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Il boss di ‘ndrangheta in Lombardia scarcerato per curarsi

Accolte dopo mesi le richieste del legale di Gaetano Bandiera. Il lungo iter per garantire le cure mediche al 75enne già condannato in Infinito

Pubblicato il: 24/06/2023 – 13:23
Il boss di ‘ndrangheta in Lombardia scarcerato per curarsi

Gaetano Bandiera, 75 anni, storico boss della ‘Ndrangheta in Lombardia, che fu condannato ad oltre 13 anni dopo il famoso blitz “Infinito” del 2010 e che era finito di nuovo in carcere a fine novembre scorso assieme ad altre 46 persone, è stato scarcerato oggi con concessione dei domiciliari per curarsi. È stata accolta dal giudice, davanti al quale è in corso il processo con rito abbreviato, l’istanza dell’avvocato Amedeo Rizza. «Dopo l’ennesima richiesta – ha chiarito il legale – il parere dei medici del San Paolo, dove Bandiera è stato ricoverato, e un’ulteriore perizia medica, finalmente anche i giudici hanno preso atto delle gravi condizioni di salute del mio assistito». Nell’inchiesta della Dda e della Squadra mobile di Milano, che aveva portato ai 47 arresti, era stato accertato che la ‘ndrangheta stava provando a ricostituire una “locale” a Rho, nel Milanese, con arcaici metodi intimidatori, come “teste di maiale” lasciate fuori dalle porte, il “controllo del territorio” col “pizzo”, i traffici di cocaina e armi e con la più moderna “vocazione imprenditoriale”.
Dagli atti di quell’indagine, tra l’altro, era anche emerso che Bandiera sarebbe riuscito ad ottenere il differimento pena e ad uscire dal carcere in passato simulando «difficoltà motorie». Girava in sedia a rotelle, ma non ne aveva bisogno se non per indurre, scriveva il gip, «in errore la commissione medica».

Il caso di Gaetano Bandiera

Nelle scorse settimane il caso del boss incompatibile con il regime carcerario per questioni di salute era stato raccontato dal Fatto Quotidiano. Questa la sequenza dei fatti che ha portato, alla fine, alla scarcerazione. Il perito di parte Marco Scaglione, il 7 gennaio scrive: «La situazione clinica è tale da dover prevedere una sua ubicazione extra-muraria». Anche anche i periti del Tribunale di Milano confermano e scrivono che «Bandiera va collocato nello stadio più grave, quello in cui la fatica respiratoria non abbandona il paziente neanche durante il riposo». La conclusione dei periti del giudice, il 14 febbraio, è netta: «Un pronto ospedaliero è necessario e non rinviabile, per tutelare il diritto alla salute di Gaetano Bandiera». Il giorno dopo il giudice dispone il ricovero nel “repartino carcerario” dell’ospedale San Paolo, lo stesso dell’anarchico Alfredo Cospito. Bandiera, però, non vuole andarci. Il suo legale Amedeo Rizza spiega al Fatto che si rifiuta «sue pregresse esperienze», dice che là «non lo curavano». Tra soluzioni complicate da attuare e il no al ricovero forzato, il primo marzo Bandiera rifiuta il ricovero. La direzione di Opera manda al gip che risponde: «Si comunichi al detenuto che non rientra tra le competenze del giudice la scelta delle strutture sanitarie esterne, che rientra tra le prerogative del Dap». Lo stesso giorno Bandiera al giudice: «Rifiuto categoricamente di essere portato al San Paolo (…). Chiedo di essere portato in qualsiasi altro ospedale». E il giudice chiarisce: «Non rientra nelle mie competenze l’individuazione delle strutture ospedaliere trattandosi di “scelte” del Dap. Il provvedimento è per la sua salute».

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