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‘Ndrangheta, lo schiaffo in carcere vendicato con il sangue: l’omicidio Cazzato e la “guerra” a Crotone

Una storia iniziata a Ferragosto del 1990 consumatasi con l’agguato a Vatalaro. In mezzo la faida per il controllo della provincia pitagorica

Pubblicato il: 07/10/2023 – 9:56
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta, lo schiaffo in carcere vendicato con il sangue: l’omicidio Cazzato e la “guerra” a Crotone

CATANZARO Sono serviti poco più di 32 anni agli inquirenti per chiudere definitivamente il cerchio e una pagina di ‘ndrangheta calabrese quasi dimenticata. In mezzo ci sono due omicidi, processi passati in giudicato e una faida in un territorio importante per le dinamiche della criminalità organizzata. Perché l’arresto di Mario Esposito, considerato dalla Dda di Catanzaro e degli uomini della Dia il responsabile dell’omicidio di Giovanni Vatalaro, avvenuto a febbraio del 1991, potrebbe essere il capitolo finale di una storia di sangue e di vendette incrociate. L’omicidio di Vatalaro, infatti, è legato a doppio filo con un altro importante omicidio, quello di Vittorio Cazzato, uomo ritenuto affiliato al clan dei Vrenna-Ciampà-Corigliano-Bonaventura di Crotone.

L’omicidio di Ferragosto

Vittorio Cazzato, classe 1971, figlio di Egidio Cazzato (cl. ’45) fu assassinato in un agguato avvenuto a Ferragosto del 1990 a Crotone. La ricostruzione dell’episodio criminoso in un primo momento aveva fatto suppore agli inquirenti che potesse inserirsi «nel piano predisposto dal gruppo Covelli-Gumara-Megna per creare scompiglio e panico nella città di Crotone e favorire la loro ascesa ai danni delle famiglie maliose che fino ad allora avevano dominato la scena crotonese». Con una prima ordinanza risalente al 3 giugno del 1993, dunque, furono arresati Alessandro Covelli, Leonardo Covelli, Franco Gumari e Luigi Falvo. Nell’ordinanza erano inseriti anche i nomi di Giovanni Vatalaro e Vincenzo Gumari, nel frattempo deceduti. In particolare, erano Alessandro Covelli e Domenico Megna quelli considerati i mandanti insieme a Gumari.

La prima indagine nel 1993

Dalle prime risultanze investigative, infatti, era emerso che lo spunto per l’omicidio di Cazzato era «offerto dalla sua posizione di debolezza» perché «senza più la protezione del genitore, detenuto in Bologna, rappresentava da una parte il bersaglio ideale perché la sua morte rendesse possibile qualunque congettura e creasse diffidenza tra i gruppi dominanti e dall’altra eliminasse un teste scomodo, che era a conoscenza di un passaggio essenziale del piano criminoso». Secondo la ricostruzione dell’epoca, Cazzato era stato ucciso dallo stesso Vatalaro e Antonio Romano su ordine di Alessandro Covelli e Vincenzo Gumari, con l’assenso di Domenico Megna. «Cazzato – era scritto nell’ordinanza – era stato prelevato da Luigi Falvo, portato in località Trafinello, su un terreno di proprietà di Gumari dove era stato ucciso da Franco Gumari, Leonardo Covelli, Giovanni Vatalaro, che aveva materialmente sparato, e da qui, trasportato nella località, dove poi fu rinvenuto».

I nuovi indizi e le condanne definitive

Saranno le nuove risultanze investigative a riscrivere la storia: poco più di un anno dopo, con una nuova ordinanza, la Procura della Repubblica di Crotone chiede l’archiviazione delle posizioni di Luigi Falvo, Domenico Megna e di Leonardo Covelli in quanto «l’omicidio di Vittorio Cazzato» trovava il suo movente «nel forte attrito creatosi nel carcere dì Bologna tra Egidio Cazzato e Vincenzo Gumari» e nella mancata soluzione del problema affidato in un primo momento «alla mediazione di Alessandro Covelli e del gruppo Vrenna». Il successivo processo si è chiuso con la sentenza della Corte d’Assise di Catanzaro e la condanna di Alessandro Covelli a 14 anni di carcere, 25 per Gumari. Sentenza divenuta irrevocabile a gennaio del 1997. Nel frattempo Covelli, con alle spalle precedenti per droga, omicidio, rapina, ricettazione, è stato anche un collaboratore di giustizia e proprio dalla sezione “collaboratori” del carcere di Voghera era evaso il 12 dicembre del 2016 insieme ad un altro detenuto calabrese, Tommaso Biamonte. I due furono poi arrestati 26 giorni dopo, il 6 gennaio 2017 del 2018.

Lo schiaffo in carcere e le parole di Bonaventura

A parlare del presunto attrito in carcere tra Egidio Cazzato e Vincenzo Gumari è stato il collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura. E lo ha fatto nel corso di un interrogatorio risalente al 23 aprile del 2007. In quella occasione, Bonaventura spiega che l’omicidio di Vittorio Cazzato sarebbe scaturito da una lite avvenuta in carcere tra il padre, Egidio, ed Enzo Gumari, omicidio poi portato a termine da Gianni Vatalaro in compagnia di Franco Gumari. Secondo Bonaventura inoltre lo stesso Vatalaro fu poi ucciso dagli isolitani per vendetta, anche in ragione del fatto che Mario Esposito era cognato di Egidio Cazzato, a sua volta indicato come mandante proprio per vendicare il proprio figlio Vittorio. «La morte di Vittorio Cazzato scaturì per due schiaffi che Egidio Cazzato dette a Franco “Amsterdam”, se non vado errato nel carcere di Bologna. Allora da lì partì l’ordine di uccidere il figlio. L’esecuzione del figlio venne messa a punto da Gianni Vatalaro e da Franco Gumari, Franco «Amsterdam». Quello a sparare fu Gianni Vatalaro. Si dice che a portare Vittorio sul punto dell’appuntamento fu Luigi Falvo, Luigi Falvo il «Malandrino», però su questo io non ho certezze da poterlo confermare (…) l’omicidio Vatalaro venne effettuato da Mario Esposito, Franco Papaleo e Giuseppe lannone. Venne fermato nei pressi della palazzina Scintili, dopo le fontanelle, dove c’è la barca. Venne fermato a posto di blocco, come se fosse una macchina civetta della polizia. Venne fermato, da lì…» «Egidio Cazzato non ha partecipato materialmente ma è stato un mandante sicuro (…) in quel periodo là stiamo parlando di un periodo di guerra, dove Egidio Cazzato, insieme al resto della famiglia, era in guerra con un frangente di persone. Fra questo frangente di persone c’erano Giuseppe Sorrentino, Franco Gumari, Enzo Gumari e Gianni Vatalaro». (g.curcio@corrierecal.it)

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