ROMA Olio extravergine sempre più caro sugli scaffali dei supermercati? Probabilmente sì, almeno nei prossimi mesi. La non sufficiente produzione italiana, il crollo di quella spagnola e l’aumento dei costi di produzione, faranno sì che l’olio di oliva extravergine 100% made in Italy non si possa trovare a scaffale a meno di 11,5-12 euro per una confezione da 0,75 litri. A spiegarlo in una intervista ad Askanews è Paolo Mariani, presidente di Assofrantoi-Confagricoltura. Questi prezzi, decisamente più alti della media degli anni passati, potrebbero però «indurre il consumatore a consumare di meno – spiega Mariani – quindi potremmo avere una ulteriore contrazione dei consumi. D’altra parte, già da alcuni anni si sta verificando una riduzione dei consumi di olio extravergine, visto che siamo passati da 15 litri a persona all’anno a 12 litri». Un problema non solo per il settore, che potrebbe andare incontro a maggiori giacenze, ma anche da un punto di vista salutistico: «quali sono i prodotti che andranno a sostituire l’olio extravergine?», si chiede il presidente di Assofrantoi, ricordando che già da tempo è «iniziata la speculazione sugli oli di semi, a partire da quello di girasole». Assofrantoi è una delle 3 associazioni di frantoiani riconosciute con decreti del ministero dell’Agricoltura, nata nel 2012. Assofrantoi ha sedi nelle principali regioni olivicole (Toscana, Lazio, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia) e tra gli iscritti ci sono quasi 380 frantoi, pari all’8% dei frantoi italiani sul totale dei circa 5000 esistenti. Molti dei quali, però, sono così piccoli da non essere aderenti ad alcuna associazione. E, in Italia, solo uno è il frantoio classificato come industriale. E si trova in Puglia, la regione olivicola per eccellenza. «Gli altri sono classificati come frantoi artigianali e agricoli, che lavorano in media da 5.000 a 25.000 quintali di olive. Come già accade con le aziende agricole, la cui dimensione media in Italia è di 1,3 ettari, anche i frantoi sono tanti e di dimensioni estremamente contenute». Una frammentazione che non aiuta il settore. Ad esempio, spiega Mariani, in «Spagna tutta la produzione nazionale di olio viene trasformata da 1200 frantoi, mentre in Italia c’è un frazionamento delle aziende agricole che pesa sui costi», anche perché i costi di molitura nei frantoi medio-piccoli sono alti. Nel dettaglio, «i prezzi della molitura, per la campagna 2023-24, saranno di 1,20-2 euro a quintale e, insieme ai 4,5-5 euro di costi di produzione, a quelli per imbottigliamento, packaging, trasporti e agli utili della Gdo (che pesa per il 30%), contribuiranno ad arrivare a un prezzo a scaffale pari a circa 12 euro per un olio evo 100% italiano». «Il settore olivicolo in Italia ha bisogno di un piano olivicolo nazionale, di progetti di filiera, di promozione e di contratti di rete», dice Mariani, sottolineando che «gli agricoltori piccoli e medi in qualche modo devono essere messi insieme». Secondo Assofrantoi servono «filiere organizzate che distribuiscano la redditività all’interno della filiera tra agricoltori, trasformatori e imbottigliatori. Serve poi molta promozione e anche la capacità di comunicare la storia dell’olio extravergine italiano». Il tanto desiderato, citato e mai realizzato piano olivicolo è sempre il convitato di pietra: «in Spagna hanno iniziato nel 1970 con i piani olivicoli – conclude Mariani – e noi parliamo ancora oggi della necessità di realizzare un primo piano olivicolo». La produzione di olio di oliva italiano è stimata per il 2023-24 a 290mila tonnellate, +20% sul 2022 e al di sotto delle medie storiche. Un quantitativo che non copre il fabbisogno italiano tra export e consumi interni, che ammonta a circa 600mila tonnellate annue. (Askanews)
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