COSENZA Non un semplice criminale, ma un “mediatore” capace di rasserenare le tante e irrequiete anime che riempiono l’universo criminale della mala cosentina. Dai racconti contenuti nei verbali resi dal neo collaboratore di giustizia Roberto Porcaro emerge un inedito lato “diplomatico” dell’ex reggente del clan degli “Italiani”. Capita che esponenti dei gruppi della Confederazione della ‘ndrangheta cosentina si rivolgano a lui per dirimere questioni interne o palesare malcontento e malumori per via di lotte e faide intestine. Insomma, oltre a commettere una serie di attività illecite, Porcaro avrebbe conquistato i gradi del capo anche grazie alla sua capacità di ascolto. Un uomo d’azione, capace di usare la testa quando i proiettili e il sangue diventano un ostacolo per gli affari. La rivalità tra alcuni dei più focosi membri dei clan viene spesso mediata dalle parole dell’ex delfino di Francesco Patitucci. Proprio in virtù dell’amicizia e del rapporto con il boss, Porcaro riesce a porsi come figura di riferimento tra le due fazioni: gli “Italiani” ed il gruppo degli “Zingari” legati alla figura di Maurizio Rango «con il quale pure avevo uno stretto legame di amicizia e frequentazione giornaliera delle nostre rispettive famiglie».
In pochi anni, Roberto Porcaro scala i vertici del crimine e conquista la fiducia del boss Francesco Patitucci (oggi ristretto al 41 bis) di cui diventa braccio destro e fedele alleato. «Nei primi mesi del 2013, nel carcere di Cosenza, in un periodo di comune detenzione con Francesco Patitucci, ho ricevuto da questi le doti della “santa” e del “vangelo” nella medesima occasione. Collaboravo già assiduamente con il suo gruppo nelle attività illecite di estorsioni, usura, droga, ed avevo già compiuto quella gambizzazione». Le affiliazioni del pentito proseguono. «Tra gennaio e febbraio del 2014, a casa di Mario Gatto nel quartiere “Villaggio Europa” di Rende, questi mi ha conferito, nella stessa occasione, le doti del “tre quartino” e del “quartino”. Per ciascuna di queste doti, la copiata era composta sempre da tre referenti criminali reggini che al momento non ricordo, ma comunque diversi per ciascuna copiata». Nel periodo di detenzione di Patitucci, è Porcaro a dirigere gli affari del clan. Il boss tornato libero «ha ripreso a venire a trovarmi a casa. In una di queste visite mi ha conferito la dote della “stella” alla presenza di Renalo Piromallo che in quell’occasione e negli stessi termini ha ricevuto anch’egli la stessa dote».
Dalle visite a casa alla comune detenzione. Nell’ottobre del 2016, Roberto Porcaro viene nuovamente arrestato in esecuzione dell’ordinanza cautelare emessa nei suoi confronti per l’omicidio di Luca Bruni. «Sono stato portato nel carcere di Cosenza e posto nella stessa sezione di alta sicurezza dove era ristretto già Francesco Patitucci che qualche mese prima era stato arrestato per la detenzione di una pistola e nel frattempo era stato destinatario della mia stessa ordinanza cautelare per l’omicidio Luca Bruni». È l’occasione per ricevere un’altra dote, quella della “crociata”. Il collaboratore di giustizia cosentino, poi si sofferma sull’evento omicidiario. «Voglio precisare, con riferimento al coinvolgimento mio e di Patitucci nell’omicidio Luca Bruni, che io ho effettivamente partecipato all’unica riunione a casa di Maurizio Rango nell’ottobre del 2011 nella quale il mio unico compito è stato quello di andare a fare le copie degli atti di intercettazione del processo “Telesis” (colloquio in carcere tra Michele e Luca Bruni) che sarebbero poi state poi passate ad Ettore Lanzino, e non ho proferito alcuna considerazione in merito alla decisione per uccidere Luca Bruni».
Alla riunione annunciata dal pentito, sarebbe seguito un altro incontro «definitivo» nel novembre del 2011 nei pressi dello stadio comunale “Lorenzon” ed al quale avrebbero preso parte «Ettore Lanzino (all’epoca latitante), Francesco Patitucci, Maurizio Rango e Franco Bruzzese». «La decisione è stata presa da tutti i presenti».
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