quattro straordinari attori (Simone Tudda, Daria Daloia, Anna Manella e Francesca Osso) hanno saputo coinvolgere e far riflettere il pubblico formato prevalentemente da studenti. Il dibattito si è poi articolato con le testimonianze di Vincenzo Linarello, presidente di Goel gruppo cooperativo e Vincenzo Chindamo, fratello di Maria Chindamo.

La ‘ndrangheta, afferma ai nostri microfoni l’attore cosentino Simone Tudda, «è un cancro che mangia la nostra terra, compromette la libertà delle persone. Proprio sulla questione della libertà, raccontare ai giovani, che sono il futuro, storie vere di persone che si sono ribellate ai soprusi è una cosa fortissima perché facciamo da filtro per delle storie incredibili per passarle al meglio alle generazioni future. Sento il carico di una grande responsabilità ma lo faccio davvero con gioia. Siamo tutti davvero entusiasti di salire sul palco per portare delle storie vere così importanti».

«Le prime storie raccolte raccontano le infiltrazioni della ‘ndrangheta al Nord»

Da dieci anni l’opera-dibattito sulla legalità di Minoli e Giordano attraversa l’Italia. Un testo vivo, che si rinnova e si nutre delle tante vicende e persone che a ogni passaggio ne arricchiscono i contenuti e la drammaturgia. «Abbiamo studiato, raccolto tante storie, – ha spiegato ai nostri microfoni Giulia Minoli – siamo partiti dal Nord, dalle storie degli imprenditori che piegati dalla crisi si sono rivolti alla ‘ndrangheta. Poi abbiamo fatto un lavoro di raccolta delle storie che riguardano questa terra, la Calabria, ma sono tutte storie anche di speranza. Sono storie di persone che hanno fatto una scelta. Quella di Gaetano Saffioti è una storia a cui tengo molto, perché è stato il primo imprenditore a denunciare la ‘ndrangheta, quando ancora la parola “’ndrangheta” non si poteva neanche pronunciare. Abbiamo raccontato la storia di Deborah Cartisano, a cui la ‘ndrangheta ha ucciso il padre». Sulla ‘ndrangheta, è stato sottolineato nel corso del dibattito, per troppo tempo la narrazione è stata ferma, a differenza di quanto accaduto con Cosa nostra e Camorra. «Crediamo – ha spiegato ancora Minoli – che per costruire gli anticorpi con i ragazzi a questa “distrazione di massa” questo tipo di progetti culturali siano un contributo per la causa».

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