MILANO Per quasi tre mesi nel 2019 era stato sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari con l’accusa di aver favorito gli interessi di una cosca della ‘ndrangheta radicata nel Varesotto. Poi, in primo e secondo grado è stato assolto “per non aver commesso il fatto”, con sentenza diventata definitiva nel marzo 2022, e oggi per Giampaolo Laudani, di professione consulente del lavoro, la Corte d’Appello di Milano ha stabilito un risarcimento per “ingiusta detenzione” da quasi 12.500 euro. I giudici della quinta penale d’appello (Nova-De Magistris-Caramellino) hanno accolto l’istanza del difensore del professionista 43enne, l’avvocato Davide Steccanella. L’uomo era stato accusato, in un filone dell’inchiesta ‘Krimisa’ della Dda di Milano, di “concorso in estorsione pluriaggravata, anche dal fine di agevolare la ‘ndrangheta”. La sua “frequentazione con gli autori materiali della minaccia, De Castro Emanuele e Salvatore, è pacificamente riconducibile – scrivono i giudici – al rapporto professionale instaurato da costoro, nell’amministrazione di una società commerciale” con il professionista “nella veste professionale che gli è propria di consulente del lavoro”. Un rapporto, scrive la Corte, “non ambiguo o equivoco”, ma “trasparente”. E se la Procura generale chiedeva che venisse respinta la richiesta per la ingiusta detenzione, i giudici fanno notare, tra l’altro, che Laudani “ha da subito risposto a ogni domanda” dei magistrati, senza alcuna “reticenza” nell’inchiesta. (ANSA)
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